La nascita degli stati nazionali e il declino dell’impero e del papato

La nascita degli stati nazionali e il declino dell’impero e del papato


Mentre in Italia si assiste alla diffusione delle signorie, in altri paesi europei come la Francia, L’Inghilterra, la Spagna, si ha un processo lento ma irreversibile verso l’unificazione politica della nazione. I sovrani considerano lo stato come un possesso privato, e non come una comunità di cittadini. I nuovi stati operano al loro interno una trasformazione importante che consiste nel diminuire progressivamente il potere feudale per aumentare quello del re.

Questo processo porta alla costituzione dello stato moderno. Il re tende a ridurre i compiti politici nei feudatari nel fare la guerra, nell’amministrare la giustizia, di imporre le tasse. Vengono diminuiti i privilegi di cui gode la chiesa, che è esente da tasse ed ha una propria giustizia, rappresentata dai tribunali ecclesiastici. I re cominciano a porsi come arbitri nelle contese tra feudatari, arruolando un proprio esercito personale per non dipendere dalle truppe fornite dai vassalli, cominciano a riscuotere le imposte direttamente.

In questo modo il re cerca di creare una stato centralizzato ed unitario, in cui non esistono zone o classi più o meno privilegiate e le norme statali valgono per tutti. Bisogna notare che per il momento e per molti secoli ancora questa uniformità tende ad essere raggiunta non mediante una legge, ma solo attraverso la volontà dispotica del re.

In questo scontro con i signori feudali del proprio regno i re trovano alleata la borghesia e il popolo minuto. I borghesi, infatti, hanno tutto da guadagnare da uno stato unificato, senza dazi feudali, che diventa un grande mercato libero dove poter vendere i propri prodotti. Il popolo minuto vede nel re l’unico potere a cui appellarsi contro le angherie dei feudatari. In questo nascente rapporto tra popolo e re sta in effetti il cemento politico che regge in piedi i nuovi, grandi stati nazionali.

In Francia i sovrani della dinastia dei Capetingi dominavano inizialmente solo un un piccolo territorio posto tra la Loira e la Senna, intorno a Parigi. Per il resto la Francia era smembrata in stati o grandi feudi indipendenti. Ad est l’Alsazia e la Lorena facevano parte del regno di Germania; sempre a est si stendevano la contea di Champagne, il ducato e il regno di Borgogna; a sud erano situati il ducato d’Aquitania, la contea di Tolosa e la marca della Linguadoca; il nord-overst era occupato dai feudi di Bretagna, Normandia, Angiò.

In seguito alla vittoria di Hastings avvenuta nel 1066, Guglielmo il Conquistatore si impadronì di quella regione della Francia che dal nome dei conquistatori normanni prese il nome di Normandia. La presenza inglese sul suolo di Francia divenne ancora più invadente quando uno dei discendenti di Guglielmo il Conquistatore, Enrico II, che aveva ereditato da parte di madre l’Angiò e da parte di padre il regno d’Inghilterra e la Normandia, sposando Eleonora d’Aquitania, venne ad aggiungere ai propri possessi anche questa regione: in pratica il re d’Inghilterra possedeva anche tutta la metà occidentale della Francia.

La riscossa della monarchia di Francia contro i domini inglesi sul continente iniziò con il re Filippo II d’Augusto il quale sconfitto a Bouvines (1214) il re inglese Giovanni Senzaterra gli tolse la Normandia e l’Angiò. Il suo successore Luigi IX il Santo ammette la Provenza e la Linguadoca ed affidò la contea d’Angiò al fratello Carlo, che doveva in seguito conquistare l’Italia meridionale.

