La prima Restaurazione borbonica

La prima Restaurazione borbonica

1799-1806


Il primo atto della politica della restaurazione fu l’annullamento delle leggi della Repubblica e la repressione senza compromessi. Furono nominati quattro Visitatori Generali con il compito di riordinare le provincie e punire i repubblicani, e i Visitatori economici per ripristinare il vecchio sistema fiscale.

Il parlamento pubblico cittadino fu riportato al decurionato che affidava le nomine a 30 individui eletti dalla Camera Reale di 10 rappresentanti per ogni ceto.

I pilastri del regime furono individuati nel popolo e nel clero, mentre i suoi nemici nella nobiltà e negli intellettuali. Il regime restaurato accentuò la pressione fiscale sui feudi senza procedere ad un progetto organico di eversione della feudalità che era stata una promessa al popolo fedele . Fu soppresso il Consiglio delle Finanze, fu reintegrata in tutte le sue attribuzioni la Camera della Sommaria che aveva la sua ragion d’essere proprio nella sussistenza dei feudi.

La Sommaria ostacolò i progetti di riforma dello Zurlo volti a sottrarle l’economia e a stabilire le intendenze in provincia e alla sottrazione dell’amministrazione delle terre confiscate ai rei di stato. I baroni tornarono tuttavia ad esercitare i propri poteri sulle provincie , provocando proteste e tumulti nella popolazione ; a quelli di loro rimasti fedeli furono concessi sgravi fiscali e il rientro nei feudi sequestrati dal Ruffo. Il baronaggio napoletano tuttavia visse uno dei periodi finanziari più neri.

L’altro pilastro della forma di restaurazione fu la religione che fu vissuta come il più saldo baluardo contro “il moderno e scontroso filosofismo”. L’alleanza con il clero riportò la Chiesa a diventare un validissimo “instrumentum regni”. La Chiesa fu utilizzata in toto da parte del re borbonico, nel suo apparato e nelle sue strutture educative . Fu affidato ai vescovi e alle missioni il compito di vigilare sulla fedeltà al Re e sulla moralità dei governatori delle provincie, dei giudici dei tribunali e dei loro subalterni. Al clero fu affidato l’incarico delle cerimonie celebrative della restaurazione con processioni, festeggiamenti, erezioni di croci e proclamazione di nuovi santi protettori. Le missioni furono riconosciute di pubblica utilità e vennero sostenute finanziariamente.

A partire dal 1800 fu riconosciuto alla manomorta il diritto di ricevere lasciti (anche se non in beni immobili) e di richiedere questue ; oltre alla partecipazione alle rendite sequestrate ai rei di stato. Il governo si impegnò al rispetto delle norme ecclesiastiche, del diritto d’asilo, abbandonando del tutto il suo vecchio programma anticurialista.

La politica della restaurazione risentì molto della disillusione borbonica nei confronti degli intellettuali . Gravissima era la difficoltà di rinvenire professori per le università e l’Accademia, dal momento che le menti migliori erano state espulse in quanto ree di repubblicanesimo. Il Collegio militare fu soppresso e solo alcuni orfani furono ospitati nel Convitto, istituito a tal fine nel 1801. Solo due anni dopo il Convitto avrebbe ripreso il nome di Accademia militare senza che la sua politica culturale oscurantista mutasse. Per gli altri gradi dell’istruzione il compito fu affidato interamente alla Chiesa. Per il controllo sulla cultura fu inasprita la censura su libri, riviste, ed ogni genere di pubblicazione , e la vigilanza fu affidata alla Segreteria di Grazia e Giustizia prima e alla Camera di S. Chiara poi, e a tal fine venne creato l’organo della “polizia tipografica”.

Intanto le vicende internazionali caratterizzate dalle guerre di Napoleone si ripercuotevano sul Regno schierato tra Francia e Inghilterra. La Francia con la pace di Firenze del 1801 impose al Regno di Napoli la chiusura dei porti alle navi inglesi, la cessione dei presidi di Portolongone e di Piombino, la consegna di tre fregate, nonché l’occupazione per un anno di Pescara e della Terra d’Otranto. Alla grave congiuntura politica e militare si aggiungeva il gravissimo dissesto della finanza pubblica e della diffusione della corruzione nella pubblica amministrazione. Luigi dei Medici, chiamato alla direzione del Consiglio delle Finanze per risolvere le emergenze suddette, propose la vendita dei banchi e delle terre della azienda gesuitica e dei monasteri soppressi. La sua proposta fu osteggiata dalla Camera della Sommaria che lasciò immutato il sistema esistente . Il Medici poté solo operare sulla riduzione delle spese straordinarie restringendo la consistenza di premi e pensioni a partire dal 1804 e abolire le spese dell’Annona di Napoli che fu a tal fine soppressa con un decreto del 1804 che stabiliva il libero commercio dell’olio e del pane.

Non potendo operare riforme strutturali fu inasprito il peso fiscale.

Con l’aggravarsi della situazione internazionale in seguito alla dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla Francia nel maggio 1803 i Francesi recuperarono Pescara e le Puglie, mentre gli Inglesi dominarono sul Mediterraneo. La proclamazione di Napoleone a Re d’Italia spinse la corte borbonica a stipulare un trattato di alleanza con la coalizione antifrancese. Il 20 novembre gli Inglesi sbarcavano a Castellamare e i Russi e gli Albanesi a Napoli. Il 24 gennaio il Re lasciava nuovamente Napoli, e l’8 febbraio l’esercito francese entrava nel Regno e costringeva il Consiglio di Reggenza a firmare la cessione del Regno alla Francia.

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