LA FILOSOFIA CRISTINA

LA FILOSOFIA CRISTINA

LA FILOSOFIA CRISTINA


La filosofia cristiana:

Il prevalere del cristianesimo nel mondo occidentale (livello storico) determinò un nuovo indirizzo della filosofia.

Il pensiero evangelico, che si presentava come una rivelazione, ha infatti  messo in campo nouvi problemi che rappresentavano una sfida (livello di principio) per il pensiero filosofico, che si è dato da fare per rielaborarli in maniera più razionale.

Ci sono perciò temi nuovi, ma soprattutto un nuovo modo di intendere i temi già trattati dalla filosofia greca e di dare una risposta a quei concetti poco chiari.

La filosofia cristiana ha un duplice compito:

  • chiarificare il messaggio biblico e tradurlo in termini più razionali.
  • difendere la fede cristiana dalle critiche , dalle obbiezioni e dalle eresie, difusse nei primi secoli del Cristianesimo.

 

N.B. Ragione e fede:

La ragione, nel mondo graco, era vista come elemento unico per arrivare alla verità.

Le verità di fede, contenute nel testo bilblico, vanno al di là degli schemi razionali.

Dunque la ragione, nella filosofia cristiana,“si apre”. Ora infatti, ciò che la ragione non riesce a dominare non è più necessariamente sbagliato, assurdo, ma è fede.

La fede si basa sulle sacre scritture (prendendole per vere).

L’uomo religioso, che si avvuole avvicinare il più possibile alla verità rivelata dalle sacre scritture però,  non si accontenta solo della fede ma cerca di comprenderle ( traducendole in modo razionale, compito della filosofia).

Le novità introdotte sono:

Il monoteismo:

La filosofia cristiana presuppone un rigido monoteismo (unico Dio). Si definisce per la sua unicità. Mentre i greci riconoscevano sì un’essere assoluto, ma ammettevano anche molteplici divinità.

N.B. Il concetto di Dio ha anche un significato filosofico: Dio è assolutamente trascendente, accoglie al suo interno tre persone legate da una relazione d’amore, è perciò uno e trino.

Il creazionismo:

La filosofia cristiana introduce, come già detto, categorie nuove per superare o rielaborare vecchi problemi .

Il concetto di creazione (elaborato riprendendo le frasi della genesi) è una risposta al problema del divenire, è il punto d’incontro tra il sapere greco e il messaggio biblico.

Creazione : produrre dal nulla

Il Dio cristiano crea dal nulla, fa essere tutto dal nulla con un atto assolutamente libero, perché non c’è nulla che necessiti Dio a creare, in quanto lo fa per amore.

Anche il concetto di amore è differente, in risposta all’eros dei greci c’è l’agape.

Agape è comunicazione di perfezione, è un dono gratuito che dio Dio fa alle creature (fa essere qualcosa pur avendo tutto in se).

Il rapporto analogico-partecipativo:

Il rapporto tra Dio e le realtà create è un rapporto di tipo analogico o partecipativo.

N.B. Analogia = parziale identità e parziale distinzione.

Dio è l’essere stesso, l’essere puro e perfetto, mentre le creature non sono l’essere ma hanno l’essere, cioè lo ricevono da Dio per partecipazione.

Quel tanto di positività che le creature possiedono, è data Dio, che la possiede in modo assoluto.

Le creature portano in mondo imperfetto e relativo quella positività che Dio possiede in senso assoluto.

Dio è l’è l’essere perfetto eterno ed immutabile, mentre le creature sono imperfette finite e mutevoli.

Questo loro divenire non è più fonte di problema perché esso non è più originario in quanto dipende da Dio.

Il concetto di persona:

L’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e questo porta a una realtà nuova.  Nella filosofia cristiana l’uomo è concepito come persona (concetto di origine cristiana) che ha all’interno l’importante concetto di dignità.

