LA RIVOLUZIONE RUSSA

LA RIVOLUZIONE RUSSA


Marx e Lenin credevano che si potesse arrivare alla rivoluzione del proletariato nel momento del capitalismo assoluto. La grande rivoluzione sarebbe stata contro lo sfruttamento di massa. Lenin ha scritto testi su queste teorie, ma, dopo la Rivoluzione di Febbraio si è accorto che le condizioni per una rivoluzione del proletariato erano comunque favorevoli. C’erano grandi problemi dal punto di vista economico e dal punto di vista politico. L’economia socialista si poggiava su un’industrializzazione piuttosto forte, ma l’economia russa era per la maggior parte agraria. Politicamente era altrettanto difficile: il popolo non era abituato alla lotta; il popolo russo era completamente soggetto e, per gestire il potere, questo era un grosso deterrente. La Russia avrebbe dovuto essere l’ultimo dei Paesi in cui la rivoluzione si sarebbe dovuta sviluppare. I proprietari terrieri non intendevano avviare un’industrializzazione. La Russia arrivava al 1917 con un’economia prevalentemente agricola. La situazione della terra venne portato in primo piano.

Nel 1905 in Russia c’era stata una rivoluzione poiché la classe operaia (in minoranza rispetto ai contadini) non poteva reclamare i propri diritti. Il proletariato russo si trovava nelle condizioni della Prima Rivoluzione Industriale. Il movimento del Comunismo era più a carattere sociale che politico, voleva aiutare il popolo a rivendicare i propri diritti. Nello stesso 1905 lo Zar concedette la Duma, il Parlamento russo, che però fu poco rispettato e composto da rappresentanti scelti dallo stesso Zar. Il potere rimaneva nelle mani dello stesso Zar. Rimaneva il problema della terra e nel 1906 si fece una pseudo-riforma della terra. La riforma agraria proposta era assolutamente insufficiente e prevedeva il frazionamento delle terre comunali e la trasformazione dei contadini in piccoli proprietari. I contadini erano in grosso disagio. Vi erano anche i kulaki: contadini agiati che avevano di che vivere e che col tempo si arricchivano (rimanendo pur distinti dai grandi proprietari). Per il resto si avevano contadini con mezzi insufficienti e braccianti.

Prima della Rivoluzione Russa si potevano trovare liberali, la borghesia nascente ed i proprietari terrieri. Lo Stato era di tipo costituzionale. La borghesia nascente aveva contatti con Francia ed Inghilterra e si schierava contro la Russia aristocratica sebbene evitando di appoggiare una eventuale rivoluzione socialista. Il gruppo deisocialisti era molto eterogeneo: vi erano i rivoluzionari, che facevano parte dei soviet, il Partito Social-Democratico, parte del quale diverrà Partito Comunista, e che già era diviso tra menscevichi, proponenti un programma di minima, e bolscevichi, proponenti un programma di massima. I primi cercavano di giungere allo Stato Socialista attraverso le riforme, i secondi credevano nella rivoluzione. Il socialismo non si può costruire all’interno di una società borghese. Lenin ha criticato la riforma agraria del 1905 perché non avrebbe portato ad un incremento della produzione. La produzione doveva essere globale e si necessitava di un’unione delle terre. Prima della Rivoluzione Russa si creò il Partito Bolscevico.

Le forze che si opposero alla Guerra Mondiale erano le classi aristocratiche, mentre i liberali erano favorevoli. I liberali venivano detti cadetti. L’alta borghesia era a favore dell’entrata in guerra a fianco dell’Intesa per il legami con Francia ed Inghilterra. La rivendicazione dei diritti della borghesia si esplicò nell’alleanza con l’Intesa. Non ci fu propaganda perché la popolazione non veniva nemmeno considerata. Nella manifestazione del 1917 la Polizia si era alleata con i protestanti. Dopo questa manifestazione si creò un Governo provvisorio retto da cadetti, borghesi indipendenti ed un socialista rivoluzionario (Kerenskij). Questo socialista, da Febbraio ad Ottobre sarebbe stato alla testa di questo Governo provvisorio, fino a subire la Rivoluzione di Ottobre. In Russia, in quel periodo, si creò un importantissimo dualismo di potere: contemporaneamente al Governo sono nati i soviet: consigli di operai, contadini, disertori, reduci di guerra. Questi consigli avevano rappresentanti incaricati di portare le istanze del popolo. La rivoluzione si sparse dai soviet di Pietrogrado (centro del movimento) fino a quelli dei villaggi. Questi soviet comprendevano rivoluzionari, menscevichi e bolscevichi, i quali però rimasero in minoranza fino alla Rivoluzione di Ottobre.

