LA POETICA DI LEOPARDI

LA POETICA DI LEOPARDI

La poetica di Leopardi


  1. BIRAL,La posizione storica di G. Leopardi,

Einaudi 1974, pp. 3-25

1) Quando, nel 1818, scrive il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica , Leopardi è animato da forte spirito patriottico (contemporanea è la Canzone all’Italia): intende difendere la tradizione culturale italiana, contro l’esaltazione modernista (di moda) di un manipolo di esaltati, che, a suo avviso, si limiterebbero a proporre l’imitazione degli stranieri. C’è, alla base, una cattiva informazione, perché i migliori fra i romantici partivano, come lui, da un desiderio di rinnovamento morale e civile, e di “autenticità” del poeta; ed è la stessa autenticità che Leopardi rivendica, quando dice che il poeta deve essere “imitatore di nessuno, se non di se stesso “.

2) Infatti, il classicismo leopardiano non propone certamente una ottusa imitazione di regole e poeti classici (“imitare” gli antichi vuol dire piuttosto porsi di fronte alla natura con la stessa freschezza spirituale di quelli): tant’è vero che, del romanticismo, Leopardi accoglie la polemica contro le regole, contro l’abuso di mitologia, contro il principio di imitazione; quel che non gli va bene è il “patetico” (cioè, l’artificiosità, l’affettazione del sentimento), ed è quell’abuso di ragione, che, per lui, si esprime nel genere narrativo e drammatico.

3) Ma il dissidio vero è sull’accettazione della società moderna. I romantici partono dalla sua accettazione, e propongono una poesia che ne sia espressione. Leopardi parte dal suo rifiuto, perché l’incivilimentonon consente più un rapporto autentico con la natura (in altre parole, non consente più la poesia). L’accanimento contro i romantici è piuttosto l’accanimento contro la loro accettazione della realtà data.

4) La vera poesia è quella d’immaginazione, perché scopo della poesia è il dilettevole, non l’utile. Bisogna amaramente constatare che, con la crescita della ragione, si riducono gli spazi per la facoltà immaginativa: ma le favole, non la verità, sono il fondamento della poesia (e in questo, non si può non notare la contrapposizione rispetto alla poetica di Manzoni).

5) Di qui all’accettazione del nucleo centrale delle tesi romantiche, il passo è breve: se è vero che oggi non c’è più spazio per le favole (non si può “bambineggiare”), non ha senso il mantenimento della mitologia, e le operazioni dei neo-classici sono pura accademia (Monti “è poeta dell’orecchio, non del cuore“). L’unica poesia possibile (quand’anche si tratti di una sottospecie di poesia) è quella sentimentale, ovvero quella che non rinnega la conoscenza del vero; una poesia “filosofica“, affidata però al genere lirico, che, in quanto suscitatore del senso di vago, di indefinito, di rimembranza, produce quel diletto che è proprio della poesia.

6) Ma il vero in questione non è quello dei romantici (di Manzoni): storicopolitico (e quindi contingente). E’ il vero filosofico, che parte dalla coscienza della condizione dell’uomo, della fine del suo rapporto armonico col mondo, dell’inautenticità cui è condannato, della frustrazione irrimediabile della sua tensione alla felicità.

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