La spedizione di Carlo VIII

La spedizione di Carlo VIII

La  spedizione condotta da Carlo VIII di Valois (1483-1498) in Ita­lia per rivendicare l’eredità angioina sul regnodi Napoli e liquidare la dinastia aragonese, che vi si era insediata mezzo secolo prima, si colloca in una situazione italiana e internazionale particolarmente favorevole ai suoi progetti.          

Con la pace di Lodi del 1453 si era aperto in Italia un periodo di equilibrio e i principali stati della penisola professavano reciproca amicizia, anzi si erano uniti nel 1455 in una Lega santissima offrendosi mutuo ap­poggio e assistenza.

In realtà la pace aveva subìto parecchie ecce­zioni, e la professata amicizia era più nelle parole che nei fatti: nes­sun principio di politica «nazionale» o «federalistica» si era afferma­to, ma la relativa pace era piuttosto frutto di debolezza.

 La descrizione idillica che Francesco Guicciardini (1483-1540) ci ha lasciata di quel periodo, nel quale l’Italia, «ridotta tutta in somma pace e tranquillità», avrebbe raggiunto il vertice del benessere, non corrisponde dunque alla realtà effettiva, ma piuttosto alla nostalgia dell’autore, che scrive quando la crisi italica è ormai consumata e il passato è perciò sentito come una perduta età dell’oro. Per le sue origini di classe il grande storico, appartenente ad un’illustre fami­glia fiorentina legata ai Medici, non sa vedere, dietro la «magnifi­cenza di molti prìncipi e lo splendore di molte nobilissime e bellissime città», la sostanziale debolezza di regimi non sostenuti dal con­senso popolare e poggianti su basi sociali estremamente esigue.

Dal punto di vista internazionale, va sottolineato che il re di Francia non ha, o ritiene di non avere, concor­renti temibili in Europa: la Spagna, che ha appena iniziato il proces­so di unificazione, è un agglomerato di grandi feudi  e non dispone ancora dell’oro americano,

Inghilterra è    da poco uscita dissanguata alla guerra delle- Due rose;,  l’Impero, per la sua natura composita, non sembra un rivale pericoloso.

Carlo VIII può dunque ritenere che il momento sia favorevole per  rivendicare l’eredità del regno di Napoli, tanto più che la dinastia aragonese è minata dall’ostilità dei baroni scampati alla feroce repressione della congiura del 1485.

All’av­ventura lo spingono la smania del potere e il desiderio di bottino, ma anche il sogno cavalleresco di fare del Napoletano la base per una crociata contro i Turchi, che dal 1453 si sono insediati in Costantino­poli e hanno liquidato l’impero bizantino. L’interesse al dominio del­la penisola, del resto, non era solo un capriccio personale di Car­lo VIII, perché si era già manifestato ai tempi di Carlo VII ed era destinato a ispirare la politica di Luigi XII e di Francesco I (vedi in seguito).

Alla propensione di Carlo VIII a intromettersi nelle vicende d’Italia si aggiunge un invito rivoltogli dal si­gnore di Milano, Ludovico il Moro. Questi usurpa il potere del nipote Gian Galeazzo, genero del figlio del re di Napoli Ferdinando I, e teme pertanto le manovre di quest’ultimo, volte a restaurare la legittima autorità di Gian Galeazzo; il Moro è dunque interessato a far pendere sull’aragonese la minaccia di un intervento francese. Di qui l’invito.

Il re di Francia, garantitasi la neutralità della Spagna e dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo con la cessione di alcuni territori, procede dunque alla progettata spedizione nel settembre del 1494 senza incontrare ostacoli.

L’impresa dl Carlo VIII   fu la rivelazione del  vuoto politico e della  debolezza che le preesistevano

Carlo fu regalmente ricevuto in Milano dal Moro che poco dopo la sua partenza fu anche liberato da l’incomoda presenza del nipote Gian Galeazzo, morto il 21 ottobre probabilmente perché fatto avvelenare.

A Firenze Piero de’ Medici, che si era arreso al Francese subendone le esose condizioni, fu rovesciato da una rivolta popolare, gli esponenti della quale, peraltro, si rassegnarono a sottoscrivere in posizioni poco meno gravose

II papa Alessandro VI Borgia gli lasciò via libera, purché non venisse messa in discussione, come molti speravano, la legittimità del suo potere.

Il re di Napoli, Alfonso II, da poco succeduto a Ferdinando I, abdicò in favore del figlio Ferdinando II, sperando che questi fosse pii accetto ai baroni e al popolo, ma la sua mossa fu inutile, e Ferdinando II, abbandonato da tutti, non poté organizzare alcuna resistenza e fu costretto a rifugiarsi ad Ischi.

A questo punto Venezia, Milano e il papa si rendono tardivamente conto del pericolo rappresentato per la loro libertà da una massiccia presenza della Francia nell’Italia meridionale, e si alleano in un, lega, appoggiata dalla Spagna e dall’Impero, che minaccia di isolar nel Mezzogiorno le truppe francesi. Di qui la rapida ritirata di Carlo VIII, che solo a stento riesce a rimpatriare, facendosi strada nella battaglia di Fornovo (6 luglio 1495).

Ferdinando II poté allora rientrare nel suo regno, rinunciando solo ad alcuni porti pugliesi occupati di Venezia, e tutto sembrò tornare allo status quo, fatta eccezione per l’abbattimento della signoria dei Medici in Firenze. Ma la realtà era ben diversa: la debolezza dei principati italiani era risultata evidente agli occhi di tutti, e il «vuoto di potenza» della penisola avrebbe presto attirato le mire concorrenti di Francia e di Spagna