Il Governo provvisorio voleva continuare la guerra per ottenere il maggior guadagno possibile. La riforma agraria fu demandata all’Assemblea Costituente, prima emanazione del Governo. L’Assemblea Costituente doveva decidere della Costituzione ed era stato un elemento classico delle rivoluzioni liberali dell’800. I soviet erano contro entrambe le decisioni. Ad Aprile Lenin poté tornare in Russia dall’esilio svizzero, grazie all’appoggio dei Tedeschi. Subito furono emanate le “Tesi di Aprile“, teorie della Rivoluzione di Ottobre, che sarà invece sancita dai “Decreti di Novembre“. Tutto il potere doveva andare nelle mani dei soviet, scavalcando il Governo provvisorio borghese. La rappresentanza parlamentare veniva screditata. Altri progetti prevedevano la confisca e la nazionalizzazione delle terre e la nazionalizzazione delle banche.

Nel Novembre ci fu un colpo di stato. Prima della Rivoluzione di Febbraio, Lenin incitava il popolo a supportare la Rivoluzione Borghese. Le Tesi di Aprile furono traumatiche per gli stessi bolscevichi ed i soviet sarebbero rimasti lontani dall’idea di prendere il potere. I militari fecero una forte manifestazione e Lenin venne incolpato e costretto alla fuga. Trockij fu arrestato ed il giornale dei bolscevichi venne chiuso. Il popolo era stanco. Sotto il Governo provvisorio, in Galizia i Russi subirono una grave disfatta; la popolazione si agitò in un disordine inusuale. Il momento necessitava di una figura forte in sostituzione del Governo. Il primo ministro Keresnskij si era reso conto del problema. Il tentativo di colpo di stato della destra fu capeggiato dal Generale russo Kornilov. Il colpo dell’esercito avrebbe riavvicinato il Governo russo allo Zar. I soviet chiamati in aiuto, organizzarono una difesa: i ferrovieri impedirono il movimento delle forze militari ed i soviet cominciarono così a ricevere il favore del popolo russo. Non essendoci opposizione, la rivoluzione fu del tutto formale e venne lasciato spazio ai bolscevichi. In questo modo si giunse ai Decreti di Novembre. Il nuovo Governo era capeggiato da tre personaggi: Lenin, Trockij e Stalin. Le banche furono nazionalizzate, le fabbriche vennero gestite dai consigli di fabbrica, le terre furono confiscate ma non nazionalizzate. Le terre furono concesse in usufrutto e date ai soviet per essere distribuite tra i contadini. In questo caso Lenin contravvenne alle sue Tesi di Aprile. Dalle stesse tesi però egli riprese l’idea della Terza Internazionale. Con i Decreti di Novembre ci fu la dichiarazione dell’uguaglianza e del diritto di autodeterminazione delle popolazioni russe.

A Novembre si tennero le elezioni per l’Assemblea Costituente, nelle quali i bolscevichi non conseguirono la maggioranza. Lenin dichiarò che i soviet come organizzazione erano più rappresentativi del Governo borghese della Costituente. La democrazia rappresentativa venne rifiutata. L’Assemblea avrebbe dovuto dichiarare la sua subordinazione ai soviet, ma non lo fece, e per questo fu sciolta con la forza. I bolscevichi presero il potere con la forza, dichiarando la nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica. Ogni forma di opposizione fu eliminata, anche e soprattutto quella menscevica. Nel 1918 la Capitale fu spostata a Mosca. Nel 1919 il Partito Bolscevico divenne Partito Comunista. Il potere non subì alcuna ripartizione, bensì fu tutto concentrato nelle mani dei soviet. Nel 1922 si formò l’U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche).

I soviet gestivano il potere e la loro distribuzione andava dal livello comunale agli organi supremi. Questi consigli rimandavano il potere in mano a Lenin, Trockij, Stalin,Sverdlov. La distribuzione del potere era ridotta alla gestione dello stesso in 4. Vi fu contrapposizione tra Trockij e Lenin: Torckij era convinto che la rivoluzione russa si sarebbe estesa e voleva attendere prima di uscire dalla guerra con condizioni gravose; Lenin, invece, voleva assolutamente uscire dalla guerra ed arrivò a minacciare le sue dimissioni. Firmati i Trattati di Pace, l’Europa si spaventò per la paura del contagio rivoluzionario e perché i Russi non riconoscevano più i debiti della Russia zarista. Così Europa, U.S.A. e Giappone appoggiarono l’anti-rivoluzione. Tra il ’18 ed il ’20 si scontrarono l’Armata Bianca e l’Armata Rossa, in una guerra civile.

Nel 1919 si tenne il Congresso della Terza Internazionale: le linee principali del Congresso furono espresse in 21 punti che prevedevano l’obbligo per i Partiti partecipanti di condividere la Rivoluzione Russa di tentare, all’interno delle rispettive Nazioni di appartenenza, di imitare ciò che era accaduto in Russia.

Alla morte di Lenin Trockij e Stalin si contrapposero: la posizione di Stalin fu quella che, alla fine, ebbe la meglio, poiché più realista nel suo intento di mantenere la rivoluzione all’interno.

