LA CHIESA CATTOLICA TRA RIFORMA E CONTRORIFORMA

LA CHIESA CATTOLICA TRA RIFORMA E CONTRORIFORMA

La risposta della Chiesa cattolica alla Riforma protestante si organizzò gradualmente nell’arco di mezzo secolo, attraverso due momenti in parte distinti e in parte coincidenti che trovarono la loro sintesi nel Concilio di Trento. Da un lato vi fu infatti la cosiddetta “riforma cattolica”, ovvero il rinnovamento spirituale, organizzativo e morale che la Chiesa seppe promuovere al suo interno e che trovò espressione nella creazione di nuovi Ordini religiosi (i più importanti furono gli Oratoriani  fondati nel 1517, i Teatini – 1525, i Cappuccini 1528, i Fatebenefratelli – 1572 e, su tutti, i Gesuiti – 1534). Dall’altro lato vi fu la riaffermazione della Chiesa cattolica nel mondo con l’intransigente riconferma del dogma cattolico, anche attraverso strumenti di repressione come l’Inquisizione e l’Indice dei libri proibiti (=Controriforma).

Il più importante tra i nuovi ordini religiosi sorti in questo periodo fu senza dubbio quello della Compagnia di Gesù, fondato da Ignazio di Loyola (1491-1556), nobile basco che aveva abbandonato la carriera militare per dedicarsi agli studi teologici. Nel 1534 egli fondò la Compagnia di Gesù, riconosciuta da Paolo III nel 1540, che già nel nome rimanda alle compagnie militari tipiche del ‘500 e si proponeva di combattere l’eresia con le armi della preparazione teologica e di una vita moralmente irreprensibile. La Compagnia si caratterizzò per la sua disciplina militaresca, raggiunta attraverso la mortificazione della carne e l’ascetismo, per la durissima selezione dei suoi membri, basata su un lungo tirocinio di studi e sulla pratica degli esercizi spirituali, sulla assoluta obbedienza al papa dal quale l’ordine dipendeva direttamente. Così solidamente organizzati e preparati i Gesuiti si dedicarono a una intensa attività sociale per il trionfo della Chiesa nel mondo: in particolare all’attività missionaria che li vide impegnati a diffondere la fede nelle Americhe e nell’Asia e alla lotta contro il protestantesimo soprattutto nell’Europa Centrale, dove recuperarono al cattolicesimo Austria, Polonia, Boemia e Ungheria. Strumento fondamentale del successo dei Gesuiti fu la loro attività nel campo dell’istruzione attraverso i collegi, inizialmente fondati per la formazione dei propri membri e poi aperti agli esterni che desideravano istruirsi. Attraverso la scuola i Gesuiti divennero gli educatori della classe dirigente e grazie alla loro preparazione culturale e teologica divennero i più ricercati predicatori di corte, i confessori e i direttori spirituali di signori, principi e sovrani.

Prima ancora che scoppiasse la rivolta luterana, si erano levate all’interno del mondo cattolico autorevoli voci che chiedevano un profondo rinnovamento morale e disciplinare della Chiesa romana. Fin dall’inizio del XVI secolo sorsero infatti esperienze di vita religiosa più autentiche, come il movimento degli Oratori, dedite alla carità e all’assistenza. Nel contempo, lo sforzo di rinnovamento si concretizzò in una spontanea fioritura di nuovi ordini religiosi, che rilanciarono la presenza pastorale della Chiesa dedicandosi ad attività sociali come l’assistenza a poveri e malati, l’istruzione, la predicazione. Rimaneva tuttavia drammaticamente aperta l’esigenza di dare una risposta all’ormai dilagante rivolta protestante. Negli anni Trenta sembrò prevalere la linea del cosiddetto “partito dei transigenti”, un gruppo di autorevoli cardinali di formazione erasmiana i quali si batterono per eliminare la corruzione, moralizzare il clero e ottenere la convocazione di un Concilio, al fine di promuovere una riconciliazione con i protestanti. Nella stessa direzione si mosse anche l’imperatore Carlo V, che caldeggiava una soluzione di compromesso (Congresso di Bologna, 1530). Il pontificato di Paolo III Farnese si apriva quindi sotto gli auspici di una ventata riformatrice: il papa annunziò la prossima convocazione di un Concilio e si circondò di cardinali erasmiani (Pietro Carafa, Gaspare Contarini, Reginald Pole, ecc.) cui affidò l’incarico di preparare un progetto di riforma della Chiesa. Tuttavia le posizioni conciliatrici persero ben presto terreno: mentre il papa rinviava la convocazione del Concilio per motivi di opportunità politica, gli incontri tra cattolici e protestanti  (1541) si conclusero con un fallimento e il movimento protestante si allargò e si radicalizzò con l’affermazione del calvinismo. Ai vertici della Chiesa iniziò così a prevalere la volontà controriformistica dei cosiddetti “intransigenti”, per i quali la riforma interna doveva accompagnarsi ad una lotta contro il protestantesimo, che si espresse nella costituzione del Santo Uffizio dell’Inquisizione, l’organo romano addetto alla repressione delle eresie (1542).

