LA NOVELLA DI TANCREDI E GHISMUNDA

LA NOVELLA DI TANCREDI E GHISMUNDA

LA NOVELLA DI TANCREDI E GHISMUNDA


Dal “Decameron” di Giovanni Boccaccio                                Giornata IV, Novella I,

La quarta giornata vede come re Filostrato, il quale sceglie come tema “coloro li cui amori ebbero infelice fine”; la prima novella vede come protagonisti due personaggi inventati, ovvero Tancredi, principe di Salerno, e sua figlia Ghismonda.
Costui fu un sovrano umano e di buon carattere, che durante la propria vita rivolse tutto il suo amore all’unica figlia, la quale, a sua volta molto legata al padre, aspettò a lungo a trovare marito, e quando ciò avvenne capitò che nel giro di un anno restasse vedova, e fu perciò costretta a tornare dal padre.
Non considerando opportuno chiedere al padre di maritarsi nuovamente, decise di trovarsi un valente amante, e in breve tempo s’innamorò ardentemente di un valletto che serviva per il padre; i due, appresi i reciproci sentimenti, diedero inizio ad un’intensa e segreta storia d’amore.
Fortuna però, invidiosa della gioia che questo sentimento infondeva nei due amanti, fece sì che Tancredi, com’era solito fare, si addormentasse nella camera della figlia, e che questa desse inizio ai suoi sollazzi amorosi in compagnia dell’amante senza avvedersi della presenza del padre.
L’uomo, per limitare l’imbarazzo e lo scandalo non si fece vedere dai due, e il giorno seguente fece catturare Guiscardo, l’amante della figlia, e avendolo dinanzi a sé gli chiese perché gli avesse fatto così grande oltraggio dopo che tanto aveva fatto per lui; il ragazzo rispose solo che “Amor può troppo più che né voi né io possiamo”.
Tancredi allora si rivolse alla figlia, dicendole che pur avendo già deciso la sorte di Guiscardo, non sapeva che fare di lei, e Ghismonda, pensando che il padre avesse già ucciso il suo amante, gli disse che lo amava e che lo avrebbe sempre amato, e che se lei aveva agito in quel modo era solo colpa del padre che, essendo ormai vecchio, non aveva pensato ai desideri che prova una giovane essendo anch’essa fatta di carne, e non si era preoccupato di maritarla nuovamente.
La ragazza cercò poi di difendere in ogni modo l’amato, sostenendo che era più nobile d’animo lui di tutti i “nobili” che frequentavano la corte del padre, e avvisando il Tancredi che qualsiasi cosa avesse voluto fare a Guiscardo, lo facesse piuttosto a lei, oppure avrebbe provveduto lei stessa ad infliggersi la stessa sorte dell’amante.
Il padre, colpito dalle parole della figlia, ma sicuro che ella non avrebbe mai fatto ciò che diceva, sperando di poter così placare la rabbia per il tradimento che era stato arrecato al proprio amore per Ghismonda, ordino che Guiscardo fosse strangolato e che gli fosse portato il suo cuore.
Il giorno seguente Tancredi fece portare alla figlia una coppa d’oro con dentro il cuore del ragazzo, con l’augurio che si potesse consolare con il cuore di colui che aveva amato di più, allo stesso modo in cui Guiscardo si era procurato gioia con il cuore del suo più grande amore, cioè sua figlia.
La ragazza che aveva previsto ciò, per farsi beffa del padre un’ultima volta, gli fece portare i propri ringraziamenti per aver seppellito il cuore di così nobile persona, nella maniera che più si addiceva, vale a dire nell’oro della coppa, e dopo aver salutato il cuore dell’amante si avvelenò.
Tancredi, appena fu informato, si precipitò nella camera della figlia, dove fece in tempo solo a sentire le sue ultime parole, con le quali lo pregò di non versare lacrime per lei che non le desiderava, dato che il suo gesto era stato voluto dal padre, e gli chiese, se solo il padre l’amava ancora un po’, d’esser sepolta insieme a Guiscardo.
Dopo aver a lungo pianto, Tancredi, con grandi onori, li fece infine seppellire insieme.


LA NOVELLA DI TANCREDI E GHISMUNDA