LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

PARAFRASI ANALISI E COMMENTO


PARAFRASI

La tempesta è passata: sento gli uccelli che fanno festa, e la gallina, tornata sulla via, che ripete il
suo verso. Ecco il sereno appare improvvisamente da ponente (ovest), verso la montagna; si
sgombra (dalla nebbia) la campagna e appare chiaro il fiume nella valle. Ogni animo si rallegra, da
ogni parte riprende il rumorio (soliti rumori), riprende il consueto lavoro. L’artigiano guarda il cielo
umido con la sua opera in mano e cantando (segno di gioia) si affaccia sull’uscio. In fretta esce la
fanciulla a raccogliere l’acqua piovana appena caduta; e l’ortolano ambulante ripete di sentiero in
sentiero il consueto grido. Ecco che torna il sole, ecco spende sulle colline e le case. La servitù
apre le finestre, le porte dei terrazzi e le logge: e dalla via maestra si sente da lontano il tintinnio di
sonagli; stride il carro del viandante che riprende il suo viaggio. Ogni animo si rallegra. Quando la
vita è così dolce e così gradita come ora? Quando l’uomo con tanta passione si dedica alla sua
occupazione? O torna al lavoro? O intraprende una cosa (attività) nuova? Quando dei suoi mali
nemmeno si ricorda? Il piacere è generato dall’affanno; gioia vana (tolto il dolore, anche il piacere
sparirebbe), frutto del timore passato (cessato), a causa del quale (timore) colui che odiava la vita
arrivò a temere la morte; a causa del quale in un lungo tormento, le persone agghiacciate, mute,
pallide (dalla paura) sudarono freddo e palpitarono vedendo i fulmini, nubi e vento rivolti verso di
loro. O natura generosa (ironicamente), questi sono i tuoi doni, le gioie che offri ai mortali
(constatazione). Sfuggire al dolore è per noi motivo di gioia. Spargi abbondantemente le sofferenze;
il dolore nasce spontaneamente: e quel poco piacere che talvolta, per prodigio e miracolo,
scaturisce dall’affanno è davvero un gran guadagno. O genere umano caro agli dei! Puoi ritenerti
molto felice se ti è concesso di tirare il fiato (breve tregua) da qualche dolore: beata le la morte ti
libera da ogni dolore.


COMMENTO

Questa poesia di Giacomo Leopardi narra che dopo una tempesta si sentivano gli uccelli che facevano festa e la gallina che ritornava nella sua via ripetendo il suo verso.
Così ritornava il sereno dove si irrompeva a ponente nella montagna e così la nebbia scomparsa dalla campagna e in questo il fiume si vedeva finalmente chiaro nella valle.
A questo punto il cuore delle persone si rallegrava e così da ogni parte si risentiva il rumorio perchè le persone ritornavano a svolgere il loro lavoro; l’artigiano si affacciava sull’uscio a vedere l’umido cielo cantando con il lavoro nelle sue mani; a gara usciva fuori la femminetta a raccogliere l’acqua della pioggia appena caduta; l’artigiano si affacciava sull’uscio a vedere l’umido cielo cantando con il lavoro nelle sue mani; a gara usciva fuori la femminetta a raccogliere l’acqua della pioggia appena caduta; l’erbaiolo andava per ogni sentiero facendo il suo grido di richiamo quotidiano.
Il sole ritornava illuminando le case di campagna; la famiglia apriva i balconi e le terrazze: nella via si sentiva in lontananza il rumore dei sonagli; il carro strideva del carrettiere che riprendeva il suo cammino.
Questo mi fa capire che una volta la vita era più calma, silenziosa e piena di sapori antichi che facevano sognare.
Invece oggi la vita è frenetica, piena di rumori e non si riesce più a respirare aria buona poichè è tutto inquinato.


Analisi del piano del significato della “Quiete dopo la tempesta”

La struttura della lirica riflette sul piano del significato la ripartizione interna (tre strofe di endecasillabi e settenari), creando inizialmente almeno due campi semantici opposti, che al centro del componimento si uniscono, con effetti di svelamento, mettendo in luce il nucleo compositivo principale, che coincide con il messaggio veicolato dal testo.

