LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE RIASSUNTO

LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE RIASSUNTO

LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE RIASSUNTO


Usiamo la parola rivoluzione per indicare una profonda trasformazione economica e sociale.

Con l’aggiunta dell’aggettivo industriale vogliamo indicare che la profonda trasformazione fu dovuta all’utilizzazione continua e sempre più vasta di nuove tecnologie (derivanti da nuove scoperte scientifiche) per aumentare la produzione di beni e il sorgere di nuove industrie. La prima rivoluzione industriale fu quell’inglese, che iniziò intorno alla metà del Settecento. La rivoluzione industriale è stata forse il cambiamento economico più importante nella storia dell’umanità.

Prima della rivoluzione industriale

Prima della rivoluzione industriale la Gran Bretagna e la Francia erano paesi scarsamente popolati.

La speranza di vita dei loro abitanti non superava i trent’anni. La maggior parte degli inglesi e dei francesi erano contadini. Ogni agricoltore produceva solo pochi alimenti. Le città erano piccole e gli artigiani che vi risiedevano costruivano una quantità limitata di beni industriali.

I commerci erano pochi e i mezzi di trasporto poco sviluppati. La maggior parte della popolazione era povera.

Dopo la rivoluzione industriale.

Dopo la rivoluzione industriale, l’Inghilterra e la Francia divennero paesi molto popolati.

La speranza di vita degli abitanti aumentò.

Solo una minoranza di abitanti lavorava nei campi e pochi contadini bastavano per produrre molti alimenti.

Le città divennero enormi, dato che gran parte di quelli che prima lavoravano i campi si trasferì nelle città per lavorare nelle fabbriche e nei servizi.

Al posto degli artigiani le fabbriche della città producevano beni industriali su larga scala.

I commerci aumentarono moltissimo e le merci venivano trasportate su treni o navi a vapore.

La rivoluzione industriale inglese.

Abbiamo affermato che le fabbriche, pian piano, (in un processo che dura fino ai nostri giorni) sostituirono gli artigiani. Poniamoci ora la domanda: Come avvenne il passaggio dall’impresa artigianale alla fabbrica?

Per rispondere abbiamo bisogno di un esempio, per questo parleremo dell’industria tessile inglese. In Inghilterra in alcuni campi produttivi si ricorreva al lavoro a domicilio, cioè veniva consegnata direttamente a casa dei lavoratori la materia prima perché la lavorassero, trasformandola in prodotto finito. Uno di questi settori era quello della filatura della lana (filare significa ridurre in filo le fibre tessili come lana, seta, cotone).

Ecco come funzionava.

I mercanti anticipavano la materia prima, per esempio la lana, e la distribuivano tra le famiglie contadine. Durante i momenti in cui non vi era bisogno di lavorare in campagna i contadini filavano e tessevano a casa loro. Il mercante poi passava a ritirare i prodotti pagandoli un tanto al pezzo. I tessuti venivano poi rifiniti da artigiani in città, anch’essi pagati un tanto al pezzo.

Terminata questa fase produttiva il mercante si occupava del trasporto e della vendita.

Il fatto che veramente ci deve interessare in questo ciclo di produzione è che i mercanti intervenivano nel processo anticipando la materia prima ed entrando in possesso di un prodotto a un prezzo più basso del suo valore di mercato. Il profitto che ne ricavavano permetteva loro di accumulare del denaro (capitale) e di continuare a finanziare la produzione. Alcuni di questi mercanti furono i primi a concentrare la manodopera contadina e artigianale che prima lavorava a casa propria in vere e proprie fabbriche.

La fabbrica e i miglioramenti tecnologici. In certe regioni dell’Inghilterra il sistema del lavoro a domicilio aveva creato un gruppo di commercianti ricchi che già intervenivano nella produzione industriale anticipando le materie prime a contadini e artigiani. Alcuni di questi commercianti si trasformarono in imprenditori (coloro che danno vita a un’attività industriale o commerciale con capitali privati) quando scoprirono che i loro guadagni potevano essere molto più alti con la creazione di fabbriche che sostituissero la lavorazione a mano con quella meccanizzata, resa possibile dal raggruppamento delle attività in un solo edificio. L’introduzione di nuove tecnologie aumentò la produttività dell’industria tessile, accompagnata comunque da un aumento della richiesta di prodotti tessili industriali. La prima innovazione fu quella della Flying – shuttle “Spoletta volante”. Impiegando la nuova spoletta un tessitore poteva fabbricare quantità di panno tre o quattro volte superiori a quelle di uno che si serviva del vecchio telaio. Ma la spoletta volante ruppe l’equilibrio tra l’operazione della filatura e quella

della tessitura. Per sostenere la velocità media di un telaio tradizionale era necessario disporre di una quantità di filato pari a quella fornita da cinque fusi (arnesi per filare), ma la comparsa della spoletta volante moltiplicò la velocità della tessitura: da quel momento non bastavano più cinque fusi per alimentare un telaio, ma se ne richiedevano quindici o venti. I nuovi telai con la spoletta volante erano costretti a fermarsi. Per risolvere il problema venne inventata nel 1768 la Spinning – Jenny; nel 1769 venne inventato il filatoio a torsione (water – frame). Le soluzioni tecnologiche si susseguirono rapidamente, applicate però all’industria cotoniera. Una grande svolta si ebbe alla fine del Settecento quando si cominciò ad applicare l’energia del vapore a filatoi e telai. Fu James Watt a realizzare, nel 1782, la prima macchina a vapore veramente efficiente.

