LA RESTAURAZIONE 1814-1830

LA RESTAURAZIONE 1814-1830

Finita l’età napoleonica e con essa il grande sogno di Bonaparte di unificare l’Europa, di fare dei vari popoli un unico corpo nazionale, si era rafforzato da per tutto, e principalmente in Spagna e in Germania, il sentimento nazionale contro la Francia. Distruggendo l’apparato feudale del Sacro Romano Impero Germanico (1806), Napoleone aveva preparato la via per una Germania economicamente e politicamente unificata L’influenza del codice civile e delle politiche unitarie esportate dalla Francia diede il via alla grande riforma dello stato Prussiano,intrapresa da Stein nel 1806. L’opera europea di Napoleone I fu essenzialmente rivoluzionaria: a essa occorre far risalire tutti i movimenti rivoluzionari del XIX sec. Le conseguenze sarebbero state gravi per l’avvenire della Francia. Per interi secoli, la forza essenziale della Francia era stata quella di costituire il solo grande stato nazionale del continente, di fronte agli Asburgo austriaci o spagnoli che regnavano su popoli diversi, degli interessi spesso opposti disseminati in Fiandra, in Germania in Italia. Al termine dell’avventura napoleonica, la Francia perdette per sempre questo grande atout. Le idee che aveva lanciato nel mondo avrebbero capovolto completamente il vecchio equilibrio europeo: le colonie spagnole d’America si erano liberate in nome dei principi del 1789, e la Spagna aveva cessato il ruolo di grande potenza, lasciando l’Inghilterra signora assoluta dei mari; l’insurrezione delle nazionalità rendeva esplosiva la situazione dell’Italia, dell’Europa centrale, dei Balcani, preparava il crollo dell’impero d’Austria e dell’Impero ottomano, orientava i popoli germanici verso una Prussia rigenerata, che possedeva ora una frontiera comune con la Francia: Nel1810 l’impero napoleonico si estendeva da Amburgo a Roma, dal mare del Nord all’Adriatico e comprendeva 130 dipartimenti. Nel 1814 , la Francia rea tornata agli antichi confini, e l’ora della sua egemonia sull’Europa era trascorsa per sempre.
La Restaurazione (1814-1840) Caduto Napoleone, confinato all’isola d’Elba gli alleati restaurano i Borbone, senza grande entusiasmo perché non avevano altre soluzioni, la Restaurazione si compì, con il concorso dei burocrati, i quali pensavano solo a conservare il posto, e senza resistenza da parte di una popolazione stanca della guerra. I Borbone consacrarono di fatto l’opera rivoluzionaria e imperiale: l’eguaglianza di fronte alla legge, le libertà individuali, di culto, di lavoro, di commercio erano mantenute, come pure il codice civile e l’amministrazione centralizzata. Luigi XVIII concesse ai francesi la carta costituzionale, che limitava espressamente i poteri del re all’esecutivo, ispirandosi ai sistemi inglesi, essa istituiva un consiglio dei ministri nominato dal re, una camera dei deputati, eletti dai grandi contribuenti, che era incaricata di votare le leggi e il bilancio, e una camera dei pari nominata a vita dal re. Compromesso tra il vecchio regime e il nuovo questa lasciava a quest’ultimo la parte del leone. Dell’Ancien Regime rimaneva solo la vernice esterna: per sottolineare la continuità con la monarchia, Luigi XVIII firmò la carta nel suo diciannovesimo anno di regno, sostituì la bandiera tricolore con quella bianca, diede agli emigrati tornati in Francia le cariche di corte risuscitate coi vecchi titoli e il vecchio cerimoniale. Queste parole questi simboli già desueti furono sufficienti a inquietare l’opinione pubblica: la borghesia temette di vedere rimesso in discussione il possesso dei beni nazionali; gli ufficiali dell’armata imperiale ridotti a mezza paga, s’irritarono per l’ozio in cui vivevano; la bandiera bianca era detestata quasi da tutti.
