LA FRANCIA della Terza Repubblica

LA FRANCIA della Terza Repubblica


Dopo l’umiliante sconfitta nella guerra franco-prussiana e l’esperienza rivoluzionaria e tragica della Comune di Parigi, si costituì la Terza Repubblica, guidata prima dai Repubblicani moderati, detti “opportunisti”, e poi dai Radicali. Queste forze politiche, espressione della borghesia illuminista e positivista, attuarono una politica estera di grande espansione coloniale (che doveva compensare la sconfitta del 1870) e in politica interna seguirono un orientamento laicista e anticlericale (laicizzazione dell’istruzione, divorzio, abrogazione del Concordato napoleonico del 1801 e scioglimento degli ordini religiosi). La vita della Terza repubblica fu resa difficile dall’ostilità di gruppi

tradizionalisti, monarchici, militari e clericali (che tentarono colpi di stato e provocarono gravi crisi) e da una situazione economica sfavorevole, aggravata da scandali politico-finanziari; d’altra parte i governi repubblicani non attuarono una politica di riforme sociali, e pertanto nei primi anni del Novecento si moltiplicarono anche gli scioperi e le agitazioni operaie e il Partito Socialista francese crebbe fino ad ottenere un grande successo nelle elezioni del 1914. Ma l’aggravarsi della situazione internazionale e poi lo scoppio della Grande Guerra riaccesero in Francia il nazionalismo e lo spirito di revanche e anche il partito socialista (nonostante l’assassinio del suo leader Jaurès) approvò l’intervento in guerra e diede il suo appoggio al governo e al presidente in carica, il nazionalista conservatore Raymond Poincaré.

Fra le crisi che minacciarono la repubblica, creando profonde divisioni nella popolazione francese, va segnalato il “caso Dreyfus”: nel 1894 l’ufficiale dell’esercito Alfred Dreyfus, ebreo, fu condannato ai lavori forzati per spionaggio a favore della Germania. Il caso fu sfruttato dalle destre (clericali, monarchici, nazionalisti) per una violenta campagna antisemita. Nel 1898 il romanziere Emile Zola, in un celebre articolo, Je accuse, sostenne l’innocenza di Dreyfus e lanciò una campagna per la revisione del processo, accusando i comandi dell’esercito e i giudici militari di aver falsificato le prove contro Dreyfus. Secondo lo storico Villari, “…due concezioni politiche e due ideologie si scontrarono: da una parte si invocarono i diritti dell’individuo, la democrazia, il rifiuto della discriminazione razziale, dall’altra l’autorità dello Stato, l’onore dell’esercito, il prestigio e la sicurezza della nazione”. Zola fu condannato per offese all’esercito, ma le successive elezioni (nel 1899) vennero vinte dai repubblicani; l’innocenza di Dreyfus fu però riconosciuta solo nel 1906 (un alto ufficiale si era nel frattempo suicidato, dopo aver confessato la falsificazione di una prova a carico di Dreyfus).