La Russia venne isolata dal resto d’Europa ed i contadini producevano tendendo ad eliminare quasi totalmente gli scambi con le città: la popolazione cittadina venne ridotta alla fame. Così, dal ’18 al ’20 si attuò il “Comunismo di guerra“. Le materie prime furono fatte arrivare in città, si fece ricorso alle requisizioni forzate. Nel ’19 si stabilì la requisizione, per cui lo Stato divenne il distributore delle scorte, bandendo il libero commercio. La situazione si fece difficile, lo Stato divenne l’unico produttore/distributore. Nella campagna nacque una borsa nera ed il malcontento inizialmente legato all’economia, prestò si allargò anche al malcontento politico. All’interno delle città e delle fabbriche lo stato prese tutto in mano.

La seconda fase dell’economia fu quella rappresentata dalla NEP: Nuovo Corso Politico. Lo Stato doveva eliminare la possibilità che le città ricadessero nuovamente nella fame. La Russia doveva affrontare un duro attacco di nemici interni ed esterni. Vista l’inconsistenza di una linea che non appoggiasse la rivoluzione, la Russia era impossibilitata a far giungere viveri dall’estero. La NEP era una posizione intermedia, dovuta alla necessità dello sviluppo di una industria pesante. Il momento di transizione doveva essere gestito transitoriamente dal punto di vista economico. Furono ammessi la competitività ed il discorso del profitto tipico del Capitalismo, ma solo per le piccole aziende, poiché quelle grandi rimanevano sotto il controllo statale come il capitale finanziario.

Dopo la NEP lo Stato non ha realizzato a livello politico le tesi della rivoluzione permanente. Il Governo, nonostante Trockij, ha abbandonato quell’idea. Si sentiva il bisogno di riaprire i rapporti con l’estero: nel 1924 la Russia tentò un’apertura e la prima a riconoscere la Russia come tale è stata l’Inghilterra. Seguita a ruote da tutte le altre potenze europee. Si cercava un accordo anche per il bisogno di finanziamenti che la Russia aveva.

Lenin morì nel 1924 e lasciò Stalin e Trockij: Trockij voleva la rivoluzione permanente dentro e fuori dallo Stato, per impedire la cristallizzazione del potere nelle mani di pochi; Stalin, invece, diceva che bisognava rafforzare il socialismo in Russia. Il passaggio di potere fu violento e con l’avvento di Stalin Trockij fu costretto a fuggire fino a quando nel ’40 venne ucciso in Messico. Alcuni bolscevichi furono “costretti al riposo”. Le “purghe staliniane” attaccavano chi era contro la politica di Stalin. Lenin aveva fatto l’errore di eliminare i non bolscevichi dal Partito, ma all’interno era comunque riuscito a mantenere un dibattito. Con Stalin si passò alla dittatura. I kulaki erano stati avvantaggiati nel periodo della NEP e come ai tempi dello Zar questi contadini arricchiti sottomettevano i contadini. Stalin voleva portare la Russia al livello produttivo degli altri paesi capitalisti e da quel punto iniziare il socialismo. Si procedette così ad una industrializzazione a marce forzate. I kulaki agiati si opposero e Stalin decise di reprimere i kulaki come classe sociale. Chi si ribellava veniva eliminato, cominciarono anche le deportazioni. Nacquero campi di concentramento..Mentre il fascismo è stata la degenerazione del governo liberale, lo stalinismo è stata la degenerazione del governo socialista

L’economia era organizzata in piani quinquennali e l’industrializzazione prevedeva lo sviluppo dell’industria pesante. Il popolo russo era disagiato e sacrificato a causa dell’arrivo di questa forte industrializzazione. L’evoluzione fu soprattutto industriale perché la Russia aveva una grande possibilità con i nuovi macchinari, ma a livello agricolo era arretrata.

La critica che viene dalla sinistra all’operato di Lenin è stata quella concernente l’eliminazione di ogni opposizione politica. La critica marxista ha visto in questo i presupposti della crisi della politica stalinista. Lenin ha sbagliato a tagliare fuori i menscevichi, sebbene all’interno dei bolscevichi ci fosse dibattito ed il dissenso era ammesso. Si poteva allargare il dibattito. L’idea di Trockij della rivoluzione permanente dentro e fuori teneva contro del fatto che il sistema economico socialista era diverso da quello liberale e liberista. Bisognava portare la rivoluzione fuori per poter avere agganci economici e politici. Inoltre, mantenere la rivoluzione sempre viva anche all’interno, permetteva di evitare che il comunismo si trasformasse in dittatura. Il dibattito era necessario anche per mantenere un rapporto costante con il popolo e per evitare lo scollamento della base e del Governo. La rivoluzione permanente delle idee avrebbe evitato il cristallizzarsi o l’incancrenirsi del potere. Alla fine la ricchezza si concentrò nelle mani di poco invece che nelle mani dello Zar. L’Internazionale del 1919 ha chiesto a tutte le Nazioni di seguire l’esempio della Russia. I rivoluzionari si sarebbero dovuti dissociare dai socialisti riformisti per entrare nella Terza Internazionale.


