LA CAVALLINA STORNA TESTO E PARAFRASI

LA CAVALLINA STORNA TESTO E PARAFRASI

FONTE:http://www.homolaicus.com/letteratura/pascoli7.htm


 

G. Pascoli: La Cavallina Storna – Testo, Parafrasi e Analisi Del Testo
Testo
Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste.
Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
nata tra i pini su la salsa spiaggia;
che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora,
e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
il primo d’otto tra miei figli e figlie;
e la sua mano non toccò mai briglie.
Tu che ti senti ai fianchi l’uragano,
tu dài retta alla sua piccola mano.
Tu ch’hai nel cuore la marina brulla,
tu dài retta alla sua voce fanciulla”.
La cavalla volgea la scarna testa
verso mia madre, che dicea più mesta:
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
lo so, lo so, che tu l’amavi forte!
Con lui c’eri tu sola e la sua morte.
O nata in selve tra l’ondate e il vento,
tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
sentendo lasso nella bocca il morso,
nel cuor veloce tu premesti il corso:
adagio seguitasti la tua via,
perché facesse in pace l’agonia…”
La scarna lunga testa era daccanto
al dolce viso di mia madre in pianto.
“O cavallina, cavallina storna,
che portavi colui che non ritorna;
oh! due parole egli dové pur dire!
E tu capisci, ma non sai ridire.
Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
con negli orecchi l’eco degli scoppi,
seguitasti la via tra gli alti pioppi:
lo riportavi tra il morir del sole,
perché udissimo noi le sue parole”.
Stava attenta la lunga testa fiera.
Mia madre l’abbracciò su la criniera
“O cavallina, cavallina storna,
portavi a casa sua chi non ritorna!
A me, chi non ritornerà più mai!
Tu fosti buona… Ma parlar non sai!
Tu non sai, poverina; altri non osa.
Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!
Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
esso t’è qui nelle pupille fise.
Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.
Ora, i cavalli non frangean la biada:
dormian sognando il bianco della strada.
La paglia non battean con l’unghie vuote:
dormian sognando il rullo delle ruote.
Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
disse un nome… Sonò alto un nitrito.
Poesia scritta in seguito alla morte del padre, avvenuta in circostanze misteriose nell’agosto del 1867
Giovanni Placido Agostino Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912)


Parafrasi
Nella Torre era già calata la notte. Si muovevano(per il vento) i Pioppi el Rio Salto. I cavalli normanni stavano ai loro posti, masticavano la biada facendo rumore. Là in fondo c’era la cavalla, selvaggia, nata fra i pini sulla salata spiaggia; che nella criniera aveva ancora gli spruzzi dell’acqua e le urla nelle orecchie(i rumori del mare).Sulla sua schiena mia madre aveva appoggiato il gomito e gli diceva a bassa voce:”O cavallina, cavallina storna che portavi colui che non c’è più(il marito ucciso), tu obbedivi ai suoi gesti e alle sue parole. Egli ha lasciato un figlio piccolo, il primo di otto, e non è mai andato a cavallo. Tu che corri veloce, tu obbedisci alla sua piccola mano. Tu hai nel cuore la vegetazione marina, dai retta alla sua voce bambina. La cavalla volse la sua testa magra verso mia madre che diceva sempre più a bassa voce:O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c’è più, lo so che lo amavi veramente! Con lui in quell’istante c’eri solo tu e la morte. Tu che sei nata tra i boschi, le onde, il vento, nel tuo cuore spaventato, sentendo il laccio nella bocca che tiene il morso, corresti via. Con calma seguitasti per il tuo percorso perché morisse in pace. La magra lunga testa era accanto al dolce viso di mia madre che piangeva. “O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non c’è più..Oh! due cose egli avrà detto! E tu le hai capite, ma non le puoi dire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe e negli occhi lo sparo, con negli orecchi l’eco del colpo, proseguivi la tua via tra i pioppi: lo riportavi a casa per il tramonto perché noi sentissimo quello che aveva da dire. Stava ferma con la testa alzata. Mia madre gli abbracciò il collo:”O cavallina, cavallina storna, riporta colui che non c’è più! A me, colui che mai più tornerà! Tu sei stata buona..ma non sai parlare! Tu non lo sai fare, poverina; altri che potrebbero non osano parlare. Oh! Ma tu devi dirmi una cosa! Tu l’ hai visto l’uomo che l’ ha ucciso, lui è ancora nei tuoi occhi. Chi è stato! Ti dico un nome. E tu fammi un cenno. Dio T’insegni a farlo. Ora i cavalli non mangiavano: dormivano sognando la strada (il tragitto percorso in giornata), non calpestavano la paglia: dormivano sognando il rumore delle ruote. Mia madre alzò nella notte un dito e disse un nome..Risuonò un forte nitrito.