La definitiva resa dei conti tra Francia e Inghilterra per il possesso del suolo francese avvenne con la guerra dei cento anni (1337-1453). Alla fine di questo lunghissimo conflitto il re d’Inghilterra perdeva anche l’Aquitania, conservando in terra francese solo il porto di Calais, sulla Manica. In Francia rimanevano indipendenti soltanto la Bretagna e il ducato di Borgogna. Dopo la disfatta di Bouvines, Giovanni Senzaterra si trovò così indebolito, nei confronti dei feudatari, che, per mantenere il trono, dovette concedere loro la cosiddetta “Magna Carta Libertatum”. Con essa il re si impegnava a non imporre nessuna tassa senza avere prima ottenuto l’approvazione della nobiltà e dell’alto clero e a non far condannare un nobile senza un processo regolare celebrato da una giuria di suoi pari.

Questo provvedimento era un riconoscimento dei privilegi dei feudatari. Tuttavia la sua importanza stava nel fatto che, per la prima volta, una legge limitava il potere del re e riconosceva alcuni diritti ai sudditi, anche se per il momento queste garanzie erano ottenute solo dai ceti più potenti. Perciò la Magna Carta viene considerato il primo elementare esempio di Costituzione, cioè di una legge fondamentale che tutela i cittadini.

Sotto il secondo successore di Giovanni Senzaterra, re Edoardo I, all’assemblea dei nobili e dell’alto clero detta Camera dei Lords, chiamata a decidere sulle imposte richieste dal re, si aggiunse una Camera dei Comuni, composta dai rappresentanti della borghesia cittadina. Nasceva così un parlamento bicamerale, cioè formato da due assemblee. Il regno d’Inghilterra si incamminava verso un regime politico di monarchia costituzionale, in cui il potere del sovrano era limitato da una costituzione e controllato da un parlamento. Al contrario, le altri grandi monarchie europee si indirizzavano verso la monarchia assoluta, nella quale il re non aveva limiti al suo potere sulla vita, sulla libertà e sui beni dei cittadini.

In Spagna dopo la vittoria della coalizione di stati cristiani, costituita dalla Castiglia, dall’Aragona e dal Portogallo, il dominio arabo era rimasto circoscritto al piccolo regno di Granada nell’Andalusia. A questo punto i regni cristiani di Spagna sono impegnati a farsi la guerra fra di loro ritardando il processo di unificazione nazionale: infatti il Portogallo si estranea dalla guerra nazionale per dedicarsi al commercio marittimo, e il regno di aragona si impegna in azioni militari di conquista, come quello che lo porta ad ottenere la Sicilia.

Un passo decisivo verso l’unità nazionale si fece nel XV secolo quando con il matrimonio fra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, i due maggiori regni della Spagna si congiungono in un unico stato, così forte da strappare agli arabi anche il regno di Granada.

Mentre, intorno al XIV secolo, sorgono in Europa le monarchie nazionali, comincia a tramontare la potenza del papato e dell’impero. L’ultimo pontefice che si appella ancora alla teocrazia è Bonifacio VIII, il papato subì una delle più gravi sconfitte della sua storia. Il papa, infatti, aveva scomunicato il re di Francia Filippo il Bello, che aveva messo delle tasse anche sui beni ecclesiastici; questi a sua volta, spedì a Roma una banda di armati che catturarono il pontefice, lo insultarono e lo offesero. Bonifacio VIII moriva un mese dopo e per suo successore fu eletto un vescovo francese, Clemente V.

Per volere del re di Francia, questi trasferì la residenza pontificia da Roma ad Avignone (1309), dimostrando che ormai il papato, anziché comandare ai sovrani, obbediva ad uno di loro. Nei successivi settanta anni i papi risiederanno ad Avignone e saranno tutti francesi, a conferma dell’influenza esercitata dai re di Francia sul vertice della Chiesa.

In questo periodo, detto della “cattività”, avignonese, in cui cattività significa “prigionia, schiavitù”, in molte città dello stato pontificio nascono alcune signorie indipendenti, per cui quando nel 1377 il pontefice Gregorio IX ritornò a Roma, trovò uno stato pontificio in cui il suo potere era più nominale che reale: nelle regioni dell’Italia centrale, intatti, regnava l’anarchia, Perugia e Bologna si erano dichiarati indipendenti.