GLI SVILLUPPI DELLA RIVOLUZIONE RUSSA


Il pensiero socialista elaborato da Marx ed Engels determinò in Russia una sanguinosa guerra civile fra i “rossi” (sostenitori del regime comunista dei soviet) e i “bianchi” (filozaristi, kulaki, borghesi nazionalisti e militari).

Temendo la diffusione della rivoluzione, le potenze capitalistiche dell’Intesa (Francia, Inghilterra, Giappone, Stati Uniti) sostennero le truppe “bianche” con vari attacchi militari (1918). Il governo sovietico per salvare la propria indipendenza, creò l’Armata rossa (guidata da Lev Trotskij), che riuscì a sconfiggere gli avversari e a porre fine alla guerra civile. Sterminata la famiglia imperiale (17 luglio 1918), qualche mese dopo fu proclamata la Repubblica socialista federativa sovietica russa; in seguito i bolscevichi imposero il Partito comunista russo come partito unico e crearono una brutale polizia di Stato (Ceca, e poi Gpu) destinata a reprimere i nemici della rivoluzione.

Il leader comunista Lenin intraprese un processo di rinnovamento della società russa (“tesi d’aprile”), abolendo la grande proprietà terriera privata, spartendo quella medio-piccola tra i contadini, confiscando i beni ecclesiastici e imperiali e stabilendo il controllo operaio sulle fabbriche. Queste misure non bastarono però a sollevare le masse della povertà e Lenin adottò il comunismo di guerra, un programma di controllo forzato su tutta la produzione, specialmente quella agraria (requisendo così, le derrate). Contadini e piccoli possidenti si opposero e il governo comunista rispose con dure repressioni che fecero crescere il clima di terrore. Ad aggravare la situazione intervenne la crisi agricola dovuta al calo della produzione nazionale e alle avverse condizioni climatiche.

Di fronte al malessere generale Lenin decise di attenuare il rigore della sua politica e diede corso al Nep (Nuova politica economica), che prevedeva l’apertura al libero commercio, l’aumento dei prodotti disponibili per il consumo, la prospettiva di profitti privati e una maggiore libertà per i contadini; vi furono risultati positivi anche nell’industria e nel settore operaio. Lenin intraprese inoltre una lotta all’analfabetismo e incentivò la diffusione della cultura, migliorò le condizioni igienico-sanitarie della popolazione, ma continuò a mantenere un atteggiamento di chiusura nei confronti della religione. In occasione del primo congresso dell’Unione dei soviet (30 dicembre 1922) venne creata l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, che fu dotata di una Costituzione; la direzione dello Stato fu affidata al Comitato0 centrale del Partito comunista, che deteneva il potere sulla base del principio marxista della dittatura del proletariato; il potere giudiziario fu attribuita alla Corte suprema dei soviet.

Nel 1919 Lenin istituì la terza internazionale al fine di organizzare i partiti comunisti dei vari paesi contro il capitalismo e di stabilire rapporti di politica internazionale che favorissero anche il riconoscimento ufficiale dell’Urss. La discussione di focalizzò su due obiettivi contrapposti: “rivoluzione permanente” (Trotskij) e “socialismo in un Paese solo” (Stalin)


LA RIVOLUZIONE RUSSA TESINA


La Rivoluzione russa dell’ottobre 1917 fu uno degli avvenimenti più importanti del XX secolo. Essa portò all’insediamento in Russia del primo governo comunista del mondo. Il sistema comunista ha governato l’Unione Sovietica fino al 1989. La Rivoluzione di ottobre fu anticipata da altre due rivoluzioni. La prima avvenne nel 1905 e portò pochi cambiamenti. La seconda scoppiò nel febbraio del 1917 e rovesciò la monarchia degli zar che guidava il paese.

UN GIGANTE ARRETRATO

All’inizio del XX secolo la Russia era una nazione molto arretrata, specialmente se confrontata alle altre nazioni europee. Essa non aveva infatti vissuto lo sviluppo economico e industriale che aveva trasformato l’Europa nel XIX secolo. La maggior parte delle persone viveva ancora nelle campagne e praticava l’agricoltura come ai tempi del Medioevo. Il governo russo era guidato da un monarca chiamato zar (titolo che deriva dal latino caesar, ovvero “cesare”), che deteneva il potere assoluto. Agli inizi del XX secolo lo zar era Nicola II, appartenente alla famiglia dei Romanov.

