LA PIOGGIA NEL PINETO D’ANNUNZIO

LA PIOGGIA NEL PINETO D’ANNUNZIO

PARAFRASI METRICA E FIGURE RETORICHE

Gabriele D’Annunzio


DESCRIZIONE LA PIOGGIA NEL PINETO

È forse la poesia più famosa del D’Annunzio, tratta da Alcyone, il poema del Sole e dell’Estate in cui il D’Annunzio trasfigura e rappresenta liricamente momenti e sensazioni, dell’estate del 1902 trascorsa in Versilia. Esso fa parte della sua opera lirica più vasta e più celebre, Le laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi, insieme a Maia, Elettra e Merope . Ritornando alla poesia, il tema è la pioggia estiva, mentre il poeta e la donna amata varcano le soglie della pineta e vi si inoltrano. La prima impressione che si ricava leggendola è quella di una straordinaria abilità letteraria del poeta, capace di percepire con l’acutezza dei sensi, e di riprodurre con l’armonia delle parole, i suoni diversi che la pioggia suscita cadendo sulla fitta vegetazione.
“Il poeta descrive la pioggia estiva nella pineta, cogliendola nei vari momenti e nella diversa orchestrazione dei suoni: quando inizialmente è rada, quando poi s’infittisce, quando infine diventa scrosciante. Il poeta e la donna amata si abbandonano con gioiosa voluttà alla freschezza della pioggia, imbevendosi dello spirito stesso del bosco, fino a sentirsi come trasformati in piante e frutti, in elementi della natura vegetale”.
Il motivo vero in questa poesia non è quello della descrizione della pioggia, ma il panismo del poeta, la percezione di sentirsi intimamente fuso con la natura e di ritornare alle sorgenti primordiali della vita.

Gruppi di versi in numero uguale (32), mentre varia liberamente la misura dal minimo del ternario e il massimo del novenario, con predilezione del senario; libera è anche la corrispondenza delle rime entro i gruppi.


PARAFRASI

Taci (il poeta si rivolge a Ermione). Sulle soglie del bosco non sento parole umane; ma sento parole più nuove, suoni prodotti dalle prime gocce di pioggia sulle foglie. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli arbusti in riva al mare, piove sui pini con la corteccia ruvida, piove sui mirti divini (nell’antichità era sacro a Venere), sulle ginestre spendenti grazie ai fiori ora rinchiusi per la pioggia, sui ginepri folti di bacche profumate, piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulle illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.

Senti? La pioggia cade sul fogliame con un crepitio che dura e varia nell’aria a seconda delle chiome degli alberi. Ascolta. Risponde alla pioggia il canto delle cicale che il pianto dell’austro (vento del sud) non impaurisce neanche il cielo grigio. E il pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, gli alberi sembrano degli strumenti musicali suonati dalla pioggia. E noi siamo immersi nello spirito della selva (il poeta e la sua compagna si sentono penetrati dalla vita vegetali: è incominciata la loro metamorfosi), come gli alberi; e il tuo volto inebriato di felicità è tutto bagnato come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le chiare ginestra, o creatura terrestre che hai nome Ermione.

Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale a poco a poco viene sovrastato dalla pioggia che cade più fitta; ma un canto vi si mescola più roco che sale, nell’umida ombra lontana. Più sordo più fioco diventa più debole e poi sparisce. Non si sente il suono del mare. Si sente il crosciare della pioggia sugli alberi che purifica il croscio che varia secondo la grandezza della chioma dell’albero. Ascolta. La cicala è muta; ma la figlia del fango, la rana canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove sulle tue ciglia Ermione.

Piove sulle tue ciglia nere, tanto che sembra che stai piangendo ma di piacere; sembra che tu esca dalla corteccia. E tutta la vita è in fresca aulente, il cuore è come una pesca non ancora colta, tra le palpebre gli occhi sono come delle sorgenti, i denti nelle gengive sono come mandorle acerbe. E andiamo da una macchia all’altra tra gli arbusti o abbracciati o disciolti (e gli sterpi aggrovigliati ci impediscono il movimento alle caviglie) chi sa dove, chi sa dove! E piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulla illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.


LA STRUTTURA

La poesia ha un’evidente struttura musicale e vuol essere la riproduzione o la traduzione in linguaggio umano della musica composta dalla pioggia. Sullo sfondo si trovano i due protagonisti che poi si fonderanno con la natura.

Nella  prima strofa  il poeta invita la donna che è con lui sulle soglie del pineto a tacere per non udire più parole umane ma parole “nuove”  pronunciate dalle gocce e dalle foglie bagnate dalla pioggia. Vi  è poi la caduta della pioggia  sulla vegetazione( tamerici, pini, mirti…) e le due presenze umane sono un elemento alla pari con gli altri  elementi del bosco. La metamorfosi  dei protagonisti inizia già al v.20 (“volti silvani”) e quindi si propone già nella prima strofa il tema panico dell’identificazione del soggetto umano con la vita vegetale.

La seconda strofa ripropone  il tema generale della pioggia che cade sulla vegetazione, distinguendo nella sinfonia generale il suono diverso delle gocce a seconda delle foglie più o meno rade. C’è uno strumento  solista: la voce delle cicale.

Al termine , in simmetria con la prima strofa, il tema panico: il poeta e la donna sono viventi “d’arborea vita “; il volto della donna è molle di pioggia come una foglia ; i capelli profumano come ginestre; Ermione è “terrestre”, cioè scaturisce dalla terra come la vegetazione.

Nella  terza strofa  , mentre lo strumento delle cicale va in calando e poi si spegne del tutto, comincia ad introdursi un altro strumento  solista : il canto roco delle rane.

Il motivo panico non manca neppure qui(”e piove sulle tue ciglia”): le ciglia di Ermione si collocano alla pari delle foglie su cui scroscia la pioggia.

Nell’ultima strofa  si sviluppa pienamente il motivo panico accennato precedentemente in sordina. La donna è quasi “virente”, come una creatura vegetale e sembra uscire dalla scorza degli alberi come una ninfa; il cuore “come pèsca”; gli occhi come “polle” tra l’erba; i denti come “mandorle acerbe”

Metrica .Le strofe sono a metrica libera; i versi sono trisillabi, senari, settenari, ottonari, novenari. Anche la rima è libera: baciata(“silvani/ mani” ai vv.20-21;”leggieri/pensieri “ ai vv. 25-26…)ma vi sono anche rime all’interno di un unico verso (“varia nell’aria” al v.37; “al pianto il canto” al v.41;”più folta men folta” al v.87…)

Figure retoriche. APOSTROFE: “taci”;  ANAFORA con la serie di “piove” e “ascolta”;

       ALLITTERAZIONE-: ”ciel cinerino”, “spirito silvestre”, ”vita viventi”, “limo lontana…

       SIMILITUDINE: vv. 57-58”come una foglia”; vv. 60-61 “come le chiare ginestre”; vv.
      104-105 “come una pesca”;vv. 106-107 “come polle”.; ITERAZIONE : ripetizioni di
       parole e di intere formule (“piove su…”)
       Le iterazioni richiamano l’andamento musicale.