Alla fine, quando dopo un decennio di rinvii, papa Paolo III si decise a convocare il Concilio (1545), la possibilità di un incontro tra protestanti e cattolici era ormai del tutto sfumata. Il Concilio iniziò i suoi lavori a Trento, in segno di apertura al mondo tedesco, sotto la direzione di legati papali aperti al dialogo, anche se i vescovi presenti furono un piccolo drappello costituito in maggioranza spagnoli e italiani, con pochi tedeschi e francesi. Tuttavia prevalse fin dall’inizio la volontà di privilegiare il dibattito sulle questioni dottrinali, ovvero le verità di fede contestate da Lutero e Calvino (terreno sul quale la Chiesa cattolica non poteva che ribadire l’ortodossia romana) rispetto alle questioni morali, come viceversa avrebbe preferito l’imperatore Carlo V. I lavori del Concilio ebbero uno svolgimento drammatico e irregolare e si protrassero con interruzioni e lunghe sospensioni per quasi vent’anni, intrecciandosi con le vicende internazionali della guerra tra Carlo V e i re di Francia Francesco I e Enrico II. Nel 1547 Paolo III fece spostare la sede a Bologna, ma di fatto i lavori ristagnano e il concilio venne sospeso per la morte del papa (1549, fine della I fase).

Con l’ascesa al trono pontificio di Paolo IV trionfò definitivamente la linea intransigente della Controriforma: il dialogo con i protestanti venne condannato come un patteggiamento intollerabile e la riforma della Chiesa venne affidata al rafforzamento degli organi repressivi. Nel 1559 viene istituito l’Indice dei Libri Proibiti, che mette al bando le letture ritenute per la fede cattolica come Il Principe di Machiavelli, il Decameron di Boccaccio, le opere di Erasmo da Rotterdam, ecc.

Questa seconda fase, riaperta a Trento nel 1551, si chiuderà nel 1555 per la ripresa delle ostilità tra Carlo V e la Francia.

Infine, sotto il pontificato di Pio IV si ebbe la terza e ultima fase del Concilio, durante la quale venne portata a termine l’opera di definizione dogmatica e disciplinare della Chiesa, sancita con l’emanazione papale della Professio fidei tridentinae (Professione di fede di Trento), che raccoglie le principali disposizioni approvate dal Concilio:

Sul piano dottrinale vennero approvati decreti che riaffermavano il valore delle opere oltre che quello della fede ai fini della salvezza, la validità di tutti e sette i sacramenti, il valore sacramentale dell’ordine sacerdotale, l’importanza della tradizione ecclesiastica e l’unicità del magistero della Chiesa cattolica nell’interpretazione delle Sacre Scritture.

Sul piano disciplinare venne imposto l’obbligo del celibato e della castità per il clero, il divieto del cumulo dei benefici ecclesiastici, l’obbligo per i vescovi di risiedere nella propria diocesi e della visita pastorale, l’istituzione dei seminari per la formazione del clero, l’uso del latino nella liturgia.

Veniva quindi riconfermato il primato papale contro le tesi autonomistiche degli episcopati spagnolo e francese, la Chiesa ribadì la sua struttura di monarchia assoluta con a capo il Papa e la Curia romana. Contemporaneamente il Concilio operò un coraggioso e severo rinnovamento della Chiesa, adottando provvedimenti che tagliavano alla radice la corruzione e gli abusi ecclesiastici e istituendo i seminari per la formazione del clero.

La Chiesa post-tridentina poté così raccogliere la sfida del protestantesimo e rilanciare il cattolicesimo in Europa e nel mondo. Fu il cattolicesimo della Controriforma che si impose in Italia, Spagna e in parte in Francia, riconquistò l’Austria, la Polonia e l’Ungheria, paesi nei quali la tensione antiprotestante finì  per giustificare per lungo tempo un rigido controllo della Chiesa non solo sulla vita religiosa, ma anche sulla vita culturale.

Con la seconda metà del XVI secolo l’Europa si divise definitivamente, dal punto di vista religioso, in confessioni diverse: cattolicesimo e protestantesimo (a sua volta diviso in anglicanesimo, luteranesimo e calvinismo), che si richiamavano all’unica fonte originaria del cristianesimo, ma si differenziavano sul piano teologico e sul piano dell’organizzazione ecclesiastica. L’Europa dovette pertanto affrontare un nuovo problema: quello della convivenza tra confessioni religiose diverse, ciascuna convinta che potesse esistere una sola fede e quindi portata a combattere la confessione avversaria accusata di eresia. Lo spirito tollerante e pacifista della cultura umanistica (era il caso di Erasmo da Rotterdam) venne spazzato via e prevalse un clima di intolleranza religiosa, sia nei paesi cattolici che in quelli protestanti, che si intrecciò con i conflitti politici esistenti e si prestò ad essere da questi strumentalizzato, sia nei rapporti tra i diversi Stati (per es. Spagna e Inghilterra), sia all’interno degli Stati stessi (lotte di religione in Francia). L’intolleranza religiosa, mentre spingeva cattolici e protestanti a perseguitarsi a vicenda in nome della fede, li accomunò al contempo nella persecuzione di ogni manifestazione di devianza sociale e in particolare nell’ossessione maniacale con cui si dedicarono alla repressione della stregoneria, particolarmente in ambito luterano.

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