Il vapore e lo sviluppo delle fabbriche. In un primo tempo le fabbriche erano sorte nelle campagne, per sfruttare l’energia prodotta dallo scorrere dell’acqua (pensa ai mulini).Ma con l’applicazione della macchina a vapore alle filatrici meccaniche e ai telai le fabbriche vennero trasferite in città, dove si era più vicino ai mercati e dove si trovava più manodopera. La filatura a vapore situata in una grande città fu il primo vero modello di fabbrica industriale moderna.

Sviluppo dei trasporti. Prima della rivoluzione industriale le strade erano in condizioni disastrose: fangose al punto da non essere percorribili d’inverno e polverose d’estate.I trasporti sui fiumi e sul mare sebbene più rapidi ed economici di quelli terrestri non erano tuttavia a buon mercato. Affinché la rivoluzione industriale potesse svilupparsi occorreva che gli ostacoli derivanti da un sistema di trasporti poco valido venissero tolti di mezzo. Vediamo alcuni esempi in proposito. In Gran Bretagna, le vecchie strade e la preesistente rete dei canali dapprima erano sufficienti per trasportare le merci, ma con l’aumento della produzione risultarono inadeguate. Fu necessario costruire strade migliori; soprattutto, l’intero paese si copri di canali, cioè corsi d’acqua artificiali, che garantivano trasporti interni più rapidi ed economici. Ma anche nel campo dei trasporti il vero salto di qualità si ebbe con l’avvento dell’energia del vapore. Tra il 1814 e il 1829 George Stephenson costruì diversi modelli di locomotive. Nel 1825 vennero inaugurati i 13 chilometri della linea Darlington – Stockton, cinque anni più tardi fu la volta della Manchester – Liverpool, lunga 63 chilometri. era iniziato il boom delle ferrovie. Ci volle più tempo perché la forza del vapore si affermasse anche nei trasporti via mare. In effetti, le navi a vapore richiesero vari decenni per competere con i velieri. In primo luogo le navi a vapore dovevano sacrificare molto spazio per trasportare il carbone; inoltre il vento era gratuito a differenza del carbone. Questi svantaggi vennero superati dopo il 1850, ma fino al 1880 la metà delle merci trasportate era ancora affidata ai velieri. Quando le navi a vapore divennero più grandi e capienti e fu possibile rifornirsi di carbone quasi ovunque, divenne conveniente usare la forza del vapore e sfruttare la maggiore velocità dei bastimenti a vapore. Il rinnovamento dei mezzi di trasporto ebbe sull’economia importanti conseguenze: 1) I prodotti agricoli e industriali in eccedenza, cioè che non venivano venduti nel mercato interno, potevano essere venduti in zone sempre più lontane. 2) i prezzi dei trasporti crollarono grazie alla migliore efficienza dei nuovi mezzi. 3) la possibilità di vendere le merci su mercati lontani e a prezzi bassi promosse la specializzazione produttiva di intere regioni, cosa che contribuì ad aumentare la produzione in generale.

Uso del carbon fossile e lo sviluppo dell’industria del ferro.

Il ferro è un metallo saldabile, lavorabile a mano (malleabile) e non fragile (tenace).L’estrazione del ferro dal minerale in cui è contenuto si ottiene ad alte temperature in alti forni. All’inizio del 1700 l’estrazione del ferro avveniva in due fasi: 1) nella prima fase si otteneva Ghisa (lega ferrosa fragile a causa della presenza di carbone); 2) nella seconda fase dalla Ghisa, attraverso un processo di raffinazione termica si otteneva il ferro dolce, cioè un tipo di materiale più lavorabile (malleabile). Ad un certo punto, nella seconda fase, per necessità produttive venne utilizzato il carbone coke, ossia un carbone raffinato. Anche in questa seconda fase venne introdotta un’applicazione della macchina a vapore, per laminare il ferro e per azionare dei mantici che servivano ad aumentare considerevolmente la temperatura degli altiforni. L’applicazione del vapore fece aumentare moltissimo la produzione di ferro, che a sua volta stimolò la produzione di nuove macchine a vapore, diventate meno costose grazie al minor costo del ferro. Tutto ciò garantì anche una maggiore produzione di carbone. Lo sviluppo dell’industria del ferro (siderurgia) trascinò con sé il settore minerario, quello dei trasporti e quello della costruzione di macchine in ferro (locomotive, macchine a vapore, binari, attrezzi agricoli etc…).Vennero create nuove fabbriche metallurgiche, canali, ferrovie, porti e cantieri.

