LE BUCOLICHE

LE BUCOLICHE

LE BUCOLICHE


VIRGILIO


Le BUCOLICHE sono la prima opera virgiliana. Furono scritte da tra il 42 e il 39 a.C. e sono dieci ecloghe in esametri ed in forma di dialoghi, monologhi o canti. La prima ecloga fa da proemio, mentre l’ultima ecloga costituisce la conclusio. In quest’opera, il poeta ci espone il suo ideale di vita, semplice e agreste, il suo desiderio di pace e di ozio, in un periodo in cui le guerre civili dilaniavano Roma e l’intera Italia. Virgilio riesce a creare un mondo poetico d’evasione, un sogno idillico, utilizzando come modello di riferimento il poeta greco e alessandrino Teocrito, inventore della poesia bucolica. Virgilio, pur essendosi ispirato molto all’opera di Teocrito, riesce a creare un’opera abbastanza originale e con caratteri tutti suoi. Convergono infatti varie differenze tra l’opera virgiliana e quella teocritea*.
Le bucoliche sono la storia di alcuni pastori, che trascorrono la propria vita nell’Arcadia, un paesaggio idilliaco in cui potessero dedicarsi alla pastorizia o all’agricoltura.
Nelle dieci ecloghe, Virgilio esprime talvolta i propri sentimenti ed i propri pensieri attraverso i vari personaggi a cui dà la parola.
Nell’ecloga I, infatti, il dialogo avviene tra Melibeo e Titiro ed è in quest’ultimo che il poeta si immedesima.
In quel periodo di espropriazione delle terre, Titiro esprime la sua gioia in quanto le sue terre sono state condonate:

O Meliboee, deus nobis haec otia fecit.
Namque erit ille mihi semper deus; illius aram
saepe tener nostris ab ovilibus imbuet agnus.
Ille meas errare boves, ut cernis, et ipsum
ludere quae vellem calamo permisit agresti.

mentre Melibeo si lamenta dell’espropriazione della propria terra:

Non equidem invideo, miror magis: undique totis
usque adeo turbatur agris. En ipse capellas
protinus aeger ago; hanc etiam vix, Tityre, duco.
Hic inter densas corylos modo namque gemellos,
spem gregis, ah, silice in nuda conixa reliquit.
Saepe malum hoc nobis, si mens non laeva fuisset,
de caelo tactas memini praedicere quercus.
Sed tamen iste deus qui sit da, Tityre, nobis.

E’ proprio quest’utimo a farci capire quanto abbiano sofferto le persone di quel tempo a lasciare le proprie terre e cercarne delle nuove altrove, in un periodo turbolento, segnato dalle guerre civili.
Soltanto nell’ecloga X è Virgilio in prima persona a parlare: egli conforta il suo amico poeta Gallo, che vive una triste storia d’amore.
L’ecloga VI è l’unica a non presentare le caratteristiche pastorali e bucoliche delle altre ecloghe. Qui, un satiro, Sileno, canta le origini e la formazione del mondo e, nel farlo, inserisce delle scene mitologiche.
La più interessante e particolare è però l’ecloga IV, in cui Virgilio annuncia l’incombente ritorno dell’età dell’oro grazie alla nascita di un “puer”. Virgilio introduce di conseguenza l’elemento mitologico, poiché l’età dell’oro in realtà è un’età mitologica. Non svelando l’identità del puer, il poeta attribuisce all’ecloga un carattere misterioso ed alcuni hanno creduto che si trattasse di una profezia dell’avvento di Cristo. Molto probabilmente si trattava invece del figlio di Asinio Pollione, o anche del figlio di Marco Antonio e Ottavia, o addirittura il figlio di Antonio e Cleopatra. Sono state fatte anche altre interpretazioni, ma la più interessante è quella di Norden, secondo cui il puer in realtà non sarebbe un bambino, ma la personificazione del Tempo che, una volta terminato il ciclo, ne comincia uno nuovo, sin dall’età dell’Oro. Quest’ecloga raggiunge un tono solenne e superiore rispetto a quello utilizzato in tutte le altre.

Elementi fondamentali delle Bucoliche:
• il paesaggio idilliaco, che determina la nascita di una nuova corrente (si è già detto che però il fondatore di questo genere letterario fu Teocrito);
• i pastori, che fanno parte di un paesaggio umanizzato, che dunque rispecchia gli stati d’animo dei vari personaggi. Infatti, all’inizio dell’opera c’è il crepuscolo, perché i pastori trascorrono un momento di riflessione;
• il pessimismo virgiliano, non drammatico e patetico, ma raddolcito dal fatto che ci si trova nell’ambiente idillico dell’Arcadia. Il pessimismo virgiliano possiede quindi un tono pacifico e colloquiale;
l’allegoria e il simbolismo, attraverso cui i pastori in realtà rappresentano gli uomini che vissero ai tempi di Virgilio;
• il tema sociale, che emerge nella celebrazione della figura augustea e quando si parla dell’espropriazione o del condono delle terre;
le caratteristiche sfumate e non realistiche dei personaggi, alla cui psicologia però Virgilio fa molta attenzione, poiché essi spesso rispecchiano il pensiero dell’autore.

Le Bucoliche di Virgilio, rispetto all’opera di Teocrito ma anche al modello di Catullo, sono molto ampie ed approfondite. Il poeta non si limita a parlare dell’amore, ma si apre a temi ben lontani da quello amoroso, come quello civile e quello sociale.