Analisi Del Testo
TIPO DI COMPONIMENTO: E’ costituita da trentuno strofe di due versi (distico) composte da versi liberi
SCHEMA DI RIME: Sono rime baciate con schema AA BB CC DD
SCANSIONE IN SILLABE DEI PRIMI TRE VERSI:
“Nel/la/tor/re il/si/len/zio e/ra/già al/to.
Sus/sur/ra/va/no i/piop/pi/del/Rio/Sal/to.
I/ca/val/li/nor/man/ni al/le/lor/pos/te”
ES. DI SINALEFE: “..Tor/re il/si..”
ES. DI ENJAMBEMENT: “..gli spruzzi ancora..”(v.7-8)

La morte misteriosa del padre ha segnato molto la vita del Pascoli ed è infatti uno dei temi che ricorre sempre nelle sue poesie. Tutta la sua famiglia è rimasta sconvolta dalla tragedia, soprattutto la madre, che non avendo nessuno con cui confidarsi, si rivolge alla cavalla perché sa che è l’unica di cui potersi fidare e che sa la verità. Il poeta paragona la fedeltà della cavalla alla vigliaccheria dell’uomo. Gli uomini che sanno, infatti, non parlano mentre la cavalla che vorrebbe parlare non può, non ha la parola. Un altro tema che ricorre spesso nelle sue opere è la descrizione e l’uso della natura come un simbolo per trasmettere qualcosa di profondo al lettore.
Anche in questa famosa poesia, Pascoli ricorda la tragedia della sua famiglia, quando morì assassinato il padre.
Il poeta ci presenta sua madre che si reca nelle stalle a trovare la cavalla storna che aveva riportato a casa il corpo del marito senza vita. La donna parla all’animale, come se questo potesse capirla; gli chiede anzi di parlare, come se fosse un essere umano. L’accarezza sulla criniera e la cavalla volge il capo verso di lei, attenta, come se ascoltasse.
La donna le parla come a un membro della famiglia, le ricorda l’affiatamento che aveva col suo padrone, le ricorda i figli piccoli rimasti orfani; poi vuole da lei una conferma. La famiglia Pascoli era convinta di sapere chi fosse l’autore del delitto, anche se la giustizia umana non era riuscita, o non aveva voluto trovarlo. La donna interroga la cavalla, che aveva compiuto la pietosa opera di riportare a casa il suo padrone morente, e le sussurra un nome, quel nome, il nome dell’assassino.
Nel silenzio l’animale fa risuonare un alto nitrito, confermando i sospetti della donna e mostrandosi umanamente partecipe al dolore dei suoi padroni.
Questa poesia, famosa per l’aspetto “commovente” del dialogo tra la donna e l’animale, ha forse le sue parti migliori nella descrizione dei silenzi in cui è immersa la stalla nella sera e nei versi che rievocano la natura selvaggia della cavalla e della marina in cui è nata, un ambiente ancora incontaminato, tra gli spruzzi e gli urli del mare che si agita in potenti ondate sotto la spinta del vento.
La lirica è composta di strofe di due versi endecasillabi ciascuna, in rima baciata, e questa scelta metrica dà alla poesia un andamento ritmico quasi da filastrocca popolare. Per interrompere il ritmo monotono di questo tipo di versi, il poeta ha scelto di usare “un trucco” tipico della poesia: l’enjambement” (“scavalcamento”), cioè una frase, o parte di frase, che non termina nel verso, ma si prolunga in quello successivo.

Facciamo un esempio:
“Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
I cavalli normanni alle lor poste
frangean la biada con rumor di croste”
In questi versi la nostra lettura tende a fermarsi alla fine di ogni verso, perché il senso della frase, o di parte di essa, è completo .
Se invece leggiamo i versi seguenti:
“che nelle froge avea del mar gli spruzzi
ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
Con su la greppia un gomito, da essa
era mia madre; e le dicea sommessa”
ci accorgiamo che per completare e cogliere il senso della frase, o di parte di essa, siamo costretti a leggere “scavalcando” il verso e continuando all’inizio di quello successivo, modificando quindi il ritmo di lettura.

Particolari
La Torre: nome della tenuta agricola dei principi Torlonia, amministrata dal padre del poeta.
Rio Salto: piccolo torrente che passa da S.Mauro.
Froge: le narici dei cavalli.
Greppia: la mangiatoia.
Lasso: abbandonato.
Fise: fisse.

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