LA MACCHINA A VAPORE DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

LA MACCHINA A VAPORE DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

LA MACCHINA A VAPORE DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


  1. APPLICAZIONI DELLA MACCHINA A VAPORE
  2. La macchina a vapore di Watt
  3. MODELLI DI MACCHINE A VAPORE

Già nel 200 a.C. le potenzialità del vapore erano ben conosciute. Erone di Alessandria, ad esempio, matematico fisico ed ingegnere greco, fu l’ideatore di una turbina a vapore, l’eolipila, con la quale volle evidenziare la forza motrice del vapore acqueo. Tale apparato è fondamentalmente costituito da un arganello idraulico dotato di beccucci orientati nello stesso senso da cui fuoriesce vapore anziché acqua e funziona ruotando in senso inverso rispetto a quello di fuoriuscita del vapore, secondo il principio di azione e reazione che muove ancora oggi le turbine a reazione delle centrali termoelettriche.
A partire dal XV secolo, diversi uomini di scienza si cimentarono nella costruzione di macchine in grado di compiere lavoro sfruttando la potenza del vapore
Con Leonardo da Vinci si approdò a conoscenze circa la forza motrice del vapore fino a quel momento ignorate; la dimostrò con l’“Archituono”: una grande pentola piena di acqua che, dopo qualche ora passata sul fuoco, esplodeva in mille pezzi.
Anche Giambattista dalla Porta, nel 1606, creò un apparecchio molto semplice che faceva uscire dell’acqua da un recipiente grazie alla sola forza del vapore.
Con la diffusione delle armi da fuoco, avvenuta verso la fine del XVI secolo, vennero costruite macchine in grado di macinare i minerali necessari alla preparazione della polvere da sparo, come la turbina a vapore ideata da Giovanni Branca nel 1629.
Dimostrata la quantità di pressione esercitata dall’aria atmosferica, equivalente 1,033 kg per 2 cm, grazie all’esperimento di Evangelista Torricelli nel 1643, cominciarono ad essere sfruttate anche le grandi forze messe in gioco dalla pressione atmosferica; nel 1650, Otto von Guericke costruì i famosi “emisferi di Magdeburgo”.
Nel 1681, In Inghilterra, il francese Denis Papin, sotto la protezione dello scienziato R. Boyle, ideò la prima pentola a pressione, la cui peculiare caratteristica fu quella di funzionare a vapore e di avere una valvola di sicurezza di cuoio. Il principio base del funzionamento della locomotiva a vapore fu quindi noto. Nel 1690, Papin brevettò il “digestore”, una pentola a vapore migliorata rispetto alla precedente.
Dal 1698 in poi diverse miniere inglesi installarono l’impianto di sollevamento idrico mediante la pressione del vapore ideato da Thomas Savery, scienziato che come molti altri era stato influenzato a fare altri esperimenti sul vapore dopo l’esperienza di Papin.


APPLICAZIONI DELLA MACCHINA A VAPORE
La macchina a vapore di Watt, nata per pompare acqua nelle miniere di carbone, poteva anche essere impiegata per azionare una macchina operatrice: si trattava di trasformare il moto alternato del pistone in moto rotatorio. Già nel 1781 Watt brevettò un congegno capace di questa trasformazione. Si trattava del sistema di trasmissione biella – manovella.
La maggiore potenza e velocità, ottenibili per mezzo della macchina a vapore, resero praticamente inutili i meccanismi in legno che fino ad allora venivano largamente impiegati. I sistemi di ingranaggi richiedevano l’impiego di un nuovo materiale di difficile produzione: l’acciaio.
Ma nel frattempo erano migliorate le tecniche di lavorazione del ferro, anche grazie all’impiego della macchina a vapore in alcune operazioni. La costruzione di macchine utensili per la lavorazione del ferro, in particolare per ottenere cilindri e pistoni, migliorò le prestazioni della macchina a vapore.
Aumentò anche la produzione del carbone perché si poterono scavare pozzi più profondi. Rapidamente la macchina a vapore poté essere impiegata come motrice in svariate lavorazioni, sia in quelle tessili, che in quelle metallurgiche.
L’insieme, costituito dall’acciaio, carbone e macchina a vapore, si innestò quindi su un processo di meccanizzazione già in atto e ne determinò una rapidissima evoluzione: nacque così nel XVIII secolo, nell’Europa occidentale, un nuovo sistema tecnico su cui si fonderà tutto lo sviluppo industriale successivo, in primo luogo le industrie tessili e il settore dei trasporti.


