La storia di Dolone (Iliade X)

La storia di Dolone (Iliade X)

La storia di Dolone (Iliade X)


Il libro decimo dell’Iliade racconta un episodio tutto sommato piccolo – ma non insignificante – della guerra troiana. Gli altri accanto alle navi, i più nobili dei Panachei,/dormivano tutta la notte, immersi in un sonno profondo (vv1-2). Ma non riesce a dormire Agamennone, il re greco che ha la responsabilità dell’intero esercito acheo che molto pensava in cuor suo; dopo aver consultato Nestore, l’anziano e saggio eroe greco, propone agli altri eroi greci un’incursione presso l’esercito troiano per conoscerne le intenzioni: I nemici sono qui presso: e nulla sappiamo/se mai anche di notte volessero dare battaglia (vv.200-1). Diomede figlio di Tideo si offre per questa missione e sceglie come compagno Odisseo figlio di Laerte. In modo speculare, anche Ettore – il principe troiano – desidera venire a conoscenza delle mosse dei Greci e, chiamati a raccolta tutti i migliori, offre una ricompensa a chi riuscirà ad avvicinarsi alle navi achee per origliare le decisioni dei capi greci; come premio, Ettore offre un cocchio e due cavalli superbi. Tra tutti si fa avanti Dolone, figlio di Eumede.
Dolone, dunque, era un soldato troiano, ricco, probabilmente aristocratico e in cerca di onore. Ma Omero ci dice di lui un particolare importante: d’aspetto era brutto [kakòs], ma veloce di piedi (v326). Non è una descrizione casuale. Dolone si lancia verso l’accampamento dei nemici ma, sulla strada, viene sorpreso alle spalle da Diomede ed Odisseo. L’afferrarono per le braccia, mentre lui diceva piangendo:/Catturatemi vivo ed io potrò riscattarmi (v377-378a).
Gli eroi greci, però, sono interessati ad altro; hanno bisogno di informazioni sul nemico, sui Troiani: sta a Dolone scegliere tra l’onore e il tradimento.
D’un fiato, con le ginocchia tremanti e rinnegando il suo principe Ettore, Dolone spiffera ai due Greci il luogo in cui si trova l’esercito troiano e e come sono disposti gli alleati. Consumato il tradimento, a Dolone non resta che chiedere di essere liberato: Ma portatemi alle rapide navi/oppure lasciatemi qui, dopo avermi legato con nodo sicuro/perché possiate andre a sincerarvi di me/se vi ho riferito a dovere o invece al contrario (vv442-5).
Ma Diomede ed Odisseo neppure ci pensano a lasciarlo vivo, con un colpo di spada gli tagliano la testa e offrono le sue spoglie ad Atena.
Dolone, dunque, ha tradito e muore senza onore.
Ma Omero già molti versi prima che i due Greci uccidessero Dolone ci aveva avvisato: un eroe non poteva essere presentato kakòs nell’aspetto e, probabilmente, non poteva neppure chiamarsi Dòlon. In greco, infatti, la radice *dol richiama il tradimento, l’inganno, l’insidia (dòlos=insidia, tranello, inganno…dolo! e così il verbo dolòo=ingannare). La brutta fine di Dolone – decapitato e insepolto – altro non è che la realizzazione della sua cattiva condotta; eroe per convenienza e non per vocazione e incline al tradimento già per il suo nome.