LA RIVOLUZIONE DEL 1905

Nel 1904 la guerra contro il Giappone peggiorò la situazione in Russia, già provata da una forte crisi economica. La guerra per il possesso della Manciuria e della Corea durò fino al 1905, quando i russi si arresero alle forze giapponesi. La sconfitta mise in luce le debolezze della Russia e quelle dello zar.

Il 22 gennaio 1905 i lavoratori organizzarono una manifestazione pacifica a San Pietroburgo, per chiedere alcune riforme. Arrivati davanti al Palazzo imperiale, furono colpiti dalla polizia che sparò sui manifestanti, uccidendo centinaia di persone. In tutta la Russia scoppiarono rivolte e dimostrazioni a sostegno dei morti nella cosiddetta domenica di sangue. L’agitazione proseguì per tutta l’estate, con scioperi tra i lavoratori delle fabbriche e ammutinamenti nelle forze armate. I contadini che erano giunti dalle campagne nelle città per lavorare nelle nuove industrie protestavano per i salari troppo bassi e per le pessime condizioni di lavoro.

Nelle grandi città i lavoratori si organizzarono in consigli, che in lingua russa si chiamano soviet. Essi chiedevano più diritti politici e condizioni lavorative migliori. Nell’ottobre del 1905 tutta la Russia era percorsa da scioperi e sembrava sul punto di sfuggire al controllo dello zar e dei suoi ministri.

Nicola II fu costretto a fare alcune concessioni. Egli autorizzò una serie di cambiamenti, noti come Manifesto di ottobre. Promise la nascita di un’assemblea chiamata Duma, eletta direttamente dal popolo. La Duma avrebbe avuto il potere di approvare e di modificare le leggi. Approvò inoltre l’introduzione di nuovi diritti civili, tra i quali la libertà di parola, ovvero la possibilità di opporsi apertamente al governo senza il timore di essere arrestati.

Queste riforme permisero a Nicola II di riprendere il controllo della polizia e dell’esercito. I suoi oppositori più radicali, favorevoli all’abolizione della monarchia, furono uccisi, imprigionati o esiliati. Le riforme del Manifesto di ottobre, però, furono introdotte solo parzialmente. I problemi più gravi della Russia non era stati risolti né dalle proteste né dalle riforme dello zar.

LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO

La prima guerra mondiale fu molto dura per la Russia: milioni di persone morirono in battaglia e per fame. Agli occhi di tutti fu chiaro che lo zar non sapeva governare. Egli subiva totalmente l’influenza del monaco Rasputin, il quale sosteneva di poter guarire il figlio dello zar, l’erede al trono Alessio, da tempo affetto da una grave malattia. La famiglia reale aveva per Rasputin una considerazione talmente elevata da permettergli di interferire nelle decisioni di governo, inclusa la nomina di generali e ministri.

Ai primi di marzo del 1917 (che corrispondevano circa all’ultima settimana di febbraio secondo il calendario giuliano usato a quel tempo in Russia), una manifestazione contro la mancanza di pane si trasformò in una rivolta armata alla quale parteciparono anche reparti ammutinati dell’esercito. Davanti ai disordini, lo zar, ormai abbandonato dalla popolazione e dai suoi ministri, fu costretto ad abdicare. La dinastia dei Romanov, che vantava oltre 300 anni di storia, era finita. Lo zar fu sostituito da un consiglio di membri scelti nella Duma, che diedero vita al cosiddetto governo provvisorio. Questi fatti passarono alla storia con il nome di rivoluzione di febbraio. In questa atmosfera di profondo sconvolgimento, i lavoratori delle città russe si riunirono di nuovo nei soviet (consigli), così come avevano fatto nel 1905.

Il governo provvisorio, guidato da Aleksandr Kerenskij, era contrario alla prima guerra mondiale, ma voleva portarla a termine per ottenere qualche vantaggio territoriale ed economico per la Russia. Per alcuni mesi il nuovo governo ebbe un largo consenso tra la popolazione ma, dal momento che la situazione in Russia andava peggiorando, la popolarità scese velocemente.

In estate il governo provvisorio ordinò un attacco massiccio contro la Germania, in uno sforzo quasi disperato di vincere la guerra. L’offensiva fallì in modo disastroso, e provocò numerose diserzioni e il collasso dell’esercito russo. Sempre in estate, un generale russo di nome Lavr Kornilov marciò su San Pietroburgo, con l’intenzione di sciogliere i soviet dei lavoratori. Per fermare Kornilov, Kerenskij autorizzò l’invio di armi ai soviet e a un piccolo gruppo di comunisti chiamati bolscevichi. Alla fine le truppe di Kornilov furono persuase a non attaccare i soviet. Schieratosi dalla parte dei soviet, Kerenskij perse però l’appoggio dei comandanti dell’esercito.

