L’ASSIUOLO

L’ASSIUOLO

DI GIOVANNI PASCOLI

ANALISI E PARAFRASI


L’assiuolo è un rapace notturno (in Toscana detto popolarmente “chiù” per il verso che emette) spesso presente nella poesia di Pascoli e generalmente sentito – come d’altra parte nella tradizione popolare – quale simbolo di tristezza e di morte. Il suo verso inquietante scandisce la lirica e via via si carica di valenze simboliche: dall’iniziale «voce dai campi» (v. 7) diventa «singulto» (v. 15) e infine «pianto di morte» (v. 23). Come primo avvio alla lettura di questa lirica tramata di sottili rapporti ci sembrano pertinenti queste osservazioni di E. Gioanola e I. Li Vigni: «Siamo alle soglie dell’alba un’alba di luna – e il lugubre grido dell’assiuolo, annunciatore di morte nella credenza popolare, agisce probabilmente nella semincoscienza del dormiveglia e suscita una serie di immagini inquietanti, tutte più o meno riferibili alla realtà, ma travolte nella loro essenza e nel loro ordinamento sintattico da un forte vento d’angoscia. E naturalmente i versi, che nascono su un materiale così poco coordinato come quello onirico, svolgono un discorso per elementi staccati; non logicamente dipendente, secondo una sintassi franta, a blocchi giustapposti. L’origine dello stile pascoliano è proprio qui».

La lirica fu inclusa nella quarta edizione di Myricae (1903).

Ad integrazione di quanto si è detto nella presentazione, per aiutare a cogliere meglio la cifra di questa lirica- il trasformarsi del dato naturale in dato simbolico -, aggiungiamo alcune osservazioni, derivate e opportunamente mediate da un famoso saggio di Gianfranco Contini. Il quale rileva che alla base della poesia del Pascoli c’è una dialettica fra determinato e indeterminato, fra precisione e imprecisione, fra oggetti «determinatissimi e computabili» e «sfondo effuso» sul quale essi si situano. Dato, questo, che risulta con particolare evidenza in liriche come Nebbia, Gelsomino notturno, L’assiuolo.
«E che il fondo generale sia effuso e diffusivo, alta imprecisione qui condizionata da un’alta precisione, è questo un dato che ricollega Pascoli al maggior laboratorio simbolistico: diciamo, a Mallarmé e alla sua condanna del “sens trop précis” (“significato troppo preciso”), oppure al programma verlainiano (“De la musique avant toute chose”, “De la musique encore et toujours”) (“La musica prima di tutto”; “Musica ancora e sempre”)» (Contini).

Per creare questa indeterminatezza e questa imprecisione il poeta ricorre a vari sintagmi, riconducibili più o meno al paradigma «nero di nubi» (v. 6). E a questo proposito il Contini scrive:

Non da «nubi nere», ma «da un nero di nubi»: è cioè estratta la qualità, e i sostantivi servono soltanto a determinare, come se fossero essi gli epiteti, la qualità fondamentale. Questo procedimento non è evidentemente invenzione di Pascoli, benché sia stato elaborato non molti decenni prima di lui, nella cultura francese, e più precisamente, secondo la constatazione d’uno specialista tedesco, dai fratelli de Goncourt. È questo uno fra gli istituti tipici di quello che gli studiosi di stylistique, e in particolare uno dei fondatori della scuola ginevrina, Charles Bally, definiscono impressionismo linguistico.

 Queste osservazioni chiariscono a sufficienza la sapienza tecnica e la raffinata preziosità della migliore poesia pascoliana. Ma si presti attenzione anche al gioco dei parallelismi (vv. 11, 12, 13) e delle allitterazioni (vv. 12, 13, 15, 19), all’utilizzazione del linguaggio pre-grammaticale (chiù) in funzione fonosimbolica.


PASCOLI L’ASSIUOLO ANALISI DEL TESTO

La poesia esteriormente è la descrizione di un notturno lunare. Tutte e tre le strofe si strutturano secondo un analogo schema : La prima quartina propone immagini quiete e serene; nella seconda si delineano immagini più inquietanti  di dolore e morte, che si materializzano nel verso lugubre dell’assiuolo.

Prima strofa.  Sta per sorgere la luna : il cielo è invaso da un chiarore perlaceo ; la natura è protesa nell’aspettazione della comparsa dell’astro, infatti il mandorlo e il melo si ergono per meglio vederlo (antropomorfizzazione della natura).

