LA FILOSOFIA DI JEAN PAUL SANTRE

LA FILOSOFIA DI JEAN PAUL SANTRE

Il filosofo francese ha rappresentato uno dei capisaldi della storia dell’Umanesimo del ventesimo secolo. La sua teoria è di grande interesse per la grande attenzione riposta sulle condizioni esistenziali dell’uomo.
Il pensiero di Jean Paul Sartre (1905-1980) ha avuto uno sviluppo articolato nel corso della sua vita. I punti di riferimento di Sartre furono la filosofia fenomenologico-esistenziale di Husserl e di Heidegger, che il filosofo francese ha elaborato in maniera originale. Negli anni giovanili si occupò di fondare una psicologia sulle basi della fenomenologia husserliana, successivamente affrontò il tema esistenziale cercando di scoprire le condizioni essenziali della vita umana. L’esistenzialismo di Sartre ebbe un’impronta nettamente pessimistica negli scritti dell’anteguerra (come l’Essere e il nulla la nausea). Certo, come Heidegger, afferma che l’esistenza dell’uomo è caratterizzata dalla dimensione progettuale, dalla scelta, quindi dalla libertà e dalla responsabilità, ma questa condizione è destinata perennemente al fallimento e al conflitto con gli altri. Nella nausea quest’atteggiamento di fondo sfocia in considerazioni cupe sull’inutilità dell’esistenza.

Nell’immediato dopoguerra Sartre scrisse l’esistenzialismo è un umanesimo in cui il suo pensiero volge a considerazioni più positive ed aperte al futuro sull’essenza e la condizione umana, e l’autore è maggiormente disposto ad indirizzare la sua filosofia verso l’impegno sociale. Il libro, del 1946, è tratto da una conferenza ed è di abbastanza agevole lettura per chi abbia una minima conoscenza filosofica. Punto di partenza della riflessione sartriana è il cogito cartesiano, cioè l’affermazione “penso, dunque sono” che costituisce il fondamento indubitabile della teoria di Sartre. La consapevolezza della propria esistenza, la coscienza che coglie se stessa, costituisce la base di ogni possibile discorso successivo. Secondo Sartre, per poter fondare una filosofia che sia almeno probabile o verosimile, bisogna pur partire da un presupposto certo, tale presupposto fondativo è il cogito.
Ma la consapevolezza non è sufficiente a darci conto della condizione dell’uomo. Secondo Sartre l’essere umano è un ente nel quale l’esistenza precede l’essenza, cioè l’uomo dapprima esiste, poi costruisce da sé la propria essenza, il proprio modo di essere al mondo (vedi anche l’approfondimento: essenza ed esistenza per la realtà umana in Essere e tempo  di Heidegger).

Questa differenza dell’uomo rispetto ad altri enti è spiegata da Sartre con l’esempio del tagliacarte (o di qualsiasi altro oggetto fabbricato). Quest’oggetto è stato costruito da un artigiano, avendo, già prima di averlo effettivamente prodotto, l’idea della sua funzione, il suo concetto, quindi l’essenza del tagliacarte precede l’esistenza, non si potrebbe creare un oggetto simile se non si avesse già in mente il suo concetto. Il contrario avviene nell’uomo – L’esistenzialismo ateo, che io rappresento, è più coerente. Se Dio non esiste, esso afferma, c’è almeno un essere in cui l’esistenza precede l’essenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest’essere è l’uomo, o, come dice Heidegger, la realtà umana. Che significa in questo caso che l’esistenza precede l’essenza? Significa che l’uomo esiste innanzi tutto, si trova, sorge nel mondo, e che si definisce dopo. L’uomo, secondo la concezione esistenzialistica, non è definibile in quanto all’inizio non è niente. Sarà solo in seguito, è sarà quale si sarà fatto. Così non c’è una natura umana, poichè non c’è un Dio che la concepisca. L’uomo è soltanto, non solo quale si concepisce, ma quale si vuole, e precisamente quale si concepisce dopo l’esistenza e quale si vuole dopo questo slancio verso l’esistere: l’uomo non è altro che ciò che si fa . Questo è il principio primo dell’esistenzialismo.
L’uomo esiste, si trova gettato nel mondo, libero di scegliere ciò che vuole diventare. In questo senso il concetto d’uomo sartriano assomiglia molto a quello rinascimentale di Pico della Mirandola, con la differenza che per Pico la libertà assoluta dell’uomo è un dono della creazione divina, mentre nel pensiero ateo di Sartre, Dio non esiste, e questo è il motivo della sua libertà. L’assenza di Dio sta alla base della filosofia morale di Sartre: “Se Dio non esiste, allora tutto è permesso“, non possono esistere giustificazioni a-priori di qualsiasi tipo di morale. L’etica sartriana assegna all’uomo tutta la libertà e la responsabilità della scelta. Ciò non toglie la possibilità di poter dare un giudizio morale, fondato questo sul riconoscimento della libertà propria e altrui e sulla malafede. Posso giudicare un uomo dicendo che è in malafede. Se abbiamo definito la condizione dell’uomo come una libera scelta, senza scuse e senza aiuti, chiunque si rifugi dietro la scusa della sua passioni, chiunque inventi un determinismo è un uomo in malafede.

