La Pazzia di Orlando riassunto analisi e commento

La Pazzia di Orlando riassunto analisi e commento

La Pazzia di Orlando – Riassunto:

Dopo aver girato invano per due giorni, il conte Orlando giunge infine nei luoghi dove Angelica e Medoro sfogarono la loro passione amorosa. Vede i loro nomi incisi su ogni albero ed ogni pietra. Il paladino cerca di convincersi prima che si tratti di un’altra Angelica, ma conosce purtroppo bene la grafia della donna amata; crede poi che Medoro fosse il soprannome che lei gli aveva dato, ma in una grotta trova una poesia scritta dal giovane in onore della passione vissuta insieme ad Angelica, e non può infine fare altro che scontrarsi con la dura realtà. Ma con sempre più sospetto Orlando giunge in una grotta dove vide molte frasi che Medoro aveva scritto in arabo; Orlando le rilesse infinite volte sperando che non significassero quella che c’era scritto e ogni volta provava una fitta come se una mano fredda lo stringesse. Il dolore che voleva sfogare viene paragonato (da Ariosto) all’acqua in un vaso largo alla base ma stretto nel collo e capovolgendolo il liquido si intoppa nella stretta apertura.

Per un po’ Orlando ritorna in sé crede che qualcuno abbi scritto quelle parole per infamare Angelica. Prima del tramonto prende il cavallo, si mette in viaggio e poco dopo vede una casa. Un pastore lo ospita per la notte e, vedendolo triste e sconsolato, per allietarlo gli racconta, con dovizia di dettagli, l’idillio amoroso di Angelica e Medoro. Dopo aver curato il giovane Medoro ferito, la bella Angelica se n’era innamorata e aveva deciso di sposarlo, benché egli fosse solo un povero fante e lei, invece, figlia del più potente sovrano d’Oriente. Il pastore mostra a Orlando il letto su cui si è consumato l’amore tra i due giovani e un prezioso bracciale che Angelica gli ha dato come compenso per l’ospitalità ricevuta. È il bracciale che lui, Orlando, aveva donato ad Angelica. Dopo che il pastore lascia la camera Orlando scoppia in lacrime e continua a girarsi nel letto. Gli viene in mente però che il suo amante e Angelica si sono coricati lì.

Preso il suo cavallo raggiunge il bosco, e giunge per caso nei pressi della fonte, dove aveva visto le incisioni dei due amanti. Frantuma in mille pezzi la roccia (viene usata la figura retorica dell’iperbole) su cui Medoro aveva espresso il suo amore per Angelica e tutto quel che le sta attorno, al punto che la pura fonte che vi era in quel luogo, da allora è rimasta per sempre torbida. Poi, stremato, crolla sull’erba e dorme per tre giorni. Il quarto giorno, uscito di senno, dopo essersi completamente spogliato, inizia a correre e a devastare tutto quel che incontra, sradicando alberi. I contadini, sentendo il frastuono, si incuriosiscono e vanno a vedere che cosa sta succedendo e qui Ariosto si ferma (“mi fermo perchè il mio racconto potrebbe risultare noioso”). Successivamente nel prossimo canto riprenderà la descrizione della follia di Orlando dopo aver parlato di alcune vicissitudini amorose.

La Pazzia di Orlando – Analisi e commento:

Prima che Orlando impazzisca, durante il testo prova a formulare alcune idee:

  1. Può essere un soprannome il nome Medoro, che Angelica ha dato a lui, ma giunto nella grotta viene subito smentito
  2. Si tratta di un’altra Angelica, ma riconosce la grafia
  3. Oppure pensa che qualcuno abbi scritto così per infamare Angelica.

Tutte queste teorie vengono tutte smontate dalla storia che il pastore racconta ad Orlando.

L’uso della figura retorica dell’iperbole. La pazzia di Orlando è frutto di espressioni iperboliche infatti Orlando spezza un sasso con le sue mani; gettò nel ruscello ceppi di legno, tronchi, sassi fino a quando non le rese tanto torbide; sradicò alti pini, faggi, olmi, elci, sterpaglie, alberi secolari come se fossero finocchi.