La persona stava ad indicare la maschera che gli attori indossavano per far risuonare la voce a teatro.

A partire da questo significato persona prende un significato metaforico.

 

Come la maschera faceva risuonare la voce, nella persona risuona la presenza dell’assoluto (Dio).

L’uomo è l’espressione massima della creazione di Dio, infatti è creato a sua immagine e somiglianza, dunque porta dentro di se l’impronta dell’assoluto.

È di un livello superiore rispetto a qualsiasi realtà creata perché è dotato di intelligenza e volontà, che lo rendono capace di relazionarsi.

Nel concetto di persona sono particolarmente importanti questi due aspetti:

la persona come individuo unico ed irripetibile, questo vuol dire che non possono esistere due persone identiche: ogni persona rappresenta un mondo del tutto originale, ed è quell’irripetibile unione di anima e corpo che non trova nessun’altro individuo identico a se.

La persona non è una sostanza chiusa in se stessa ma capace di relazionarsi.

Anche Dio è persona, accoglie infatti al suo interno 3 persone divine che si definiscono nella relazione reciproca.

Proprio perché Dio è persona, infatti accoglie in sé tre persone divine (Padre, Figlio e Spirito Santo), l’uomo che partecipa alla perfezione divina diventa a sua volta persona. 

Il rapporto tra uomo e Dio è dunque un rapporto tra persone: tra la persona assoluta e quella relativa. In particolare si definisce come una relazione interpersonale che chiama in causa intelligenza e volontà.

Il concetto di peccato originale:

Il fatto che la persona umana sia imperfetta, fragile, instabile ha nella filosofia cristiana un “nome ben preciso” che è il peccato originale, che segna in modo indelebile l’uomo alla sua nascita.

Un concetto simile lo abbiamo trovato nella metempsicosi platonica (derivato dalla cultura orfica), dove l’anima (il demone) cadeva in un corpo e da li cominciava la serie di reincarnazioni, tant’è che poi è necessaria la vita filosofica per purificarla.

In rapporto a ciò, il peccato originale è qualcosa di più specifico, è quella colpa che l’uomo commette nei confronti di Dio, e deriva dalla pretesa dell’uomo di porsi a livello dell’infinito, a livello di Dio.

E questa pretesa annienta l’uomo perché va contro la sua natura finita, negando se stesso. L’uomo infatti non può esistere al di fuori della relazione con Dio.

L’uomo cristiano non può raggiungere la perfezione in modo autonomo. Il cristianesimo ribalta totalmente l’idea di autarchia (l’uomo basta se stesso), l’uomo cristiano pienamente realizzato non può essere autarchico perché nel suo stesso essere è inscritta la dipendenza con l’assoluto.

L’uomo cristiano non è autarchico ma in relazione con, dipende da.

Il fine ultimo per l’uomo è l’immortalità intesa come immortalità di tutto l’uomo, non solo l’anima, anche il corpo che perciò non è più visto come un ostacolo,una tomba o un carcere.

La storia come progresso:

I greci avevano una concezione di tipo ciclico, tutto era destinato a ripetersi infinite volte, in un eterna ripetizione dell’identico.

Nella filosofia cristiana tale concezione diventa di tipo lineare.Apre la storia alla possibilità di una novità. È una linea che tende verso una meta (meta escatologica, ultima) che è oltre la storia, il meglio, che la orienta, per questo diventa progresso.

Il cammino della storia non è definito, ma è l’uomo che con le sue azioni lo costruisce, l’uomo è libero, ha solo un orientamento di fondo, che è l’eterno.

Ciascuna tappa è unica e irreversibile, proprio come l’uomo è unico ed irripetibile.

N.B. Oggi il termine storia ha perso tutto il suo valore religioso.

S.Agostino:

È un padre della chiesa perché ha codificato il messaggio cristiano difendendo la chiesa.

