La struttura dinamica e polivalente del pensiero platonico

La struttura dinamica e polivalente del pensiero platonico


Platone rappresenta indubbiamente la prima grande sintesi, che raccoglie tutte le istanze poste via via dalla precedente speculazione, le fonde e le unifica da un superiore punto di vista: un punto di vista guadagnato con quella che egli stesso definì “la seconda navigazione” cui abbiamo più volte fatto cenno, e che ora è venuto il momento di spiegare.

Un’avvertenza preliminare è tuttavia necessaria.

Il filosofare platonico differisce, nella sua forma, da quello di tutti gli altri filosofi antichi. Da buon discepolo di Socrate, Platone nutrì una marcata sfiducia nel libro scritto perché questo, una volta composto, diventa cosa morta, incapace di comunicare il suo messaggio in modo autentico, incapace di esprimere in maniera adeguata il più intimo sentire e pensare dell’autore e altresì incapace di difendere se medesimo contro i possibili fraintendimenti di varia natura. Solo nella parola viva che incontra un’altra parola e con essa si intreccia e si feconda, secondo Socrate, può trovare espressione l’autentico filosofare, perché, come sappiamo, per Socrate filosofare significa esaminare, provare, curare e purificare l’anima: e questo può realizzarsi unicamente nel dialogo che mette a confronto anima con anima. Ma, mentre Socrate credette di dover trarre da queste premesse le conseguenze estreme, riducendo la sua attività filosofica al dialogo vivo e non scrivendo assolutamente nulla, Platone ritenne possibile, invece, seguire una via di mezzo. In effetti poteva ben esserci uno scritto che, in qualche modo rinunciando ad essere sistematico e dogmatico, cercasse di riprodurre lo spirito del dialogo socratico senza mortificarlo o senza sacrificarlo interamente. D’altra parte, anche i discorsi vivi dei diversi filosofi erano profondamente differenti gli uni rispetto agli altri: altro erano i “discorsi di parata” che i Sofisti tenevano ex cathedra, che erano sistematici e profondamente dogmatici, e altro erano i discorsi che teneva Socrate, che erano invece critici, dialettici, aporetici, pieni del senso della propria insufficienza, sempre pronti a rinnovarsi nel fecondo incontro con l’interlocutore: insomma, i discorsi dei Sofisti erano monologhi (non di rado saccenti e tronfi monologhi), i discorsi di Socrate erano dialoghi, dialoghi mai chiusi.

Si trattava allora di cercare di riprodurre nello scritto il discorso socratico, imitandone la peculiarità, riproducendone cioè quel reinterrogare senza posa, con tutte le impennate di dubbio, con gli improvvisi squarci che maieuticamente spingono alla verità, non rivelandola ma sollecitando l’anima dell’ascoltatore a trovarla, con le drammatiche rotture che preparano a ulteriori ricerche: insomma, con tutta la dinamica squisitamente socratica. Nacque così il “dialogo socratico”, che divenne addirittura un vero e proprio genere letterario, adottato da numerosi discepoli di Socrate e poi anche da successivi filosofi, di cui Platone fu probabilmente l’inventore e certo il rappresentante di gran lunga superiore agli altri e, anzi, l’unico autentico rappresentante, giacché in lui solo è riconoscibile l’autentica cifra del filosofare socratico, che negli altri scrittori diviene per lo più trita maniera.

Dunque, lo scritto filosofico per Platone sarà “dialogo”, in cui Socrate sarà per lo più il protagonista, che “dialogherà” con uno o più interlocutori, e, accanto a questi, altrettanto importante, sarà la parte del lettore, che verrà chiamato in causa egli pure come interlocutore assolutamente insostituibile: proprio al lettore, infatti, sarà lasciato il compito di compiere l’ultimo passo e di trarre, maieuticamente, la soluzione dei problemi che i vari dialoghi hanno sviluppato.

Perciò il lettore di Platone non solo non è mai esonerato da un impegno personale nella soluzione delle varie questioni, ma è spesso portato in situazioni aporetiche tali, che possono spingere, nello scioglimento delle medesime, in direzioni non solo contrastanti, ma addirittura opposte.

