La partecipazione di Dante Alighieri alla vita pubblica

La partecipazione di Dante Alighieri alla vita pubblica

La partecipazione di Dante Alighieri alla vita pubblica


Nel 1289 Dante combattè nelle schiere a cavallo tra i feditori, a Campaldino, contro la ghibellina Arezzo; la vittoria  arrise a Firenze, assicurando ad essa l’egemonia guelfa in Toscana.

Nello stesso anno fu presente alla resa del castello di Caprona contro la ghibellina Pisa, che era allora governata dall’arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini, il quale qualche anno prima aveva ucciso per fame il conte Ugolino della Ghersrdesca, vinto nella battaglia della Meloria contro Genova e colpevole di una politica favorevole a Firenze.

Nel 1293 furono banditi gli Ordinamenti di Giu-stizia di Giano della Bella, che segnarono il trionfo della democrazia fiorentina contro il prepotere dei Grandi.

I Grandi erano nobili del contado, che lo sviluppo comu-nale aveva obbligato ad abbandonare le proprie terre feu-dali e ad eleggere domicilio in Firenze, ovvero nobili per antica casata fiorentina. Essi erano rimasti fino ad allora a capo del governo di Firenze, e in gran parte merito loro era stata la vittoria di Campaldino.La democrazia era invece costituita dal popolo grasso (o borghesia dei capitalisti e dei produttori), e dalpopolo mi-nuto (o proletariato).

Gli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella (un Grande che si era dato alla democrazia) escludevano i Grandi dal priorato se non risultavano iscritti a qualche ar-te, ciò che equivaleva ad esduderli dal governo di Firenze.Dante, che apparteneva ai Grandi, non per origine feu-dale, ma per l’antichità del casato, si iscrisse all’arte dei medici’ e degli speziali, nella sua qualità di cultore di studi filosofici.

Nel maggio 1300 fu mandato come ambasciatore a San Gimignano, per allearsi con quel comune contro Bonifacio VIII, e nello stesso 1300 Dante fece parte dei sei priori, dal 15 giugno al 15 agosto: durante ii suo priorato avvenne, ii 23 giugno, il sanguinoso scontro tra i Bianchi e i Neri, che fu la causa principale delle sue sventure.

I Bianchi e i Neri erano due fazioni fiorentine: Bianchi erano i borghesi, e Neri i Grandi, loro nemici.I Bianchi rappresentavano la borghesia o popolo grasso, e facevano capo a Vieri de’ Cerchi, un ricco banchiere, che ora nutriva le stesse ambizioni dei Grandi, cioè la segreta intenzione di signoreggiare in Firenze; i Neri rappresenta-vano i Grandi e il popolo minuto (il quale — in odio al popolo grasso — non si faceva scrupolo di appoggiare il ceto feudale e reazionario), e facevano capo a Corso Donati, che aspirava pur esso alla signoria di Firenze.Ma mentre i Bianchi perseguivano una politica di libertà, ostile ad ogni intervento del Pontéfice nelle cose di Firenze, i Neri si appoggiavano ad esso, e, pur d’impadronirsi del Comune, favorivano le sue mire.Il l° maggio 1300 ebbe luogo un sanguinoso scontro tra i Bianchi e i Neri sulla Piazza di S. Trinita. Il papa Bonifacio VIII (1294-1303), che intendeva da tempo far valere su Firenze i diritti derivanti al Papato dal testamento della contessa Matilde (sec. XII), ne appro-fittò per inviare il cardinale Matteo D ‘Acquasparta, in ap-parenza come paciere, ma in realtà per appoggiare i. Neri e porre il Comune alle sue dipendenze. Il 23 giugno 1300 ebbe luogo un secondo e più sangui-noso scotro tra i Bianchi e i Neri, nell occasione in cui i consoli delle arti (Bianchi)si recarono a fare un’offerta votiva al patrono deIIa città. I priori in carica, tra cui Dante, deliberarono di confi-nare i capi delle due pari : Bianchi (tra cui Guido Caval-canti) a Sarzana, e i Neri a Pieve del Toppo. Ma i Bianchi fuiono l’anno successivo richiamati in patria dai nuovi Priori; ciò che provocò lo sdegno dei Neri i quali intrigarono per far intervenire Bonifacio VIII. Nei primi di giugno del 1301 ebbe infine luogo la cosid-detta congiura di S. Trinita, in cui i Neri invitarono i Bianchi ad un convegno nella Chiesa di S. Trlnita col pre-testo di pacificare gli animi, ma in realtà col preciso scopo di far fallire il tentativo e rigettare la colpa sui Bianchi: in tal modo, col dimostrare che i Bianchi si erano rifiutati alla pace, essi avrebbero sollevato il popolo contro di loro. Ma la congiura fu scoperta, e ne seguirono ancor più gravi condanne contro i capi dei Neri . Il l° novembre 1301, giorno di Ognissanti, nonostante i Fiorentini si fossero affrettati ad inviare al pontefice una ambasciata, di cui faceva parte Dante stesso (Bonifacio rimandò due degli ambasciatori con buone parole, ma trattenne Dante), Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, già disceso in Italia col nome di Capitano Generale della Chiesa per riconquistare la Sicilia agli Angioini, entrava in Firenze per ordine di Bonifacio VIII, e affidava il governo ai Neri, lasciando campo libero alle vendette di parte.

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