Il ritorno del papa a Roma provocò nella chiesa il cosiddetto “Grande Scisma d’Occidente”, che si estese dal 1378 al 1417, e che si generò dal fatto che i cardinali francesi elessero un altro papa, per cui per quarant’anni vi furono contemporaneamente due pontefici; uno avignonese, al quale obbedivano i cattolici di Francia, e uno romano al quale obbedivano i cattolici degli altri paesi dell’Europa Occidentale. Lo scima fu poi sanato con il “Concilio di Costanza” (1414-1418), in cui, deposti l’avignonese e il romano, fu creato un unico papa nella persona di Martino V.

Nello stesso periodo in cui i papi perdono gran parte del loro potere universale, anche l’impero, l’altra grande istituzione universale del Medioevo, rinuncia ai tentativi di dominio sull’Europa e si limita ad occuparsi prevalentemente della Germania.

Dopo la morte dell’Imperatore Federico II, il trono del Sacro Romano Impero era rimasto vacante per più di vent’anni. Nel 1273 i feudatari tedeschi si trovarono d’accordo nell’affidare la corona imperiale alla famiglia degli Asburgoche che riuscì a crearsi un vasto dominio personale in Austria, Stiria, Carinzia, Tirolo e Trieste. Più tardi nel 1308, salì sul trono imperiale un altro feudatario tedesco, Enrico VII di Lussemburgo, che riprese l’anacronistico disegno di restaurare l’autorità imperiale in Italia.

Enrico VII, sceso in Italia, venne sconfitto da tutte le maggiori città guelfe appoggiate dal re di Napoli Carlo d’Angiò e andò incontro alla morte nel 1313. La sorte di quest’ultima spedizione in terra italiana indicò che l’impero era ormai incapace di contrastare le signorie e i comuni italiani e di imporsi come protagonista nella storia europea.

Nel 1356 l’imperatore Carlo di Lussemburgo dovette riconoscere l’indipendenza raggiunta dai maggiori feudatari tedeschi e con la celebre “Bolla d’oro” affidò ai principi più potenti di Germania il diritto esclusivo di eleggere l’imperatore.

Nel 1291 l’attuale Svizzera si ribella all’impero tedesco e dopo una lotta durata fino al XV secolo riuscì a costituire uno stato, che diventerà, nei tempi moderni, la confederazione elvetica.

Nel corso del XIV secolo, la Polonia, sotto la dinastia dei Jagelloni, si espande fino a formare un grande stato polacco-lituano. In questo stato i feudatari ottengono il diritto di eleggere il re, dando alla monarchia polacca quella debolezza che costituirà la causa principale della futura impotenza di questa nazione di fronte alle aggressioni degli stati confinanti.

In questo periodo si forma il principato di Mosca, cioè il nucleo centrale della futura Russia, che con il principe Ivan III, il Grande, si rende sempre più indipendente dall’impero bizantino in agonia.

L’impero d’Oriente è sottoposto ai continui assalti dei Turchi Ottomani. Di fronte alla minaccia dei Turchi, che premono da ogni lato l’impero, gli imperatori bizantini invocano l’aiuto dei principi europei e del papa, promettendo a quest’ultimo di riunire la chiesa ortodossa con quella di Roma.

Ma già quando la sorte di Bisanzio sembra segnata, sopravviene a prolungare ancora l’esistenza del vecchissimo impero l’invasione dei Mongoli, che guidati da Tamerlano assalgono i turchi alle spalle e occupano la Persia, la Siria e l’Asia Minore. Tuttavia dopo la morte di Tamerlano questo enorme impero si sfascia con la stessa velocità con cui era nato. I Turchi riprendono allora a minacciare Bisanzio.

L’imperatore bizantino offre al papa l’unificazione fra cattolici e ortodossi che viene sancita nel concilio di Firenze, in cambio il papa organizza una crociata contro i Turchi, che fallisce miseramente. Nel 1453 il sultano Maometto II pone l’assedio a Costantinopoli e la città cade sotto i Turchi.

Con la morte in battaglia dello stesso imperatore bizantino finiva l’Impero Romano d’Oriente che aveva resistito per oltre un millennio all’Impero Romano d’Occidente.