La prima strofa, infatti, è dominata da un campo semantico che potrebbe genericamente essere definito “positivo”: a questo appartengono, ad esempio, nomi come “festa”, l’aggettivo “chiaro”, i verbi “rallegra” e “sorride”. Questo generico campo specifica se stesso via via come sottolineatura di un elemento “vitale”, di cui è segno la forte progressione del movimento: a ciò può essere ricondotta la preponderanza netta di verbi di significato iterativo: “tornata”; “ripete”, “torna a mirar”; “fassi”, “vien fuor”, “rinnova”; “ripiglia”, che raggiunge l’apice al v. 9 con “risorge” A questo va aggiunta la presenza del “Sole”, o di aggettivi come “novella”, ed anche, allargando il piano, del verbo “apre”. A coronare il tutto rumori, ma soprattutto suoni di esseri viventi – animali e uomini: dai verbi “odo”, “odi” “cantando”, alla specificazione di ciò che è possibile ascoltare: “verso”, “romorio”, “grido” “tintinnio di sonagli”.

Nella seconda strofa il campo semantico precedente viene ripreso e capovolto: spia dell’inversione è il chiasmo tra i vv. 8 e 25 (“Ogni cor si rallegra”; “Si rallegra ogni core”); il periodo, prima solo paratattico, va ulteriormente frantumandosi e si dipana in una serie di proposizioni interrogative, legate le une alle altre da riprese e anafore (“si”, “sì” — da notare il gioco sulla perfetta identità di suono — “si”; “quando”, “quand’”, “quando”; disgiunzioni (“o”, “o”). Se quindi troviamo ancora “dolce” “gradita” “vita” “amore” “nova”, compaiono sul versante opposto “mali” “timore” “tormento” “sudar” “palpitar”, il centro è rappresentato dall’accostamento sintattico o grammaticale di termini dei due campi semantici opposti: “piacer figlio d’affanno”, “gioia vana” (con ossimoro concettuale) “paventò la morte chi la vita abborrìa”, per poi riprendere al v. 36 con “lungo tormento” e con l’accumulo degli aggettivi “fredde, tacite, smorte”, cui corrispondono, nell’ultimo verso della strofa, “folgori, nembi e vento” con climax discendente, contrapposti al Sole del v. 19. A sancire lo stacco intervengono anche i tempi verbali: il presente iterativo s’impenna all’improvviso traducendosi in un passato remoto “paventò” “aborrìa” “sudàr” “palpitàr”.

La terza strofa, riprendendo entrambi i campi semantici, completa il processo di commistione introducendo quale nuovo elemento una sfumatura di ironia: la “natura cortese”.


FIGURE RETORICHE

Iperbati: passata è la tempesta, questi i diletti sono/ che tu porgi ai mortali, e chiaro nella valle il fiume appare, de’ mali suoi men si ricorda.

In tutti questi casi il poeta cambiando l’ordine consueto delle parole, ne mette in evidenza alcune in particolare. Per esempio, nel primo caso l’ausiliare essere si trova in una posizione di rilievo: “passata è la tempesta”. In questo modo l’idea che la tempesta è terminata, che si tratta di un’azione conclusa, è ancora più accentuata e si percepisce quasi il sentimento di sollievo e di gioia  che ne consegue.

Nel secondo caso sottolinea il fatto che il fiume torna ad essere nitido all’orizzonte.

Nell’ultimo caso infine l’elemento posto in una posizione dominante è “mali”.

Metafore: piacer figlio d’affanno. Questo accostamento riassume il messaggio che il poeta vuole trasmettere: la felicità deriva dalla fine della sofferenza.

Sarcasmo: o natura cortese, doni (verso 43), diletti (verso 44), umana prole cara agli eterni.

Tutte queste espressioni usate in senso antifrastico si trovano nell’ultima strofa. Il poeta preferisce ricorrere a questa figura retorica piuttosto che esprimersi chiaramente; in questo modo le sue osservazioni si colorano di amarezza e si rivelano in tutta la loro drammaticità.

Anafore/ replicazioni: ogni cor si rallegra, in ogni lato- ecco il Sol che ritorna, ecco sorride – apre i balconi/ apre terrazzi… – dolce, gradita – son questi i doni tuoi/ questi i diletti sono – d’alcun dolor: beata se te d’ogni dolor morte risana…

La ripresa di alcune parole conferisce alla poesia una cadenza particolare,ritmica, dando maggiore enfasi al contenuto della frase.

Onomatopee: tintinnio, stride. Attraverso l’uso di parole onomatopeiche il poeta vuole forse rendere ancora meglio l’idea del suono che queste ultime cercano di evocare.

Allitterazioni: nella prima strofa si nota l’allitterazione del gruppo “ri” (ripete, risorge, rinnova, ritorna, ripiglia). Quest’ultimo rimanda a un’idea di ciclicità. Non  a caso in questa strofa  viene descritto il ritorno alle consuete attività quotidiane una volta finito il temporale e l’allitterazione del gruppo “ri” sembra voler sottolineare ancora di più l’idea della normalità che riprende il suo corso.