Nella seconda parte della strofa si delinea un’immagine inquietante, di vaga minaccia: il “nero” delle nubi, che si profilano in una lontananza remota e indeterminata (“laggiù”) si contrappone al biancore dell’alba lunare (“un’alba di perla”) ed ancora più inquietanti sono i silenziosi lampi che da esse scaturiscono (“soffi di lampi”)

Il negativo si precisa poi nella ” voce” dell’assiuolo che viene da uno spazio indefinito della notte

Seconda strofa.  All’inizio si presentano immagini quiete e serene :le stelle che rilucono nel chiarore lattiginoso(“nebbia di latte” si ricollega alla nota di bianco di “alba di perla”), il rumore del mare che si associa a immagini consolanti e materne (“cullare”). Ma un  fruscio indistinto tra le fratte fa sussultare il cuore del poeta,il quale  sente rinascere un dolore che sembrava placato. Nell’io del poeta risuona un grido che è ripreso dal suono dell’assiuolo: da “voce” indeterminata il verso dell’assiuolo diventa “singulto”

Terza strofa. All’inizio, in simmetria con le strofe precedenti, c’è l’immagine della luce lunare che qui colpisce le cime degli alberi, ma subito si inseriscono notazioni  più negative: il “sospiro” del vento che trema, il suono finissimo delle cavallette. Questa  impressione fonica  reca un messaggio di dolore: le “invisibili porte”sono quelle della morte. I sistri, infatti, erano strumenti sacri alla dea Iside e il suo culto misterico prometteva la resurrezione dopo la morte.

Per il poeta, però, le porte della morte non si aprono più, la morte non permette il ritorno dei cari scomparsi. A conferma del valore simbolico dei “sistri” e delle “invisibili porte”, in chiusura della strofa e della poesia il verso dell’assiuolo si concreta in un “pianto di morte”


Gli aspetti formali

Le espressioni analogiche-La sintassi segue un discorso logico, ma ci sono anche strutture analogiche, in cui il poeta cancella tutti i passaggi logici  intermedi. Ad esempio: il suono delle cavallette.

( Il discorso logico svolto per intero dovrebbe essere: il verso delle cavallette ricorda lo scuotere dei sistri; ma il passaggio intermedio è annullato e le cavallette direttamente scuotono i sistri d’argento).

Nel linguaggio poetico del Novecento, invece, la sintassi sarà distrutta (Ungaretti).

Fonosimbolismo ( o simbolismo fonico) –In “finissimi sistri” l’insistenza sulle vocali dal suono sottile (le i sono sei in due parole) e sulle sibilanti s rende l’impressione del suono che emettono le cavallette così come “tintinni” ed “invisibili” ( otto i in due parole). Questi suoni hanno un significato simbolico di morte, come avevamo visto.

Inoltre  le strofe terminano con la parola chiù suono onomatopeico che fa riaffiorare nella memoria del poeta il pensiero della sua tragedia personale.

Ci troviamo di fronte al fonosimbolismo pascoliano, cioè a suoni che hanno un significato simbolico.

Determinato/ indeterminato – Il critico Contini ha visto in questa poesia la dialettica del “determinato/ indeterminato”: porre oggetti ben definiti su uno sfondo sfumato, indeterminato.

In questa lirica l’indeterminato è sia all’inizio (“Dov’era la luna?”) che alla fine. Il poeta , infatti, non risponde alla domanda iniziale e conclude con “c’era quel pianto di morte…”, che è indeterminato. La lirica non ha un punto finale.

Così il “mandorlo” e il “melo”(v.3) si stagliano su un fondale sfumato (“alba di perla” al v.2); le “stelle” indicano oggetti ben precisi, determinati, collocati in mezzo a una “nebbia di latte”.


PARAFRASI

Mi domando dove fosse la luna, visto che il cielo aveva un colore chiaro e il mandorlo e il melo sembravano sollevarsi per vederla meglio.

Da nuvole nere in lontananza venivano dei lampi mentre una voce nei campi ripeteva: chiù.

Solo poche stelle brillavano nella nebbia bianca.

Sentivo il rumore delle onde del mare, sentivo un rumore tra i cespugli, sentivo un’agitazione nel cuore al ricordo di una voce che evocava un dolore antico. Si sentiva un singhiozzo lontano: chiù.

Sulle vette dei monti illuminate dalla luna, soffia un vento leggero mentre il canto delle cavallette sembra il suono dei sistri funebri che bussano alle porte della morte che forse non si aprono più?…

e continua insistentemente un pianto funebre …