Ettore ĆØ morto e il corpo, restituito al padre, ĆØ pronto per essere esposto in casa. Tra i canti di coloro che intonano il compianto funebre e i pianti delle donne, che, con i capelli sciolti, si colpiscono il petto in segno di sofferenza (nel mondo greco alcune venivano appositamente pagate ed erano chiamate prefiche), si levano i lamenti di Andromaca, la moglie,Ā Ecuba, la madre, ed Elena, la cognata.
IL LAMENTO DI ANDROMACA
Il primo lamento ĆØ quello della moglie di Ettore, Andromaca, preoccupata per sĆ©, per il figlio, per lāintera cittĆ , abbandonata dal piĆ¹ forte dei suoi eroi.
E fra di loro Andromaca diede inizio al lamento,
di Ettore, uccisore di eroi, cingendo la testa:
āO sposo, giovane lasci la vita e me vedova
abbandoni nella casa: ancora ĆØ piccolo il bambino
che generammo tu ed io, infelici, e non credo
che giungerĆ a giovinezza: prima, infatti, questa cittĆ perirĆ
completamente, perchƩ tu, suo difensore, sei morto, tu che la
proteggevi e custodivi le spose fedeli e i figli in fasce.
Esse presto se ne andranno sulle navi ricurve
e io con loro: tu, figlio, tu lĆ mi
seguirai dove disonorevoli fatiche dovrai sopportare,
soffrendo sotto un padrone senza cuore; oppure uno degli achei
ti getterĆ , sollevandoti, giĆ¹ dalle mura ā atroce morte ā
adirato perchƩ forse Ettore gli uccise il fratello
o il padre o un figlio, giacchƩ moltissimi achei
per mano di Ettore morsero lāampia terra.
Non era dolce, infatti, tuo padre nella strage paurosa:
perciĆ² il popolo lo piange per la cittĆ ;
o Ettore, esecrabile pianto e dolore ai genitori
hai lasciato; ma a me soprattutto hai consegnato amare sofferenze.
Infatti, non mi hai teso le mani dal letto, mentre morivi,
nƩ mi hai rivolto saggia parola, che sempre
ricordare potessi, notte e giorno, tra le lacrimeā.
(Iliade, XXIV, vv. 723-745)
IL LAMENTO DI ECUBA
Il secondo lamento per la morte di Ettore ĆØ quello della madre Ecuba, che ricorda lāamore particolare provato per questo figlio e ringrazia gli dei per avergli risparmiato lo scempio del corpo. Pur essendo stato piĆ¹ volte trascinato da Achille nella polvere attorno alla tomba di Patroclo (la scena si ripete per dodici giorni), infatti, il cadavere dellāeroe troiano appare ancora intatto.
Disse cosƬ, piangendo, mentre intorno le donne gemevano.
E tra loro anche Ecuba iniziĆ² sonoro lamento:
āEttore, nel mio cuore il piĆ¹ amato fra tutti i figli,
anche da vivo tu eri caro agli dei,
perciĆ² quelli di te si son presi cura ancora, nel destino di morte.
Altri miei figli Achille, piede rapido,
vendette, come li prese, di lĆ dal mare agitato,
a Samo, a Imbro, a Lemno fumante.
Ma te, quando ti tolse la vita col bronzo tagliente,
tante volte trascinĆ² intorno alla tomba del suo amico
Patroclo, che tu gli hai ucciso: nĆ© cosƬ lāha riportato in vita.
Eppure eccoti ancora fresco e tenero a giacere
qui nella sala, simile a quello che Apollo, arco dāargento,
con le sue dolci frecce abbia ucciso avvicinandosiā.
IL LAMENTO DI ELENA
Terzo e ultimo lamento ĆØ quello di Elena, che ricorda la bontĆ del cognato, unico insieme al suocero a non biasimarla e a trattarla come una di famiglia.
CosƬ parlava (Ecuba) gemendo e pianto infinito suscitĆ²;
tra quelle, allora, Elena per terza iniziĆ² infinito lamento:
āEttore, tra tutti i cognati il piĆ¹ caro al mio cuore,
il mio sposo ĆØ Alessandro simile agli dei,
che mi ha portato a Troia; fossi perĆ² morta prima!
Questo, infatti, ĆØ giĆ il ventesimo anno
da che da lĆ partii e lasciai la mia patria,
e mai ho udito da te parola dāingiuria o disprezzo;
anzi, se un altro in casa mi rimproverava,
tra i cognati o le cognate o le spose dai bei pepli,
o la suocera ā il suocero invece come un padre sempre fu buono ā
tu, persuadendoli a parole, li trattenevi
con la tua gentilezza e i tuoi dolci discorsi.
CosƬ piango te e me insieme, sciagurata, afflitta in cuore:
nellāampia Troia piĆ¹ nessun altro verso di me
ĆØ buono, nĆ© mi ĆØ amico; tutti mi hanno in odioā.
(Iliade, XXIV, vv. 760-775)
Nei nove giorni successivi, i Troiani accatastano la legna per il rogo funebre, cui poi, nel decimo giorno, danno fuoco. Le fiamme vengono poi spente col vino e le ossa di Ettore sono poste in unāurna dāoro, avvolta in stoffe pregiate. Interrata questa, viene innalzato un tumulo con le pietre. CosƬ si conclude il poema.
Nellāimmagine, il compianto funebre per Ettore scolpito su un sarcofago romano della fine del II d.C.