L’incapacità di Kerenskij di riportare la stabilità in Russia gli costò l’appoggio del popolo, che si rivolse ai gruppi più radicali. I bolscevichi, guidati da Lenin, erano l’ala più radicale del Partito socialdemocratico russo: il loro obiettivo era la nascita di un regime comunista in Russia. Essi dichiararono pubblicamente la propria opposizione al governo provvisorio e chiesero la fine immediata della guerra. I loro slogan “tutto il potere ai soviet” e “pane e pace”, gli diedero grande popolarità tra la popolazione.

LA RIVOLUZIONE DI OTTOBRE

Il governo provvisorio non riusciva a mantenere il controllo di un paese che stava rapidamente sprofondando nel caos. Approfittando dell’anarchia che si stava diffondendo in una Russia stremata dalla guerra, nella notte tra il 6 e il 7 novembre alcuni gruppi di bolscevichi armati, guidati da Lenin, presero il controllo di San Pietroburgo. Questo episodio passò alla storia come rivoluzione di ottobre (va di nuovo ricordato che il calendario russo era indietro di alcune settimane). In altre città della Russia altri gruppi bolscevichi si sollevarono contro il governo. A Mosca essi impiegarono dieci giorni per conquistare il controllo della città. Altrove fu molto più facile. Sebbene i bolscevichi non fossero che un piccolo partito, privo di un forte consenso popolare, essi erano molto determinati e avevano un’idea molto chiara di cosa si dovesse fare per conquistare il potere.

LA FINE DELLA GUERRA

Tra le prime decisioni prese dai bolscevichi vi fu quella di porre fine alla guerra. Nel marzo del 1918, nella città di Brest-Litovsk, fu firmato un trattato di pace. La Russia cedette alla Germania una parte consistente dei propri territori occidentali. Il capo della delegazione di pace russa era il leader bolscevico Lev Trotzkij, al quale non importava molto di dover fare delle rinunce. Egli era convinto che presto tutta l’Europa avrebbe avuto la sua rivoluzione bolscevica, e di conseguenza aveva fiducia nel fatto che i territori perduti sarebbero stati restituiti alla Russia dai futuri regimi comunisti amici.

LA GUERRA CIVILE IN RUSSIA

Sebbene avessero conquistato il potere, i bolscevichi non erano riusciti a eliminare tutti i loro oppositori. In seguito all’enorme perdita di territori in favore della Germania, si diffuse l’ostilità verso Lenin e i suoi uomini. Tra il 1918 e il 1921 una feroce guerra civile divampò tra i comunisti e una coalizione di forze di opposizione, conosciuta come i bianchi. Guidati in modo intelligente e spietato da Trotzkij, alla fine i bolscevichi ebbero la meglio sui loro avversari, i quali erano invece male organizzati e godevano di pochissimo sostegno da parte del popolo. Per la maggior parte dei russi essi simboleggiavano infatti la vecchia e disprezzata monarchia.

Nel corso della guerra civile, i bolscevichi uccisero l’ex zar Nicola e tutta la sua famiglia per impedire che fossero liberati dai bianchi.

LA CREAZIONE DELLO STATO SOVIETICO

Dopo la fine della guerra civile, il regime comunista prese il posto della vecchia monarchia assoluta. Ogni forma di opposizione fu messa al bando. Ogni sciopero, ogni tentativo di ammutinamento e ogni dimostrazione contro il potere bolscevico furono puniti. Nel 1922 i bolscevichi annunciarono la costituzione dell’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). L’impero russo degli zar era scomparso per sempre. Lenin, il leader della rivoluzione di ottobre, morì nel 1924. Gli succedette un altro leader bolscevico, Stalin, che instaurò uno dei più crudeli e sanguinari regimi della storia dell’umanità.

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EVENTI DA FEBBRAIO A OTTOBRE


Mentre infuria il primo conflitto mondiale, la mancanza di cibo provoca un’ondata di scioperi che colpiscono Pietrogrado (3/1917)

I militari ricevono l’ordine di soffocare i moti di protesta: muoiono 40 civili

La guarnigione militare si ribella e fraternizza con gli operai, occupando il Palazzo d’Inverno, sede del governo, su cui viene issata una bandiera rossa.

Nicola II abdica e viene formato un sistema di governo provvisorio misto con la Duma (il parlamento istituito nel 1905, teso a risolvere la crisi in modo liberal-costituzionale) e i Soviet (comitati di operai e soldati che controllano il governo e il cui comitato centrale ha sede a Pietrogrado).

Obiettivo del governo provvisorio è continuare la guerra nel tentativo di occidentalizzare e modernizzare il Paese. Condividevano questa prospettiva:

i Menscevichi, letteralmente “la minoranza”, nati dal PSD (fondato nel 1898, elettorato operaio) dopo la scissione dai Bolscevichi (“la maggioranza”) di Lenin

i Socialisti rivoluzionari, partito sostenuto soprattutto dai contadini, in particolare la corrente dei democratico-radicali di Kerenskij

Menscevichi e Socialisti rivoluzionari democratici ritenevano inevitabile una fase democratico-borghese, mentre i Bolscevichi sostenevano che solo la classe operaia avrebbe potuto guidare la reale trasformazione del Paese.

