LA VERGINE CUCCIA

LA VERGINE CUCCIA

LA VERGINE CUCCIA PARAFRASI GIUSEPPE PARINI

FONTE:https://sites.google.com/site/giuseppepariniivc/opere/il-giorno/la-vergine-cuccia


Parafrasi

Il vegetariano parla, o signore; e intanto sorge, a causa delle sue parole piene di sentimento, una dolce lacrima dagli occhi della tua dama, simile alle goccioline tremolanti e luccicanti che in primavera stillano dai tralci della vite eccitati al loro interno dal tepido soffio dei venti primaverili, portatori di fecondità. Ora le viene in mente quel giorno, ah terribile giorno! Quando la sua bella cagnolina allevata dalle Grazie, giocando come fanno i cuccioli, morse con il dente bianco il piede del servo: ed egli, impertinente, con un calcio la lanciò: e quella rotolò per tre volte; tre volte scosse gli scompigliati peli e da le deboli narici soffiò la polvere irritante. Poi lamentandosi: sembrava dicesse “aiuto, aiuto”; e da le volte dorate l’ Eco rispose all’invocazione d’aiuto rimandando di stanza in stanza il grido della cagnetta: dai locali posti a livello più basso tutti i servi tristi salirono e dalle stanze padronali dei piani nobili le damigelle pallide e tremanti si precipitarono.

Accorsero tutti; il volto della tua dama fu spruzzato di profumi e alla fine rinvenne: l’ira e il dolore l’agitavano ancora; lanciò sguardi fulminanti al servo, e con voce dolce chiamò per tre volte la sua cagnetta: e questa le corse al suo seno; a modo suo le sembrava chiedere vendetta: e tu vendetta avesti vergine cagnolina allevata dalle grazie. L’empio servo tremò; con lo sguardo basso ascoltò la sua condanna. A lui non servirono i meriti accumulati in vent’anni di onorato servizio, a lui non servì la scrupolosità dimostrata nell’eseguire incarichi riservati: in vano lui supplico e promise; lui se ne andò spogliato della livrea che un tempo lo rendeva rispettabile agli occhi del popolino. In vano sperò di poter lavorare per un altro padrone, perché le dame, impietosite per la cagnetta, non nascosero il loro odio per il responsabile di così crudele delitto. Il poveraccio rimase per la strada, con i figli pallidi e affamati e con a fianco la moglie, tentando inutilmente di impietosire i passanti: e tu vergine cagnolina, placato, come gli antichi idoli, dal sacrificio di vittime umane, ti potesti gloriare della compiuta vendetta.

Analisi.
L’animale protagonista di questa scena una cagnolina (“la vergine cuccia” (v.661)) ci viene descritta secondo il punto di vista della padrona, accecata dall’affetto, coi tratti sublimi e raffinati d’una divinità antica: realizzando l’effetto di un’epica grottesca, i suoi modi sono degni delle Grazie “de le Grazie alunna” (v.661); i suoi denti sono splendenti come l’avorio “eburnei denti” (v.663); le narici sono belle come quelle di una fanciulla cantata da un poeta “vaghe” (v.667); i guati tanto aggrazziati da sembrare parole “indi i gemitialzando, aita aita/parea dicesse” (vv.669-670). Viene di conseguenza deformato anche il resoconto del morso: il giudizio del narratore sembra sparire, e noi lettori non abbiamo elementi per stabilire se davvero il cane abbia scherzosamente mordicchiato  il “piede villan”, o piuttosto non vi abbia profondamente affondato i denti: per una simile padrona qualsiasi morso sarà sempre “lieve nota” (v.664). Anche la caduta del cane non ricorda gli scivoloni divertenti di un cucciolo quanto piuttosto i balzi difensivi di una belva che combatte “tre volte scosse/lo scompigliato pelo e da le vaghe/nari soffiò la polvere rodente” (vv.666-668). Proprio come una divinità che si ritiene offesa, l’animale reclama una vendetta che la sua padrona non tarda a mettere in atto “vendetta/chieder sembrolle: e tu vendetta avesti/vergine cuccia” (vv.681-683). Nelle parole della padrona la cagnetta è un animale sacro e intoccabile “idol” (v.696). Non stupisce che Parini chiuda l’episodio con l’immagine dell’idolo placato da vittime sacrificali umane “e tu vergine cuccia idol placato/da le vittime umane” (vv.696-697)
 
Impietosa è la connotazione del servo che ha avuto l’idea di reagire al morso del cane; in un crescendo tragicomico il suo piede già “villan” (v.663) quando viene addentato dall’animale diventa “sacrilego” (v.665) nell’atto di colpirlo. Particolarmente duro è il momento della vendetta: il servo è chiamato senza mezzi termini “empio” (“L’empio servo tremò con gli occhi al suolo/udì la sua condanna” (vv.684-685)). Il servo segnato da questo “misfatto atroce” (v.691) finirà a mendicare con la famiglia. Il rovesciamento dei ruoli tra animale e uomo, nel finale dell’episodio, perde la sua patina ironica per rivelarsi in tutta la sua crudeltà nel racconto degli “inutili lamenti” (v.695) del servo, detto addirittura “perfido” (v.692), costretto a mendicare con moglie e figlioli perchè nessuna delle “pietose dame” (v.690) è più disposta ad accoglierlo. Evidentemente per la dama corteggiata dal Giovin Signore la propria cagnolina vale più di un servitore: nell’ideologia aristocratica dell’Ancien Régime un servitore è un sottoposto la cui dignità umana è invisibile agli occhi del padrone. La “vergine cuccia” è un trastullo alla moda, un segno elitario della condizione nobiliare, un ornamento vivente della dama aristocratica. Sembra quasi assistere ad una tragedia antica dove una divinità offesa dalla hybris (la colpevole tracotanza) di un uomo ne decreta la completa rovina.
 
 
Elenco figure retoriche.
  • “O signor” (v.652)- Io narrante
  • “pari a le stille tremule brillanti” (v.655)- Similitudine
  • “nova stagion” (v.656)-Perifrasi per indicare la primavera
  • “dai palmiti di Bacco” (v.657)-Perifrasi per le foglie di vite
  • “aure/fecondatrici” (vv.658-659)-Enjambement
  • “bella/Vergine cuccia” (vv.660-661)-Enjambement
  • “de le Grazie alunna” (v.661)-Iperbato e Latinismo
  • “piede/villan” (vv.662-663)- Enjambement
  • “eburnei denti” (v.663)-Metafora antifrastica
  • “segnò di lieve nota” (v.664)-Perifrasi
  • “sacrilego piè” (v.665)-Iperbole
  • “tre volte rotolò; tre volte scosse” (v.666)- Iterazione 
  • “vaghe/nari” (vv.667-668)- Enjambement
  • “polvere rodente” (v.668)- Allitterazione della “R”
  • “aita aita” (v.669)- Onomatopea
  • “Eco” (v.671)- Ninfa amata da Zeus
  • “e dall’infime chiostre..asceser..e da le somme stanze..precipitaro (vv.672-674)- Antitesi
  • “fulminei sguardi” (v.678)- Metafora
  • “empio servo” (v.684)- Aggettivazione antifrastica
  • “novello/signor” (vv.689-690)- Enjambement
  • “misfatto atroce” (v.691)- Aggettivazione antifrastica
  • “idol placato/da le vittime umane” (vv.696)- Metafora

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