Napoleone approfittò di questo malcontento e tornato dall’isola d’Elba fu seguito dall’esercito e dal popolo, mentre il re fuggiva in Belgio. Ma sua avventura durò soltanto cento giorni e il suo sogno si infranse definitivamente a Waterloo (1815). Ma lasciò tracce durature nella vita politica francese. Essa realizzò la congiunzione tra bonapartismo e liberalismo, contro cui si sarebbero infranti i tentativi francesi di monarchia costituzionale, nel XIX sec. Quando Luigi XVIII salì nuovamente sul trono la Francia era divisa in due campi ostili, eppure il re si ostinò nella sua opera di riconciliazione: non poté evitare gli eccessi del terrore bianco, ma i tribunali condannarono soltanto alcuni capi che avevano tradito il giuramento di fedeltà prestato al re nel 1814. La carta fu lievemente modificata e il potere regale rafforzato. La restaurazione fu per la Francia un periodo di apprendistato del regime parlamentare. Le sue basi erano certo ancora ristrette: il censo ancora molto elevato riduceva il numero degli elettori a circa 90.000 proprietari terrieri, commercianti e industriali; i ministri erano responsabili solo davanti al re. Erano proprio i ministri tuttavia, che esercitavano il vero potere. Durante la Restaurazione si svilupparono le lotte tra i partiti, si cominciò a parlare della destra, del centro e della sinistra,secondo i posti occupati nell’assemblea dei deputati delle varie tendenze. I costituzionali che sedevano al centro erano gli unici soddisfatti della carta. A destra gli ultra-realisti, che si rifacevano alle idea tradizionaliste di De Bonald e De Maistre, e riponevano le loro speranze nel conte d’Artois, il futuro Carlo X, chiedevano che venissero restituiti i loro beni agli emigrati e abolito il concordato. A sinistra , i liberali avevano come capi dei finanzieri (Lafitte, Casimir Perir), degli ex repubblicani (La Favette), dei militari attaccati alla bandiera tricolore (il generale Foy),degli intellettuali che si atteggiavano volentieri a volteriani (B: Costant, P., L. Courier), La diffusione delle idee politiche fu facilitata dal regime liberale della stampa, ma i giornali soggetti a una cauzione elevata,non raggiungevano le classi popolari. In realtà la Restaurazione fu il regime della grande borghesia finanziaria e industriale. All’esterno la Francia non era in grado di condurre una politica attiva: l’Europa era decisa, dopo ventenni di guerra a tenerla sotto stretta sorveglianza. Almeno la Restaurazione aveva impedito lo smembramento del paese: Tuttavia il governo dei Borbone non riuscì a diventare mai veramente popolare, il regime elettorale basato sul censo escludeva quasi tutta la nazione dalla partecipazione agli affari pubblici; il paese si comprometteva per la sua collusione con una maldestra reazione clericale; la leggenda napoleonica cominciava a diffondersi nel paese, alimentando sogni di gloria militare. L’assassinio del duca di Berry (1820) provocò la caduta di Decazes e l’arrivo al potere degli ultrà con Villèle: da allora il regime seguì una fatale evoluzione, che si accentuò sotto il regno di Carlo X (1824-1830) il clericalismo si rafforzò, estese il suo controllo sull’università, sui funzionari e sull’esercito; fu istituita la legge del doppio voto che permetteva ai più ricchi di votare due volte; manifestazioni come la consacrazione di Carlo x a Reims e la legge sul sacrilegio ferirono la borghesia volterrana; la “legge di giustizia e di amore”, depositata nel 1827 per sopprimere la libertà di stampa fallì davanti alla potente opposizione liberale e Carlo X tentò tre volte di sospendere il regime costituzionale. Messo in allarme dai giornali dell’opposizione, il popolo pariginosi sollevò e le”tre giornate gloriose” (27-29-luglio 1830), portarono alla caduta dei Borbone e all’avvento di Luigi Filippo d’Orleans, candidato della borghesia liberale guidata da Thiers