LA RIFORMA PROTESTANTE

LA RIFORMA PROTESTANTE

Le speranze di una riforma profonda della chiesa, diffusesi a partire dall’XI secolo, erano sempre andate deluse. Tra i molti mali dell’organismo ecclesiastico particolarmente scottante era quello dell’acquisto dell’indulgenza, pratica che al principio del ‘500 era molto diffusa. Ad una condanna del principio steso dell’indulgenza come strumento di salvezza furono dedicate le 95 tesi di Lutero (1517). Invitato a giustificarsi presso il papa, Lutero approfondì invece la sua critica, imperniata sulla giustificazione per fede e sul sacerdozio universale dei credenti (che implicava tra l’altro un rapporto diretto del fedele con Dio e la riduzione del papato ad istituzione esclusivamente umana). Dopo la condanna papale Lutero si appellò all’imperatore Carlo V; nella Dieta di Worms gli fu chiesta una ritrattazione, che egli rifiutò provocando la condanna dell’imperatore. Mentre, rifugiatosi nel castello dell’elettore di Sassonia, suo protettore, attendeva alla traduzione della Bibbia e alla stesura di nuovi scritti, le sue idee dilagavano in molte zone della Germania trovando l’approvazione di gente di ogni condizione sociale. La diffusione delle idee luterane fu enormemente favorita dall’uso della stampa e della lingua volgare. L’uso del volgare rappresentò una rivoluzione culturale, giacché fece perdere a chierici e dotti il privilegio di essere gli unici lettori di testi sacri. Inoltre il luteranesimo alimentò per facilitare un accesso diretto alla Sacra Scrittura, la lotta contro l’analfabetismo. Parallelamente alla diffusione del luteranesimo in due terzi della Germania, fu sancita la spaccatura dei principi tedeschi. L’altro grande centro della Riforma fu la Svizzera, dove le nuove dottrine furono introdotte da Zwingli. Questi non aveva la competenza teologica di Lutero, e la sua azione, che ebbe centro a Zurigo, si caratterizzò piuttosto sul piano politico e organizzativo valendosi dell’accordo con le autorità cittadine. Di contro alla prudenza di Zwingli, gli anabattisti sostenevano la necessità di dar vita immediatamente a una comunità di fedeli puri. La diffusione della Riforma si arrestò, in Svizzera, con la vittoria di un esercito cattolico contro gli zurighesi. L’attività del francese Calvino ebbe a suo centro Ginevra, dove egli riuscì a costituire un modello di società imperniato sull’idea di predestinazione. Tutta la vita sociale veniva ad essere strettamente controllata, con un’intransigenza che sfociò anche nel terrore (lo spagnolo Serveto fu bruciato sul rogo come eretico). Con il calvinismo che riconosceva un ruolo importante alle attività commerciali, tramontava l’etica medievale. L’area di diffusione della Riforma in Europa fu molto vasta. In Francia ebbe successo il calvinismo, che si diffuse anche in Ungheria e nei Paesi Bassi, più del luteranesimo, che si impose nell’Europa settentrionale. In Inghilterra, Enrico VIII diede vita – dopo il rifiuto del papa di annullare il suo matrimonio – alla Chiesa Anglicana (1534): si trattava di uno scisma, senza rotture irreparabili sul piano teologico. Solo in seguito l’anglicanesimo aderì al protestantesimo. In Scozia, con Knox prevalse il calvinismo. In Italia la Riforma ebbe una limitata diffusione e non diventò mai un movimento popolare, sia per la mancanza della profonda avversione alla chiesa di Roma che esisteva in altri paesi, sia per la dipendenza dei signori dal papa e dall’imperatore. Grande influenza ebbe Valdès, i cui seguaci furono giustiziati o dovettero emigrare. Questi emigrati ebbero una grande influenza sulla cultura europea, spesso portandovi idee più radicali di quelle dei luterani e dei calvinisti