L’urbanesimo

La concentrazione delle attività industriali ebbe un’immediata ripercussione sulla distribuzione territoriale della popolazione. Nel Settecento l’Inghilterra ebbe una crescita della popolazione di quasi il sessanta per cento, soprattutto nella seconda metà del secolo. Ancora più rapida fu la

crescita della popolazione delle città. Con l’avvento delle macchine a vapore le fabbriche si erano spostate dalle campagne alla città. Con le fabbriche nelle città aumentò vertiginosamente la popolazione, dando luogo al fenomeno dell’Urbanesimo. Il fenomeno dell’urbanesimo accompagna l’industrializzazione dovunque essa si instauri. Ma una conseguenza dell’aumentò della popolazione fu il peggioramento delle condizioni di vita degli operai e dei poveri delle città. Le città erano davvero al limite della vivibilità: sempre coperte da una coltre di fumo (smog), puzzolenti, con pochissima acqua, senza fognature e senza servizi di pulizia delle strade. Ciò determinò il sorgere di gravi malattie infettive (tifo, malattie respiratorie, colera). Gli operai vivevano nelle periferie in quartieri affollati e degradati. Ciò contribuiva all’abbrutimento degli individui (alcolismo, violenza, prostituzione). Questo accadde all’inizio della tumultuosa rivoluzione industriale, in seguito grazie alle lotte degli operai e all’opera di filantropi illuminati la situazione migliorò moltissimo portando ad un netto miglioramento delle condizioni di vita di tutti i ceti della popolazione.

La formazione della classe operaia

Insieme alla fabbrica e alla città industriale, la macchina creò anche il proletariato moderno. Secondo una definizione generalmente accettata un proletario è un uomo che non possiede mezzi di produzione e che percepisce un salario come rimunerazione del lavoro fornito. A ciò si deve aggiungere che la forza lavoro diventa una merce come tutte le altre e perciò soggetta alla legge del mercato (legge della domanda e dell’offerta).Il lavoro salariato prima della rivoluzione industriale era praticato da una minoranza della popolazione, ma con la rivoluzione industriale divenne dominante. Inoltre con l’avvento di macchine sempre più automatizzate il lavoro degli operai era sempre meno qualificato e perciò vi era abbondanza di forza lavoro disposta a lavorare con salari bassissimi pur di sopravvivere. La possibilità di pagare poco gli operai rese possibile per gli imprenditori alti profitti.

La società industriale e le condizioni di vita

Il padrone delle fabbriche, l’imprenditore che con il suo talento per gli affari ha creato un’azienda, ha interesse a ottenere grandi profitti con poche spese. Infatti l’imprenditore capitalista non può vendere i suoi prodotti a prezzi più alti di quelle prodotti dalla concorrenza, deve vendere a prezzi di concorrenza con gli altri capitalisti. Gli alti profitti vennero garantiti, nella fase iniziale, grazie allo sfruttamento degli operai. Per giunta per pagare ancor meno gli operai come forza lavoro venivano usati donne e bambini, che avevano un comportamento più docile e si adattavano più facilmente alle durissime condizioni di lavoro. I bambini cominciavano a lavorare da cinque o sei anni. L’orario di lavoro raggiungeva e talvolta superava le dodici ore quotidiane (dalle otto del mattino fino alle otto di sera, con un’interruzione di un’ora e mezza per i pasti). Il lavoro si svolgeva in ambienti sudici, pericolosi e insani. Tutto ciò era possibile per l’abbondanza di manodopera. La condizione di vita dei braccianti, ovvero i contadini che ormai non avevano più terra di loro proprietà e che lavoravano proprio come gli operai per un salario, erano ancora peggiori.

Le prime associazioni dei lavoratori

Lo sfruttamento dei lavoratori non durò a lungo. Dopo una fase, di circa cinquanta sessanta anni, in cui gli operai subirono passivamente lo sfruttamento, si passò ad un’altra fase in cui i lavoratori cominciarono ad opporsi e a ribellarsi. Prima in maniera disorganizzata e spontanea , poi attraverso forme di associazione come leghe e sindacati. Alla fine del Settecento si svilupparono clandestinamente le associazioni di mestiere inglesi, chiamate trade unions. Dopo un periodo di rivolte, nel 1824 – 25 una legge riconobbe agli operai il diritto di associarsi per motivi economici e assistenziali. La lotta dei lavoratori salariati per il miglioramento delle proprie condizioni di vita sarà una costante di tutta la storia contemporanea. Le lotte operaie contribuirono favorevolmente alla sviluppo della rivoluzione industriale.

L’industrializzazione in Europa e nel mondo

Una volta aperta la via dell’industrializzazione molti paesi seguirono l’Inghilterra. Le innovazioni, prima agricole e poi industriali, si diffusero in altri paesi. Per avviare nuove produzioni era conveniente acquistare una macchina inglese come modello, riprodurla e costruirne altre. La spinta al profitto e una grande disponibilità di manodopera favorivano la creazione di nuove fabbriche. Infine, la rivoluzione industriale si propagò in gran parte dell’Europa, in momenti differenti (Francia dapprima, poi Belgio, Svizzera, Olanda, Germania. Italia ecc.). Fuori dall’Europa l’industrializzazione si sviluppò negli Stati uniti e, più tardi, in Giappone.