La morte di Eracle

La morte di Eracle


Omero accenna fuggevolmente alla morte di Eracle, ma senza fornire particolari (Iliade, XVIII: 117-119) : “anche il potente Eracle, favorito di Zeus, non scampò alla morte”. Più eloquente invece è la tragedia di Sofocle (496-406 a. C.) intitolata Trachinie, il cui titolo si riferisce alle donne della città di Trachis, dove Eracle risiedeva assieme a sua moglie Deianira. Nel prologo la donna lamenta che Eracle sia continuamente lontano per compiere le sue imprese. Ella non ha notizie di lui da più di un anno e teme per la sua vita. Un messaggero giunge allora con un gruppo di donne prigioniere, mandate in patria da Eracle, tra cui è Iole, la ragazza di cui egli si è innamorato e per la quale ha intrapreso una guerra contro padre Eurito, re di Ecalia. Apprendendo che Iole ha preso il suo posto nel cuore di Eracle, Deianira pensa di riconquistare il marito con un filtro amoroso. Il centauro Nesso, prima di morire, colpito con una freccia avvelenata da Eracle, le aveva dato un po’ del suo sangue, dicendole che questo era un potente filtro che aveva il potere di riportare a lei il marito, se mai questi l’avesse abbandonata. Caduta nell’inganno, Deianira manda quindi a Eracle una veste intrisa del sangue di Nesso. Allorchè però l’eroe indossa il dono della moglie, accade l’irreparabile vendetta postuma del perfido centauro. Eracle suda copiosamente, mentre la veste aderisce strettamente al suo corpo. Egli sente forti dolori alle ossa, poi al torace (vv. 767-778); la veste si attacca alla sua pelle e la carne viene via con essa, poi il male attacca i polmoni, consumando il suo sangue e distruggendo ogni parte del corpo (vv.1053-1057). Quando Deianira apprende l’accaduto si uccide, mentre Eracle chiede al figlio Illo di porre fine alla sua vita, ricordando la profezia secondo la quale egli sarebbe stato ucciso da un nemico morto. Poi sale su una pira funeraria per morire. La morte di Eracle ha dunque come causa un “veleno” contenuto nel sangue di Nesso, ivi pervenuto attraverso una freccia che Eracle stesso aveva avvelenata nel sangue dell’Idra; il mezzo tramite cui il veleno si trasmette è la veste. Gli antichi però non potevano distinguere tra un agente tossico e uno infettivo, ed è probabile che in realtà non un veleno, ma un agente infettivo sia stato alla base della malattia e della morte di Eracle. Un chiaro riferimento della letteratura classica ad una malattia infettiva trasmessa da un indumento è in Virgilio, che nel III libro delle Georgiche parla di una malattia epizootica che colpisce pecore, buoi e cavalli. Il nome del morbo non viene menzionato, ma la malattia è identificabile con il carbonchio, patologia causata dal Bacillus anthracis, che colpisce diversi animali a sangue caldo e anche l’uomo. L’identificazione di una malattia attraverso antichi testi, scritti da autori profani, non è semplice, né sicura. Tuttavia, tutti i riferimenti contenuti nel testo di Sofocle sono in accordo con l’ipotesi che la malattia di Eracle possa essere stata una forma cutanea di carbonchio, provocata dal contatto con un indumento infetto, seguita da una diffusione sistemica dell’infezione con tossiemia.

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