La sera fiesolana di Gabriele D’annunzio Parafrasi

La sera fiesolana di Gabriele D’annunzio Parafrasi

La sera fiesolana di Gabriele D’annunzio Parafrasi


Le mie parole siano per te fresche come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le sta raccogliendo silenziosamente,
e ancora indugia lentamente nel lavoro sull’alta scala che a poco a poco si scurisce appoggiata all’albero che diventa color argento con i suoi rami spogli,
mentre la luna è vicino all’orizzonte ancora azzurro e sembra che davanti a sé distenda un velo dove il nostro sogno d’amore giace (si rivolge all’amata).
E sembra che già la terra si senta sommersa da lei nel freddo notturno e da lei assorba lo sperato refrigerio senza vederlo (la rugiada). (notate le analogie,
le allitterazioni ‘fanno – foglie – fresche – fruscio’, l’uso dei colori ‘la scala, il gelso’
e la personificazione della luna).
Che tu sia lodata per il tuo viso del colore della terra, o sera,
e per i tuoi grandi occhi umidi dove viene raccolta l’acqua del cielo.
Le mie parole ti siano dolci (si rivolge all’amata) nella sera come la pioggia che bruiva (un verbo di derivazione francese che significa frusciare, è collegato al fruscio delle foglie presente nella prima strofa) tiepida e fuggitiva (la pioggia fuggitiva è una citazione di un verso di Leopardi) congedo lacrimoso della primavera.
Ma sui gelsi, sugli olmi, sulle viti e sui pini, dai nuovi germogli rasati (rosei diti, è una personificazione) che giocano con l’aria che svanisce, e sul grano che non è ancora biondeggiante (maturo) e non è più verde (germoglio) e sul fieno che è già stato falciato (patì la falce, è una personificazione, D’Annunzio vuol far capire che la natura soffre se l’uomo fa violenza contro di lei) e per questo cambia colore, e sugli olivi, sui fratelli olivi (quest’umanizzazione è un richiamo al cantico delle creature di San Francesco), che fanno le colline argentee e sorridenti con la loro sacralità.
Che tu sia lodata per le tue vesti profumate (la vegetazione), o sera, e per la cintura che ti cinge (la linea dell’orizzonte) come il ramo di salice cinge il fieno odoroso (in passato i rami di salice erano usati per legare le balle di fieno).
Io ti dirò verso quali reami d’amore il fiume Arno ci chiamò, le cui fonti eterne all’ombra degli alberi antichi parlano del sacro mistero dei monti e ti dirò a causa di quale segreto (questa segreto è l’amore) le colline si incurvano sugli orizzonti limpidi come labbra chiuse per un divieto (il divieto di dire il segreto) e perché la volontà di svelarlo le faccia belle oltre ogni desiderio umano, e nel silenzio loro, sempre nuove fonti di consolazione, così che sembri che ogni sera l’anima le possa amare di un amore sempre più forte.
Che tu sia lodata per il tuo naturale finire, o sera, per l’attesa (della notte) che in te fa a luccicare le prime stelle (quest’ultima strofa è un forte richiamo alla speranza, infatti nel panismo la morte non è la fine, semmai può essere un nuovo inizio poiché tutto può avere vita in un’altra forma).