Così essendo, ben si comprende come l’interpretazione de] significato dei singoli scritti platonici, nonché del significato del loro insieme, risulti molto controversa e che gli studiosi si trovino su posizioni fra loro alquanto distanti. S ben vero che Platone, nell’arco della sua produzione, andò via via perdendo o mitigando la tensione aporetica, fino a includere nel dialogo proposizioni filosofiche sempre più determinate e tecniche e contenuti talvolta quasi dogmatici: ma è altrettanto vero che, energicamente combattendo contro tutti, si rifiutò in modo categorico di fissare il suo pensiero in “sistema”, e proclamò senza mezzi termini che la verità di fondo del suo pensiero non era condensabile in dogmi né suscettibile di essere irrigidita in esposizioni sistematiche: queste, invece che chiarirla, l’avrebbero sicuramente tradita. Dice Platone nella Lettera VII, condannando la velleità nutrita dal tiranno Dionigi di scrivere una sintesi del pensiero platonico: “In realtà, un’opera che sia mia sulla Dottrina, non c’è e nemmeno ci sarà mai. t un fatto, questi sono argomenti che in nessun modo si possono comunicare e dire come l’altre dottrine. Bensì, quale risultante d’un’intima e assidua copulazione di tutti noi stessi coi problemi fondamentali; quale risultante di un’esistenza vissuta in comune con essi: ecco, improvvisamente, come luce s’accende da fuoco che balza su, questa misteriosa luce si inserisce nell’interiorità e da sola nutre”. Da tutto questo il lettore potrebbe concludere che, allora, una ricostruzione ed esposizione organica del pensiero platonico è fatalmente impossibile, perché si trova costretta a fare esattamente ciò che Platone ha negato essere possibile. Ma la conclusione sarebbe fondata, se pretendesse di ricostruire ed esporre una unità “sistematica”, che non c’è in Platone, al posto di una unità “tematica”, che, invece, c’è ed è ben chiara. Platone ha, sl, instancabilmente riproposto e ridiscusso i vari problemi nei successivi dialoghi, mettendo in crisi le precedenti conclusioni, e ripensando tutto da capo, senza pervenire—almeno apparentemente—a soluzioni “definitive”. Tuttavia, se questo è vero, è altrettanto vero che i temi e i problemi trattati sono pur sempre i medesimi, e identici sono anche i parametri secondo cui via via sono reimpostati i problemi: e quindi è vero che esistono nuclei costanti, che sono come i poli della dinamica del pensiero platonico. Sono questi poli che nella esposizione noi rileveremo, con l’avvertenza che noi possiamo presentarli solo staticamente, laddove in Platone si presentano dinamicamente.

Ma c’è un ultimo punto da rilevare. t: stato da molti detto che “Platone è la filosofia”: giudizio esatto, se per “filosofia” in questo contesto si intendono i temi su cui la filosofia deve essenzialmente indagare e il modo con cui li deve indagare; in effetti, Platone ha toccato quasi tutti i problemi di fondo che sono propri della speculazione filosofica e li ha toccati in un modo quale il filosofo solamente può pretendere di toccarli, vale a dire considerando ogni soluzione come acquisizione che è, ad un tempo, nuovo e superiore problema da indagare ulteriormente. (La frase sarebbe ovviamente assurda se per “filosofia” in questo contesto si intendesse “tutto ciò che la filosofia ha da dire e può dire”: in questo senso nessun filosofo, per quanto grande, fu o sarà mai la filosofia).

Ebbene, questa ricchezza di temi, problemi e interessi ha ulteriormente complicato la lettura di Platone, nel senso che i vari interpreti e le. varie epoche e culture videro via via in Platone ciò che a loro maggiormente interessava e ciò che credevano essere prevalentemente filosofia. E così si ebbe una molteplicità di proposte di letture, riducibili, grosso modo, a tre grandi prospettive. a) Si cominciò, già nell’Accademia, col leggere Platone in chiave metafisica e gnoseologica, additando nella teoria delle Idee e della conoscenza delle Idee il fulcro del platonismo. b) Successivamente, col Neoplatonismo, si credette di trovare il più autentico messaggio platonico nella tematica religiosa, nell’ansia del divino e in genere nella dimensione mistica, massicciamente presenti nella maggior parte dei dialoghi. c) E sono state queste due interpretazioni che, in vario modo, si sono prolungate fino ai tempi moderni, finché, nel nostro secolo, ne sorse una terza, originale e suggestiva, che vede nella tematica politica, o meglio etico-politico-educativa, l’essenza del platonismo: tematica, questa, quasi del tutto trascurata in passato.

Noi crediamo che il vero Platone non sia ritrovabile in nessuna di queste tre prospettive singolarmente assunte come uniche valide, ma che sia piuttosto ritrovabile in tutte e tre insieme le. direzioni e nella dinamica che è loro propria: le tre proposte di lettura, infatti, illuminano tre effettive facce della poliedrica e polivalente speculazione platonica, tre dimensioni o tre componenti o tre linee di forza, che costantemente emergono, variamente accentuate o angolate, nei singoli scritti nonché nell’insieme di essi.

È certo che la teoria delle Idee con tutte le sue implicanze metafisiche, logiche e gnoseologiche, specie nei dialoghi della maturità e della vecchiaia, è al centro della speculazione platonica. Ma è altrettanto vero che Platone non è l’astratto metafisico: la metafisica delle Idee ha anche un senso profondamente religioso, e lo stesso processo conoscitivo è presentato come conversione, e l’Amore che eleva alla suprema Idea è presentato come forza di ascesa che conduce alla mistica contemplazione. Ed è vero, infine, che Platone non ha visto nella contemplazione lo stadio in cui il filosofo deve concludere il suo tragitto, giacché prescrisse al filosofo di tornare, dopo aver visto il vero, a salvare anche gli altri, e ad impegnarsi politicamente per la costruzione di uno Stato giusto, nella cui dimensione soltanto è possibile una vita giusta: e nell’impegno politico egli nella Lettera VII, come vedremo, ha espressamente additato la passione fondamentale della sua vita.

Dunque, pensiero poliedrico e dinamico è quello di Platone: pensiero che tocca tutti i temi e i problemi, che propone soluzioni che sono insieme acquisizioni e aperture a nuovi problemi; pensiero che non chiude, ma sempre dischiude, stimola, spinge ad andar oltre; pensiero che, pur avendo proceduto molto al di là di Socrate nella positiva determinazione di molti problemi, ha mantenuto, quasi per intero, la forza insieme conturbante, stimolante, purificante dell’ironia di Socrate.