LA GINESTRA GIACOMO LEOPARDI

LA GINESTRA GIACOMO LEOPARDI

LA GINESTRA GIACOMO LEOPARDI


Nella Ginestra si svolgono più apertamente i motivi eroici del suo animo, le punte estreme della poetica leopardiana nata con Pensiero dominante e si attua l’estremo tentativo del Leopardi di portare in poesia tutta la sua più decisa esperienza e persuasione filosofica, morale, estetica, di fondere l’impegno poetico e l’annuncio di una buona e disillusa novella attraverso un’espressione lirica, in una rappresentazione poetica della propria personalità persuasa e annunciatrice e nel mito-parabola della <<ginestra>>. Non più eroi della storia illustre classica: Bruto minore oSaffo, ma un’entità naturale delicata e modesta, risoluta e antiretorica, che oppone alla violenza della natura il suo esistere senza superbia e senza servilismo come l’uomo ideale con cui il poeta si identifica in un autoritratto formidabile che non poteva più contenersi nell’iconografia sonettistica di alfieri e Foscolo. L’uomo cosciente della situazione umanata, un deserto flagellato dalla natura, ne vanamente orgoglioso ne vilmente implorante e invece pronto alla compassione ed alla solidarietà nel suo mondo tutto umano, illuminato da virtù umane cui è base essenziale l’estrema lucidità e la sincerità e la responsabilità non inquinata da nessuna forma di retorica e di autoinganno. Il poeta s’identifica con tutto l’uomo e con tutti i suoi impegni e perciò rifiuta ancor più nettamente le forme più tradizionalmente poetiche e le forme idilliache in cui si era espresso così altamente, ma secondo una prospettiva che non era quella più urgente e complessa che adesso lo sollecita e chiede tanto più chiaramente modi nuovi e se si vuole sconcertanti per chi abbia negli orecchi la musica idilliaca e dietro ad esso tanta altra musica della traduzione poetica petrarchesca-tassesca-metastasiana a cui il Leopardi idilliaco era stato più aperto ed attento. Eppure anche questa scura e cupa della Ginestra è musica autentica, potente ed audacissima, slanciata in lunghi e articolati impeti sinfonici che nascono al di la della melodia e del canto, e si strutturano in strofe sostenute da un scatto malinconico e virile che riesce a legar intimamente mosse energiche polemiche e sdegnose, rappresentazioni dello sfondo desolato e grandioso della campagna vesuviana, delle rovine di Pompei, di un cielo immenso e pauroso, ed esortazioni ed il messaggio dell’eroica e disillusa solidarietà umana, proprio in quanto esso è radicalmente un motivo lirico, il passo lirico della personalità persuasa, e non un astratto legame di motivi diversi e frammentari.  Unitario il tema e lo spirito, unitario e coerente il ritmo ed il tono di questa musica potente e severa, e lo stesso scatto perentorio ed energico tende le strofe,le singole immagini, le parole sempre più nude e insofferenti di velature di sogno, le cose che si presentano nel colore livido e vero di oggetti scabri ed essenziali:<<l’arida schiena del formidal monte  sterminator Vesévo, la qual null’altro allegra arbor né fiore>>, i campi cosparsi <<di ceneri infeconde>>. Come si presentano nude ed energiche  le mosse eroiche della personalità sdegnata contro il secol superbo e sciocco, bisognosa di un assoluta separazione di responsabilità dalle illusioni ottimistiche delle magnifiche sorti.  La stessa forza con cui prima aveva affermato la presenza e la superiorità assoluta del pensiero d’amore, poi l’invocazione della morte, poi l’incomparabilità fra l’immagine interna e la realtà di Aspasia.  Fondamentale unità e condizione lirica romantica che corrisponde ad un unico tono di rappresentazione – affermazione in cui i due termini sono inseparabili come meglio si può intendere con l’intera lettura di quel singolare capolavoro o almeno con quella delle sue strofe in cui il poeta dalla contemplazione del firmamento affascinata e paurosa passa alla constatazione della piccolezza dell’uomo e della sua vana superbia. Ma non si tratta, come si potrebbe astrattamente pensare, e a volte si è detta per pigra adesione alle formule più consuete, di un passaggio da un momento poetico contemplativo ad un polemico prosastico, che i due momenti vivono allo stesso slancio e si sviluppano con lo stesso ritmo, lo stesso accento, lo stesso linguaggio e la contemplazione severa e paurosa dell’infinità dei cieli non avrebbe senso poetico in quel approfondirsi e scandirsi  ossessivo se non vivesse liricamente come parte di un affermazione poetica, di un unico sentimento della sperduta esistenza e piccolezza della terra e dell’uomo in un infinito la cui contemplazione non può più risolversi in estasi idilliaca, ma in conclusione disperata ed eroica.  Ché se nella prima parte si può pensare come ad un singolare ritrono di temi da Infinito e da Canto notturno, qui in realtà c’è tutt’altro tono: la sicurezza di una persuasione,che non sfugge l’arido vero e non lo armonizza ed attenua nelle domande incantevoli del Canto notturno, ma lo affronta, se ne fa apostolo, ne rappresenta liricamente tutti gli aspetti e le conclusioni di messaggio del poeta, uomo tra gli uomini. Lo scherno e lo sdegno che anche in questo ultimo capolavoro si esprimono con una singolare forza di sintesi di pensiero, si cambiano – nelle parti positive della Ginestra – nella simpatia e nella vicinanza profonda con cui il Leopardi, al termine della sua lunga e sofferta esperienza vitale, rinsaldava o più fortemente i suoi vincoli di un uomo con umanità sobria, eroica, antiretorica, quale egli la raffigurava nel suo ultimo messaggio poetico. Il quale è, a chi ben lo intende, l’esito estremo e coerente di uno svolgimento di poesia e di pensiero, e di presenza totale di una personalità di cui non si capirebbe tutta la sua grandezza e tutto il significato storico se non si valutasse nel Leopardi non solo il grandissimo poeta dell’idillio, ma anche il poeta della persuasione eroica. Perché solo nel complesso sviluppo della sua esperienza e della sua personalità quale si consegnò negli ultimi canti, si può cogliere interamente, entro e anche al di là del puro valore poetico, tutta la grandezza del Leopardi, la sua decisiva presenza nella nostra tradizione moderna. Infatti – a parte ogni nostra personale e attuale consonanza o dissonanza rispetto alle posizioni ideologiche e spirituali del Leopardi e alle loro possibili riprese in altre situazioni storiche e culturali , e a parte ogni altra considerazione sull’importanza e il significato che le sue posizioni hanno nella storia del nostro stesso risorgimento – dovrà esser ben chiaro che la sua estrema energia persuasa, la sua assoluta sincerità, il suo rifiuto di ogni compromesso e di ogni via facile, il coraggio sofferto con cui egli condusse sino in fondo le conseguenze del suo pensiero e le tradusse in poesia, fanno di lui una delle presenze più alte, una delle forze più eccezionali nella nostra storia, una fonte perenne di stimolo estetico e una severa lezione umana, e, alla fine, per tutti, uno stimolo potente alla serietà della vita e della poesia, un profondo antidoto contro ogni tentazione edonistica e retorica, contro ogni conformismo e opportunismo ideologico e morale, contro ogni elusione, per debolezza o per calcolo, del nostro supremo dovere di esser risolutamente, strenuamente fedeli a noi stessi, al nostro mondo interiore, alle nostre persuasioni, ai nostri valori ideali: che è poi il senso più profondo che il Leopardi dava alla parola <<eroismo>>.


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