• CAMPO TESSILE
Prima invenzione: (telaio a mano) navetta volante di Kay, tuttavia molto lenta.
1767: per aumentare la produzione, Hargreaves inventa lo spinning jenny, brevettato nel 1770. Arxwright costruisce il filatoio idraulico: water-frame
1779: Crompton costruisce il mule-jenny che lavora con fili sottilissimi.
1785: Cartwright inventa il telaio meccanico a vapore.
1793: la produzione aumenta e rende insufficiente il cotone greggio proveniente dall’India. Viene allora inventata la macchina sgranatrice che, liberando i semi, permette di utilizzare il cotone americano, inferiore perché a fibra corta.


• TRASPORTI
– Trasporti marittimi
Primi anni del 1700: primo esperimento compiuto da Papin.
1736: Hulls (Inghilterra) e d’Auxiron (Francia) fecero nuovi esperimenti.
1775: Perier riuscì a muovere una barca a vapore nella Senna.
1783: d’Abbans risalì la Saona con un battello a pale di 182 tonnellate.
1801: Symigton costruì un rimorchiatore a 2 scafi nei quali girava una ruota a pale mossa dalla macchina a vapore di Watt.
1819: Savannah attraversò l’Oceano con una nave a motore ausiliario (in effetti era un veliero).
1818: Ferdinando I fece Napoli-Livorno-Genova-Marsiglia.
1845: il Great Britain attraversò l’Atlantico, con scafo di ferro ed elica.
– Trasporti terrestri
Nel 1797 Trevithick realizzò un modello di locomotiva; nel 1804 la fece muovere su rotaie a una velocità di 8 Km l’ora; nel 1808 fece una locomotiva con un vagone, troppo pesante perché potesse muoversi.
Nel 1812 a Leeds, Blenkinsop mise in funzione la prima locomotiva ad uso pratico, collegando la città con la vicina miniera.
Nel 1825 Stephenson inaugurò il primo treno pubblico per passeggeri e merci sulla ferrovia Stokton- Darlington: il treno era lento e dispendioso, così si preferirono per i tratti più lunghi i treni a cavalli. Il problema della resistenza delle rotaie, che tendevano a deformarsi per l’eccessivo peso dei treni, venne risolto da Stephenson nel 1830, anno in cui il tratto Manchester-Liverpool adottò solo la trazione a vapore eliminando il traino animale.


