cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’apri si chiuse, nella notte nera.
Parafrasi:
Sia il cielo sia la terra (al manifestarsi del lampo) si mostrarono per come erano: la terra (appariva) affannata, grigia, in sussulto; il cielo (appariva) coperto, cupo, sconvolto: nella silenziosa agitazione apparve una casa bianchissima e scomparve improvvisamente; come un occhio, che, atterrito, si aprì e si chiuse nella notte buia.
Analisi:
In questa poesia la natura, con la sua impetuosità, sconvolge anche se stessa: le calamità naturali che di solito stravolgono l’operato dell’uomo, in questo caso colpiscono terra e cielo.
Questi elementi, infatti, personificati nel testo, sono ugualmente coinvolti nello scompiglio del temporale e provano quasi sentimenti umani (“ansante”, “in sussulto”, “disfatto”). Il lampo per un istante ci consente di osservare questo scenario.
L’apparizione della casa è paragonata a quella di un occhio che si apre sollevando all’improvviso le palpebre. Si tratta di un’immagine fortemente impressionistica che risulta quasi fantastica come se la natura diventasse uno scenario sovrannaturale e inquietante.
Da notare che “apparì/sparì” e “si aprì/si chiuse” sono concetti che si susseguono velocemente; proprio per evidenziare questa immediatezza dei tempi non sono adoperate congiunzioni o segni d’interpunzione.
Genere: ballata di endecasillabi.
Schema delle rime: ABC BCCA.
Figure retoriche:
-
-
- “Terra ansante” (riga 2) – personificazione
- “Cielo tragico” (riga 3) – personificazione
- “Bianca bianca… sparì” (riga 4 e 5) – iperbato
- “Tacito tumulto” (riga 4) – ossimoro
- “Apparì sparì” (riga 5) – contrapposizione, antitesi
- “Come un occhio” (riga 6) – similitudine
-
Ai versi 2 e 3 c’è un parallelismo composto da un sostantivo seguito da tre aggettivi.
Notizie sull’autore:
Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna. Dopo una serie di lutti familiari tra cui quello del padre, assassinato nel 1867 durante il viaggio di ritorno verso casa in calesse, a cui dedica “La cavallina storna”, quello della madre, della sorella maggiore e dei due fratelli, incentra il suo lavoro nella stesura di raccolte di poesie e poemetti. Le sue opere principali furono: “Myricae” del 1892 prima raccolta poetica, più volte ampliata; “Canti di Castelvecchio” del 1903; “Poemi conviviali” del 1904.
Muore nel 1912 a Castelvecchio di Barga.