LAMENTI FUNEBRI PER LA MORTE DIĀ ETTORE

LAMENTI FUNEBRI PER LA MORTE DIĀ ETTORE

FONTE:https://vociantiche.wordpress.com/


 

Ettore ĆØ morto e il corpo, restituito al padre, ĆØ pronto per essere esposto in casa. Tra i canti di coloro che intonano il compianto funebre e i pianti delle donne, che, con i capelli sciolti, si colpiscono il petto in segno di sofferenza (nel mondo greco alcune venivano appositamente pagate ed erano chiamate prefiche), si levano i lamenti di Andromaca, la moglie,Ā Ecuba, la madre, ed Elena, la cognata.


IL LAMENTO DI ANDROMACA

Il primo lamento ĆØ quello della moglie di Ettore, Andromaca, preoccupata per sĆ©, per il figlio, per lā€™intera cittĆ , abbandonata dal piĆ¹ forte dei suoi eroi.

E fra di loro Andromaca diede inizio al lamento,

di Ettore, uccisore di eroi, cingendo la testa:
ā€œO sposo, giovane lasci la vita e me vedova
abbandoni nella casa: ancora ĆØ piccolo il bambino
che generammo tu ed io, infelici, e non credo
che giungerĆ  a giovinezza: prima, infatti, questa cittĆ  perirĆ 
completamente, perchƩ tu, suo difensore, sei morto, tu che la
proteggevi e custodivi le spose fedeli e i figli in fasce.
Esse presto se ne andranno sulle navi ricurve
e io con loro: tu, figlio, tu lĆ  mi
seguirai dove disonorevoli fatiche dovrai sopportare,
soffrendo sotto un padrone senza cuore; oppure uno degli achei
ti getterĆ , sollevandoti, giĆ¹ dalle mura ā€“ atroce morte ā€“
adirato perchƩ forse Ettore gli uccise il fratello
o il padre o un figlio, giacchƩ moltissimi achei
per mano di Ettore morsero lā€™ampia terra.
Non era dolce, infatti, tuo padre nella strage paurosa:
perciĆ² il popolo lo piange per la cittĆ ;
o Ettore, esecrabile pianto e dolore ai genitori
hai lasciato; ma a me soprattutto hai consegnato amare sofferenze.
Infatti, non mi hai teso le mani dal letto, mentre morivi,
nƩ mi hai rivolto saggia parola, che sempre

ricordare potessi, notte e giorno, tra le lacrimeā€.

(Iliade, XXIV, vv. 723-745)


IL LAMENTO DI ECUBA

Il secondo lamento per la morte di Ettore ĆØ quello della madre Ecuba, che ricorda lā€™amore particolare provato per questo figlio e ringrazia gli dei per avergli risparmiato lo scempio del corpo. Pur essendo stato piĆ¹ volte trascinato da Achille nella polvere attorno alla tomba di Patroclo (la scena si ripete per dodici giorni), infatti, il cadavere dellā€™eroe troiano appare ancora intatto.

Disse cosƬ, piangendo, mentre intorno le donne gemevano.

E tra loro anche Ecuba iniziĆ² sonoro lamento:
ā€œEttore, nel mio cuore il piĆ¹ amato fra tutti i figli,
anche da vivo tu eri caro agli dei,
perciĆ² quelli di te si son presi cura ancora, nel destino di morte.
Altri miei figli Achille, piede rapido,
vendette, come li prese, di lĆ  dal mare agitato,
a Samo, a Imbro, a Lemno fumante.
Ma te, quando ti tolse la vita col bronzo tagliente,
tante volte trascinĆ² intorno alla tomba del suo amico
Patroclo, che tu gli hai ucciso: nĆ© cosƬ lā€™ha riportato in vita.
Eppure eccoti ancora fresco e tenero a giacere
qui nella sala, simile a quello che Apollo, arco dā€™argento,
con le sue dolci frecce abbia ucciso avvicinandosiā€.


IL LAMENTO DI ELENA

Terzo e ultimo lamento ĆØ quello di Elena, che ricorda la bontĆ  del cognato, unico insieme al suocero a non biasimarla e a trattarla come una di famiglia.

CosƬ parlava (Ecuba) gemendo e pianto infinito suscitĆ²;

tra quelle, allora, Elena per terza iniziĆ² infinito lamento:
ā€œEttore, tra tutti i cognati il piĆ¹ caro al mio cuore,
il mio sposo ĆØ Alessandro simile agli dei,
che mi ha portato a Troia; fossi perĆ² morta prima!
Questo, infatti, ĆØ giĆ  il ventesimo anno
da che da lĆ  partii e lasciai la mia patria,
e mai ho udito da te parola dā€™ingiuria o disprezzo;
anzi, se un altro in casa mi rimproverava,
tra i cognati o le cognate o le spose dai bei pepli,
o la suocera ā€“ il suocero invece come un padre sempre fu buono ā€“
tu, persuadendoli a parole, li trattenevi
con la tua gentilezza e i tuoi dolci discorsi.
CosƬ piango te e me insieme, sciagurata, afflitta in cuore:
nellā€™ampia Troia piĆ¹ nessun altro verso di me
ĆØ buono, nĆ© mi ĆØ amico; tutti mi hanno in odioā€.

(Iliade, XXIV, vv. 760-775)


Nei nove giorni successivi, i Troiani accatastano la legna per il rogo funebre, cui poi, nel decimo giorno, danno fuoco. Le fiamme vengono poi spente col vino e le ossa di Ettore sono poste in unā€™urna dā€™oro, avvolta in stoffe pregiate. Interrata questa, viene innalzato un tumulo con le pietre. CosƬ si conclude il poema.

Nellā€™immagine, il compianto funebre per Ettore scolpito su un sarcofago romano della fine del II d.C.

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