Lenin pubblica sulla “Pravda” (“Verità”) le sue tesi di aprile (4/1917):

occorre abbattere il capitale per porre fine alla guerra imperialistica e capitalistica (in tal modo Lenin ribaltava la teoria marxista secondo la quale sarebbero stati i Paesi dal capitalismo maturo i primi a maturare le condizioni per la rivoluzione socialista)

potere al proletariato

potere ai Soviet, cui spetta il controllo dell’agricoltura e dell’industria

nazionalizzazione delle terra (vs riforma agraria pro kulaki del 1905)

Lenin è vs tesi mensceviche (secondo cui occorrerebbe un periodo di sviluppo industriale capitalistico per risollevare il Paese) e vuole una pace “senza condizioni né annessioni”.

Stessa tesi pacifista incarna il nuovo governo del socialrivoluzionario Kerenskij, il quale però è paralizzato dalla crisi dello Stato e dallo Sfaldarsi dell’esercito. I moderati oppongono al debole Kerenskij un uomo forte, il generale Kornilov.

Per scongiurare la crisi Kerenskij chiama a raccolta le forze socialiste e stronca il tentativo di colpo di stato di Kornilov. Kerenskij esce però indebolito poiché ha dimostrato di non potercela fare da solo, mentre i bolscevichi sono rafforzati.

La rivoluzione d’ottobre

Lenin approfitta di tale debolezza per suscitare l’insurrezione armata dei blscevichi (25 ottobre 1917, corrispondente al 7 novembre del calendario occidentale): il Soviet di Pietrogrado ottiene il potere agevolmente, senza incontrare resistenza. Anima di tale azione rivoluzionaria è Trotzkij che ha organizzato le guardie rosse (milizie operaie armate)

Il governo (composto esclusivamente da boslscevichi) è affidato a un Consiglio dei Commissari del Popolo (Lenin, Trotzskij, Stalin)

La RUSSIA non può più combattere, affamata e sull’orlo di una guerra civile, così Lenin:

decide di intavolare trattative di pace con gli Imperi Centrali ( che sfoceranno nella pace di Brest-Litovsk del 3/1918),

imponendo poi la nazionalizzazione della terra e

il controllo operaio delle fabbriche

I menscevichi si limitano a protestare per l’azione violenta dei bolscevichi, attendendo fiduciosi le elezioni del novembre 1917. Dalle quali escono però vincitori i socialisti rivoluzionari.
I bolscevichi di Lenin non intendono ovviamente rinunciare al potere appena conquistato e dunque Lenin decide di sciogliere la Assemblea Costituente con la forza, riconoscendo al solo proletariato il diritto di guidare il processo rivoluzionario.

Come uniche forme di potere e governo restano i Soviet e il Partito Bolscevico, ponendo le basi per una vera dittatura di partito.

Dittatura e guerra civile (1918-1920)

I bolscevichi devono affrontare un compito impegnativo: gestire un Paese tanto immenso quanto arretrato. A questa missione fa da sfondo la teoria di Lenin espressa in Stato e rivoluzione secondo la quale lo Stato stesso è destinato a scomparire (come già diceva Marx) e le masse saranno autogovernate dai Soviet.

La firma della pace di Brest-Litovsk (marzo 1918) fu vista da molti come un tradimento a causa delle pesanti condizioni di pace imposte. Crebbe dunque l’appoggio alle forze antibolsceviche:

monarchici e zaristi

conservatori e nazionalisti

kulaki (in favore dello zar, contro la nazionalizzazione delle terre che li aveva penalizzati fortemente; sono stanziati soprattutto in Ucraina)

Le armate bianche sono sostenute anche dalle truppe anglo-francesi sbarcate nel Nord della Russia (primavera 1918). Per timore che lo zar sia liberato dall’Intesa, lui e la famiglia, tenuti prigionieri in Siberia, vengono giustiziati. Per analoghi timori, la capitale viene spostata da Pietrogrado a Mosca.

Si accentuano i caratteri dittatoriali del regime:

nasce la Ceka, la polizia politica

viene istituito il Tribunale rivoluzionario centrale che reintroduce la pena di morte (abolita con la rivoluzione di ottobre) per eliminare i “nemici del popolo” (arresti arbitrari, esecuzioni sommarie)

l’esercito si riorganizza nella Armata Rossa degli Operai e dei Contadini guidata da Trotzkij

La guerra civile volge in favore dell’armata Rossa, poiché i bianchi:

sono divisi internamente

perdono l’appoggio delle truppe dell’Intesa che si ritirano dal fronte per il timore che il messaggio rivoluzionario diffusosi tra i soldati possa essere esportato in Occidente

Nella primavera del 1920, dopo due anni di feroci scontri e milioni di vittime (per guerra e carestia), la guerra civile si conclude con la vittoria dell’Armata Rossa bolscevica.

