la battaglia di Pidna

la battaglia di Pidna

Nemico di Perseo era Eumene, re di Pergamo e alleato dei romani. Nel 172 a.C. andò a Roma per presentare di persona le sue lagnanze: era preoccupato dalla politica macedone in Grecia e in Tracia. I romani, che non erano ancora pronti alla guerra, tergiversarono, in modo da organizzare meglio il conflitto, Perseo non osò attaccare per primo, e quindi si arrivò a rinviare l’inizio del conflitto nel 171.

La Grecia non era passata al fianco di Perseo, forse intimorita dalla potenza romana e comunque non propriamente convinta della forza della Macedonia. Gli Etoli si schierarono con Roma nella speranza di contrastare il troppo potente regno ai suoi confini. Anche la lega Achea si schierava come sempre con i romani, come Pergamo e Rodi. Perseo si trovò così isolato.

Le prime battaglie furono favorevoli a Perseo. I romani combattevano in modo disorganizzato, abbandonandosi alle violenze verso le popolazioni locali. Questo favorì un nuovo cambiamento negli umori dei greci, che sembrarono tornare dalla parte della Macedonia. Tuttavia Perseo tendeva a non sfruttare lo slancio delle vittorie, per timore di perdere poi rovinosamente (si dice fosse molto avaro e quindi ossesionato dalla possibilità di perdere ciò che aveva conquistato).

Nel 170 e nel 169, la Macedonia ebbe però importanti conferme dalle battaglie navali nell’Egeo. Rodi, credendo che i romani non fossero in grado di concludere il conflitto, chiese loro di intavolare trattative di pace col nemico per salvaguardare gli interessi commerciali della sua flotta. Dicerie di palazzo volevano persino Eumene di Pergamo in trattative segrete con Perseo.

Roma ruppe gli indugi. Nel 168 a.C. Lucio Emilio Paolo prese il controllo delle operazioni, restituendo la displina perduta all’esercito. Egli riuscì con il suo esercito a confinare Perseo nelle vicinanze di Pidna, in Tessaglia.

La battaglia vide in un primo momento il successo schiacciante della falange macedone. La fanteria romana venne ricacciata quasi sulle alture che attorniavano il campo di battaglia e paradossalmente fu proprio l’enorme forza d’urto della falange a segnarne le sorti. L’attacco macedone era stato così rapido che presto le falangi si ritrovarono disunite e vennero attaccate alle spalle e ai fianchi dalla seconda linea romana, che la sbaragliò. La cavalleria macedone, vista la sorte della falange, invece di attaccare si ritirò. A Perseo non restò che fuggire a Samotrace con i suoi tesori. Sul campo restarono 20.000 macedoni, altri 11.000 vennero fatti prigionieri.

La battaglia di Pidna, oltre a segnare la definitiva scomparsa della monarchia macedone, fu decisiva e importante in quanto segnò l’abbandono della linea diplomatica romana a favore di una più energica politica di “annullamento” degli sconfitti. Da Pidna in poi i romani avrebbero sistemato le faccende orientali con mano decisamente più energica.

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