LA COSMOLOGIA LA NASCITA DELL’UNIVERSO MODERNO

LA COSMOLOGIA LA NASCITA DELL’UNIVERSO MODERNO

LA COSMOLOGIA LA NASCITA DELL’UNIVERSO MODERNO


Le teorie cosmologiche del filosofo di Nola furono complementari a quelle metafisiche, nel senso che la sua cosmologia fu una conseguenza della sua visione metafisica e viceversa. Infatti la concezione dell’universo si ritrova negli stessi dialoghi che abbiamo segnalato per la metafisica, ossia De l’infinito universo e mondi, De la causa, principio e uno, a cui bisogna aggiungere La cena delle ceneri, in cui espose in maniera chiara e decisa la sua nuova visione cosmologica.
Il pensiero cosmologico di Bruno ha avuto un’indiscussa importanza storica poiché con esso nacque sicuramente quell’universo infinito, senza limiti e senza confini, che successivamente anche la scienza fisica ed astronomica moderna fece proprio.
Bruno cioè andò oltre Cusano, un filosofo a cui sicuramente egli s’ispirò, in quanto affermò con grande chiarezza e sicurezza che il cosmo era da considerare senz’altro infinito, mentre il pensatore tedesco aveva sostenuto che non fosse possibile parlare né di finitezza né di infinità dell’universo, in quanto il cosmo risultava inconoscibile da questo punto di vista (vedi Cusano).
Bruno, prendendo posizione contro la tradizione aristotelico-tolemaica e assumendo come punto di partenza la rivoluzione di Copernico, andò ben oltre lo stesso Copernico, il quale era rimasto prigioniero della sua mentalità geometrica, che lo aveva indotto a credere ancora nell’idea di un cosmo finito e chiuso entro il limite della sfera delle stelle fisse.
Il filosofo di Nola quindi sviluppò e portò all’estremo l’intuizione di Cusano e affermò finalmente ed esplicitamente che l’universo era infinito ed era popolato da innumerevoli mondi, cioè da tanti sistemi solari (planetari). Infatti se la Terra non era più al centro dell’universo, allora non esistevano più né un solo sistema solare né un unico centro. Esisteva invece un universo onnicentrico infinito. In questa nuova realtà sconfinata i centri si moltiplicavano e veniva negato il nesso gerarchico tradizionale tra centro e periferia, per cui si realizzava una sorta di coincidenza degli opposti, come già aveva intuito Cusano, in quanto il massimo coincideva con il minimo, l’alto con il basso, il centro con la periferia, la Terra con il cielo ecc. In sostanza ogni punto poteva essere centro del proprio orizzonte oppure periferia, poteva essere considerato tutto o solo parte, a seconda della prospettiva in cui ci si poneva. In questo senso per Bruno al centro dell’universo c’era sempre l’osservatore: la sua teoria affermò dunque una specie di “relatività filosofica” che anticipò la relatività scientifica di Einstein. A questo proposito occorre ricordare che nemmeno Keplero e Galilei osarono sostenere la tesi dell’infinità dell’universo e dei sistemi solari.
In questo universo “uno, infinito e immobile” avvenivano tutti i cambiamenti, i movimenti e le trasformazioni, si verificava in un certo senso una situazione di “mobile immobilità”.
Questa specie di paradosso ci fa capire che tutte le distinzioni che il pensiero logico umano utilizzava per comprendere e pensare l’universo erano decisamente inadeguate perché esso, nella sua infinita semplicità, sfuggiva a qualsiasi definizione e classificazione.
I concetti della cosmologia tradizionale vennero liquidati: la differenza qualitativa tra cielo e Terra, le gerarchie metafisiche, le sfere ordinate, l’etere perfetto, i moti uniformi, gli eccentrici e gli epicicli ecc.
Sostenendo la tesi della sostanziale omogeneità dei corpi celesti, Bruno distinse chiaramente tra stelle (corpi brillanti di luce propria) e pianeti (corpi opachi che brillavano solo di luce riflessa). Inoltre le cosiddette “stelle fisse” non solo non erano fisse ma erano a loro volta centri di ulteriori sistemi planetari ed il loro numero era di gran lunga superiore a quanto si poteva vedere dalla Terra ad occhio nudo. Un’altra geniale intuizione di Bruno fu quella di ritenere molto probabile che i pianeti che giravano intorno al Sole fossero di numero maggiore dei sei che allora si conoscevano, benché non fossero visibili dalla Terra.
Inoltre, prima ancora che Keplero riuscisse a dimostrarlo matematicamente, intuì che il moto di rivoluzione dei pianeti non era circolare uniforme: infatti nessuna esperienza sulla Terra attestava l’esistenza di un simile moto e quindi, non essendoci differenza tra fisica terrestre e fisica celeste, tutto lasciava supporre che anche il moto planetario non risultasse affatto perfettamente circolare ed uniforme.
Infine, rifacendosi alle osservazioni di Brahe sulle comete e sulle stelle novae, affermò che tutti gli astri, essendo degli organismi viventi, erano soggetti al ciclo di nascita, morte e cambiamento.
Attraverso queste rivoluzionarie teorie cosmologiche vennero demolite tutte le coordinate della cosmologia di Aristotele e Tolomeo: era nato ormai l’universo moderno dagli spazi infiniti.
Occorre precisare a questo proposito che Bruno, pur possedendo ampie conoscenze scientifiche, non era tuttavia un vero astronomo ma era solo un filosofo neoplatonico che aveva accettato e fatta propria la nuova concezione copernicana: le sue affermazioni cosmologiche pertanto non erano vincolate da esigenze di rigore scientifico e questo gli consentì di anticipare spregiudicatamente, attraverso geniali intuizioni, tesi e verità che la scienza avrebbe accettato e verificato solo parecchi decenni dopo (ad esempio la tesi dell’infinità spaziale dell’universo venne confermata ufficialmente, in ambito scientifico, da Newton quasi un secolo dopo).
Bruno tra l’altro contribuì anche allo sviluppo della nuova scienza fisica, che stava nascendo tra ‘500 e ‘600: egli infatti contestò la teoria aristotelica del movimento (la tradizionale distinzione tra moti naturali e moti violenti) e intuì alcuni concetti chiave della meccanica moderna, come il principio della relatività del movimento e quello del moto inerziale, che furono poi sviluppati e definiti scientificamente da Galilei, Cartesio e Newton. Tuttavia l’universo di Bruno, per quanto infinito e nuovo, ancora non era l’universo meccanico della scienza e della filosofia moderne, poiché il filosofo era legato alla visione organicistica, finalistica ed animistica di matrice neoplatonica.
La natura per lui non era semplicemente una realtà estesa nello spazio e composta da parti in movimento che si aggregavano e urtavano, ma era un infinito organismo animato e vivente, in cui operavano ancora le forme, i principi, le forze e le essenze “qualitative” della tradizione.
Quindi la prospettiva attraverso cui il filosofo guardò la realtà naturale fu ancora di tipo qualitativo (le cose considerate dal punto di vista della loro essenza), mentre quella della scienza moderna sarà una prospettiva esclusivamente quantitativa (le cose considerate solo dal punto di vista dell’estensione e del movimento).

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