Subito però approfitta della debolezza russa la Polonia, in un conflitto (1920-21) al termine del quale riesce a sottrarre Ucraina e Bielorussia alla Russia. Quest’ultima, sconfitta sul campo, vede però accresciuta la propria coesione nazionale.

Dal comunismo di guerra alla NEP

Nel 1919 Lenin decise di fondare la Terza Internazionale (dopo l’esperienza della Prima, 1864-75, e della Seconda Socialista, 1889-1914). L’indirizzo rivoluzionario bolscevico, che si richiama esplicitamente all’esperienza della Comune di Parigi (1870-71), porta alla nascita del Partito Comunista (Boscevico) di Russia come guida della Terza Internazionale Comunista (Comintern). Il PCUS impone rigide regole agli altri partiti comunisti aderenti al Comintern, divenendo il riferimento del comunismo mondiale, ma in Occidente i partiti comunisti restano comunque minoritari rispetto ai socialisti.

L’economia russa, già provata dal primo conflitto mondale, è duramente messa alla prova dalla guerra civile, per affrontare la quale Lenin impone il “comunismo di guerra” (1918-1920): risorse e beni vengono sequestrati agli agricoltori ritenuti benestanti per sostenere le truppe dell’Armata Rossa. Si incoraggiano le fattorie collettive (kolchoz) e statali (sovchoz). Vengono nazionalizzati i settori più importanti dell’industria.

Risultato: l’esercito è sostenuto, ma l’economia è in profonda crisi. La terribile carestia del 1921 (3 mln di morti di fame) colpisce l’immagine del regime sovietico e induce Lenin ad abbandonare l’esperimento del comunismo di guerra e a indirizzarsi verso una Nuova Politica Economica (NEP).

La NEP (1922) stimola la produzione agricola concedendo il libero mercato ai contadini (riemerge così il ceto dei contadini ricchi, i Kulaki), liberalizza il commercio e la piccola industria (mantenendo però il controllo statale delle banche e dei grandi gruppi industriali). Per quanto riguarda la politica estera, la NEP aspirava a relazioni commerciali con l’occidente, in modo da beneficiare dei normali scambi tipici del sistema capitalista.

Nonostante questo l’economia rimane ancora in gravi difficoltà, i salari sono bassi e gli operai, che avrebbero dovuto beneficiare della rivoluzione comunista, pagano il prezzo più alto.

L’URSS: da Lenin e Stalin

Nel 1922 viene sancita la nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Il nuovo Stato ha dunque carattere federale. Il potere supremo viene affidato al Congresso dei Soviet. Il potere reale è di fatto nelle mani del Partito Comunista Sovietico (PCUS) che lo esercita tramite la polizia politica e all’insegna di un rigido centralismo.

I bolscevichi conducono una ferrea opposizione contro la Chiesa Ortodossa, promuovendo la scristianizzazione del Paese anche tramite la legalizzazione del divorzio e dell’aborto.

L’istruzione fu resa obbligatoria fino ai 15 anni, privilegiando però l’istruzione tecnica e l’indottrinamento marxista.

Nel 1922 Stalin viene nominato segretario generale del PCUS (posizione di grande potere), mentre Lenin viene colpito da malattia (muore nel 1924). A Stalin si oppone Trotzkij che vorrebbe ridare più spazio alla democrazia sovietica contro il rigido centralismo partitico di Stalin. Trotzkij, anima militare della rivoluzione d’ottobre e della guerra civile, era stato designato dallo stesso Lenin a succedergli.

Trotzkij sosteneva che l’URSS avrebbe dovuto uscire dall’isolamento internazionale e farsi promotrice di un processo che estendesse la rivoluzione socialista in tutto l’occidente. Alla “rivoluzione permanente” di Trotzkij, Stalin opponeva invece il “socialismo in un solo Paese”: l’URSS aveva le forze per fronteggiare l’ostilità del sistema capitalista occidentale che non doveva essere abbattuto con la violenza e del quale aveva anzi bisogno per migliorare le proprie condizioni economiche, sulla scia di quanto previsto dalla NEP di Lenin.

Tra il 1924 e il 1925 le potenze occidentali riconobbero l’URSS e ripresero normali rapporti diplomatici: questo contribuì a rafforzare la posizione di Stalin contro Trotzkij. Stalin si poteva presentare così come il vero erede di Lenin, continuatore della NEP leninista (appoggiato in questo anche da Bucharin), mentre Trotzkij stesso veniva accusato di ricusare i principi leninisti (mentre in realtà Trotzkij non faceva altro che essere fedele ai principi bolscevichi del “primo Lenin”). Trotzkij fu poi deportato, quindi espulso dall’URSS.

Si chiudeva dunque la prima fase della rivoluzione comunista e si apriva la nuova fase della dittatura personale di Stalin.