La situazione spagnola dopo la II guerra punica

La situazione spagnola dopo la II guerra punica

Come si ricorderà, la seconda guerra punica era stata combattuta anche sul suolo iberico, e parte di esso, la zona meridionale in particolare, era stato conquistato dai romani.
Attorno al 197 a.C. i territori erano stati divisi in due provincie, le prime di Roma al di fuori dei suoi confini: la Hispania citerior, comprendente la fascia costiera ad est dal basso corso dell’Ebro fino a Carthago Nova e la Hispania superior, che occupava la zona a sud-ovest. Le due provincie erano state affidate a due pretori con ampi poteri e con carica biennale.

Le popolazioni iberiche al di fuori del dominio romano, la maggioranza, erano ostili agli occupanti, e già fu necessario inviare, nel 195, l’energico console Marco Porcio Catone (lo stesso che predicava la distruzione di Cartagine) per sedare una prima grande rivolta.

Verso il 170 fu pretore della Spagna citeriore Tiberio Sempronio Gracco, che alla severità militaresca accompagnava un abile politica di distensione, diventanto popolare tra le popolazioni spagnole (fece in modo di far entrare la nobiltà celtibera nell’esercito romano, e fondò nuove comunità cittadine). Questo permise a Roma di mantenere una relativa pace per circa vent’anni.

La rivolta dei lusitani

Nel 154 a.C. la pace si spezzò. Una serie di comandanti romani iniqui e crudeli incoraggiò la rivolta che partì dalle terre lusitane (l’antico Portogallo) e si allargò ai celtiberi (zona centrale dell’Iberia). La rivolta era comandata da un abile comandante lusitano di orgini popolari di nome Variato.

La rivoltà si prolungò per ben otto anni, durante i quali i romani furono costretti a mandare annualmente un console in Spagna, senza impedire di venire ripetutamente sconfitti.
Nel 139, mentre Roma si apprestavano a sottoscrivere la pace, Variato venne ucciso nella sua tenda, da alcuni traditori pagati dagli stessi romani. L’insurrezione, mancato l’uomo guida, a poco a poco si spense.

La caduta di Numanzia

Ma i guai per Roma non si limitavano alla rivolta dei lusitani, fin dal 142 Cecilio Metello combatteva nel nord dell’Iberia e aveva conquista gran parte dei territori, ad eccezione di alcune città: tra queste la più importante era Numanzia, a sud del medio corso dell’Ebro. Nel 137 a.C., un grande esercito al comando del console Caio Ostilio Mancino fu circondato e costretto ad arrendersi, e per altri quattro anni la situazione non ebbe sviluppi significativi.

Nel 133 a.C., Roma decise di inviare nella regione Publio Cornelio Scipione Emiliano, l’eroe dell’ultima guerra punica ed esperto in assedi. Come era già successo in Africa, Emiliano restituì la disciplina e il vigore alle truppe e cominciò ad assediare Numanzia con una doppia linea di fortificazioni. Come sempre la città fu vinta riducendola alla fame. I suoi abitanti furono fatti schiavi e la città distrutta.

Con la caduta di Numanzia i romani posero fine alle rivolte ed estero il loro dominio in Spagna alle regioni del nord. Fu il termine del primo periodo di espansione che vide i romani acquisire una netta supremazia nel Mediterraneo trasformando profondamente le attitudini di una stato che fino a un secolo e mezzo prima estendeva i suoi domini alla sola Italia.

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