Il suo pensiero è fresco, non ancora codificato, dove si vede molto bene come certe categorie si stanno formando. Non c’è perciò la rigidità di un pensiero stabile, ma il gusto della ricerca e della scoperta.

Nell’elaborazione del suo pensiero fede ed esperienza sono indispensabili.

Il tema centrale che caratterizza la sua filosofia è il desiderio di felicità, particolarmente evidente tra le righe delle Confessioni.

Agostino nasce nel 354 e muore nel 431, dunque visse tra IV e V secolo, periodo di crisi dell’Impero Romano e delle invasioni barbariche.

Nasce a Tagaste in Nord Africa, dove il clima coloniale era caratterizzato dall’incontro tra il mondo pagano e quello cristiano. Questo clima si riflette in Agostino che, da un lato porta avanti elementi della cultura classica, e dall’altro li reinterpreta sotto chiave cristiana.

Agostino ha una formazione classica, basata sulla grammatica e la retorica: era dunque un letterato.

Ancora giovane, stanco della vita di oratore, che lo faceva sentire vuoto e insoddisfatto, si trasferisce in Italia, prima a Roma e in seguito, nel 384, a Milano.

Qui comincia a maturare la sua conversione al cristianesimo, entra in contatto con il Vescovo Ambrogio, personaggio particolarmente carismatico, rimanendo colpito dalle sue interpretazioni allegoriche (che tendono a svelare il significato nascosto dietro i simboli) delle Sacre Scritture, durante i suoi sermoni.

Sempre a Milano scopre i libri dei platonici, di due filosofi: Plotino e Porfirio, che in realtà sono filosofi neo-platonici.

N.B. il neo-platonisimo è una corrente derivante dal platonismo, che ritratta i temi platonici riprendendoli in chiave mistico-religiosa.

Concepivano la realtà come una gerarchia che culminava nell’essere assolutamente perfetto, l’uno.

Le basi metafisiche e ontologiche di Agostino sono per la maggior parte neo-platoniche ma, di uguale importanza  sono le lettere paoline, principale punto di riferimento nelle riflessioni sull’uomo e la morale.

Queste nuove prospettive segnano il definitivo distacco dal manicheismo, setta religiosa a cui aveva aderito.

Il manicheismo è nato in Persia, fu fondato da Mani, che concepiva la realtà divisa tra due principi opposti, il bene e il male (prospettiva dualistica). Questo è in conflitto con la filosofia cristiana.

Ciò nonostante in Agostino rimane viva l’esigenza di dare una spiegazione del male.

Nel 386 si converte, e da quel momento in poi, si dedicherà alla predicazione, tornando in Africa e diventando Vescovo di Ippona.

Nell’ultima fase le sue opere sono soprattutto polemiche e difendono le basi dottrinale del cristianesimo.

Agostino scrisse moltissimo, le opere più note sono tre: “le confessioni”, il “De trinitate” (“La trinità”) opera teologica dove si parla di Dio ma indirettamente anche dell’uomo e il “ De civitate Dei” (“la Città di Dio”) in cui si parla del tempo e della storia.

Le Confessioni:

Sono il racconto di un’esistenza segnata dalla conversione, ma sono anche un dialogo tra l’io umano e il tu divino (interlocutore principale).

Può essere interpretato come un viaggio: allontanamento da Dio, conversione e riavvicinamento.

Lo stile è vocativo, perché Agostino si rivolge sempre direttamente a Dio.

Si può parlare di metafisica in prima persona, il discorso lo affronta partendo da un’esperienza personale, non vi è quindi niente di astratto.

La scoperta dell’assoluto passa attraverso l’io interiore, dall’io a Dio (ricerca introspettiva).

La ricerca introspettiva ha una funzione metafisica.

Il termine confessione rappresenta:

  • una lode (a Dio)
  • una confessione del peccato

sono due aspetti complementari: sottolinea la propria miseria e la grandezza dell’assoluto.

/ 5
Grazie per aver votato!