Negli anni della vecchiaia Sartre abbandona la filosofia esistenzialista per abbracciare il marxismo, ma sempre mantenendo un atteggiamento umanista. Riguardo al tema dell’alienazione, nel 1974 affermò che essa è possibile proprio perché l’uomo non è una cosa. Se fosse un automa non avrebbe alcun senso parlare di estraniamento da se stesso.

La visione del Nuovo Umanesimo è per molto aspetti vicina a quella del filosofo francese, con la differenza che non ha la connotazione rigorosamente filosofica ed atea di Sartre. Infatti, il Nuovo Umanesimo non può essere considerato una filosofia, si tratta di un atteggiamento rispetto al mondo e all’uomo che può racchiudere diverse filosofie, religioni o visioni del mondo che mettano l’essere umano come valore centrale.
 

Essenza e esistenza per la realtà umana in Essere e tempo di Heidegger

Secondo Heidegger (1889-1976), l’essenza dell’uomo (la realtà umana, o, come lo chiama lui, il da-seinl’esserci) è l’esistenza. A questo punto è opportuno chiarire cosa voglia dire con questa affermazione Heidegger. 
Per essenza si intende normalmente, secondo la tradizione filosofica, l’insieme di caratteristiche determinanti di un ente, senza di cui quell’ente non sarebbe cio che è, essenza è così sinonimo di natura. Facciamo un esempio. L’essenza di un cavallo è di essere un animale quadrupede, della classe dei mammiferi, dotato di certe determinate caratteristiche fisiche (che non è il caso di elencare) che lo differenziano, che so, da un coccodrillo. Senza queste caratteristiche non sarebbe più un cavallo, ma qualcosa di diverso. Quindi quando parliamo della natura di un determinato ente, intendiamo con ciò la sua essenza, ciò che lo differenzia da altri enti.
Quanto di più lontano dall’analisi esistenziale che Heidegger applica alla realtà umana. In pratica l’essenza (o la natura) dell’uomo è di non avere un’essenza, cioè di non potersi distinguere da altri enti per delle caratteristiche date una volta per tutte (a parte, ovviamente, per quelle anatomiche). L’unica caratteristica sicura dell’essenza umana è la sua esistenza, da questopresupposto l’uomo è ciò che decide di essere, è libero.
Anche il termine esistenza può essere facilmente frainteso. Di solito per esistente intendiamo ciò che è puramente presente o datoma ciò che caratterizza più propriamente la realtà umana è di non essere un dato, l’uomo è apertura a tutto ciò che può essere, è, appunto, libero di scegliere ciò che vuole diventare. Il termine esistere va così inteso, secondo Heidegger, in senso letterale come ex-sistere, cioè stare fuori della pura presenza, oltrepassare la realtà data nella direzione della possibilità.  Come dice anche Sartre l’uomo non è altro che ciò che si