MODELLI DI MACCHINE A VAPORE
I progressi della fisica nel XVII secolo contribuirono a dare un decisivo impulso all’impiego del vapore d’acqua in una macchina motrice; certamente la più importante scoperta scientifica cui è connessa l’origine della macchina a vapore è quella della pressione atmosferica, fatta in Italia dal Torricelli nel 1643.
Le successive ricerche ed esperienze in argomento divulgarono la conoscenza del valore ingente della pressione atmosferica e fecero sorgere il desiderio di impiegarla come forza motrice.
Il fisico olandese Huyghens pensò di servirsi di una piccola carica di polvere per espellere in parte l’aria da uno spazio chiuso attraverso una valvola automatica: per cui raffreddandosi successivamente i gas prodotti dall’esplosione, si determinasse nello stesso recipiente una depressione, da utilizzare per il sollevamento dell’acqua.
Il fisico francese Denis Papin, che fu assistente di Huyghens, riconobbe sperimentalmente i difetti e la scarsa efficienza di tale macchina a polvere e pensò di ottenere una migliore rarefazione dell’aria contenuta in uno spazio chiuso scacciandola per mezzo del vapore e quindi condensando questo per via di raffreddamento; nel1690 concretò la sua invenzione.
Eccone un breve cenno.
Versata poca acqua in un cilindro, uno stantuffo a tenuta veniva abbassato fino a toccare l’acqua, mentre l’aria sfuggiva per un foro che era quindi chiuso per mezzo di una piccola asta; avvicinato il fuoco al cilindro, il vapore generato nell’interno spingeva lo stantuffo, che veniva fermato in alto da un congegno d’arresto; allontanato infine il fuoco, il vapore si condensava per raffreddamento e la pressione interna diminuiva: per cui, tolto l’arresto, lo stantuffo era spinto verso il basso dalla pressione atmosferica e poteva sollevare un peso.
Papin sperimentò un piccolo modello del suo apparecchio ed eseguì calcoli rispetto ad una macchina avente il cilindro di 610 mm di diametro e la corsa dello stantuffo di 1219 mm ; si interessò delle possibili applicazioni pratiche della sua macchina e cercò anche di organizzarne la costruzione; ma incontrò difficoltà che non poté superare.
Thomas Savery fu il primo costruttore di macchine a vapore capaci di un servizio industriale.
La macchina del Savery è essenzialmente costituita dal generatore di vapore “separato” G, dall’utilizzatore P e dai rubinetti convenientemente collocati.
Riempito P di vapore, interrottane la comunicazione con la caldaia e raffreddatolo dall’esterno per mezzo di acqua fredda, il vapore vi si condensa determinando una depressione; aperta la comunicazione col pozzo sottostante, l’acqua viene aspirata in P; chiusa di nuovo questa comunicazione, aperta in basso quella col tubo di sollevamento ed in alto quella con la caldaia, la pressione del vapore si esercita sull’acqua e la spinge in alto.
Il Savery accrebbe la potenzialità della macchina disponendo due recipienti P in luogo di uno ed aggiungendo alla caldaia G un apparecchio A di alimentazione di acqua calda.
La macchina del Savery fu impiegata per sollevare acqua dal fondo dei pozzi delle miniere di carbone e in tale applicazione la pressione del vapore dovette essere considerevole, in relazione all’altezza di sollevamento.
Per questo, per le imperfezioni costruttive allora inevitabili e per la mancanza di congegni di sicurezza si verificarono esplosioni, talvolta disastrose.
Inoltre il consumo di carbone era molto elevato, non meno di 15 kg per compiere un lavoro utile esprimibile con un’unità cavalli-ora (circa 20-30 volte più di una moderna macchina a vapore di uguale potenza.
Un progresso importante rispetto alla macchina di Savery fu compiuto da Thomas Newcomen e John Cawley, entrambi operai meccanici a Darmouth, in Inghilterra.
Dai loro sforzi concordi risultò un congegno per sollevare l’acqua conosciuto sotto il nome di “Macchina a vapore atmosferica di Newcomen”, avente la caldaia separata come la macchina di Savery, ma pure distinte e fino a un certo punto indipendenti la motrice e la pompa.
La macchina di Newcomen si diffuse in Inghilterra dal 1712, fu molto apprezzata , ma dovette cedere di fronte alla macchina inventata da James Watt (Greenock 1736- Heathfield 1819).
A questi fu affidato dall’università di Glasgow, per ripararlo, un modello funzionante della macchina di Newcomen, con cilindro di bronzo di 2 pollici di diametro e corsa di 6 pollici, lo studiò con spirito da ricercatore, ne rilevò il grande consumo relativo di vapore, che del resto era esaltato dalle piccole dimensioni, e finì per riconoscere la causa principale del difetto nel raffreddamento che ad ogni doppia corsa la parete metallica del cilindro subiva da parte dell’acqua iniettatavi.
Eseguì esperienze per accertare alcune proprietà del vapore, per trovare la quantità di vapore ottenibile da una caldaia per ogni kg di carbone bruciato e per determinare il peso d’acqua necessario per condensare un dato peso di vapore.
Dopo ciò pervenne nel 1765 alla sua prima grande invenzione, quella del “condensatore separato”, con lo scopo dichiarato di “permettere al cilindro di restare caldo quanto il vapore che vi entrava”; al condensatore applicò la “pompa d’aria”, per estrarne con l’acqua anche l’aria che vi penetra e riduce il vuoto; circondò il cilindro di vapore per riscaldarlo (inviluppo di vapore).
Watt attuò poi la sua vecchia idea di limitare l’introduzione del vapore nel cilindro ad una parte della corsa dello stantuffo e di farlo espandere durante la parte rimanente; introdusse il “doppio effetto”; abolendo la sospensione a catena, la sostituì col cosiddetto “parallelogrammo” guidante l’asta dello stantuffo; trasmise il moto dal bilanciere ad un albero munito di volano e rese con ciò adatta la macchina ad ogni uso industriale; inventò il “regolatore di velocità” a forza centrifuga e, riconosciuta l’utilità di sapere per ogni posizione dello stantuffo il valore della pressione nel cilindro, inventò l’”indicatore di pressione”, strumento nel quale una punta scrivente tracciava sopra un foglio di carta una linea chiusa con ordinate proporzionali alle pressioni e con ascisse proporzionali agli spazi percorsi dallo stantuffo; introdusse altri numerosi perfezionamenti particolari.
Così diede al mondo, ma prima di tutto alla gran Bretagna, lo strumento che doveva rivoluzionare la produzione industriale e, ben presto, i mezzi di trasporto per terra e per mare.