KANT LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

KANT LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

Dalla prefazione alla II ediz. Della Critica della Ragion pura, 1787


Allorché Galilei fece rotolare lungo un piano inclinato le due sfere, il cui peso era stato da lui stesso prestabilito, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso, da lui precedentemente calcolato pari a quello di una colonna di acqua nota, e, più tardi ,Stahl trasformò dei metalli in calce, e questa, di nuovo, in metallo, con l’aggiunta o la sottrazione di qualcosa, una gran luce risplendette per tutti gli indagatori dalla Natura. Essi si resero allora conto che la Ragione scorge soltanto ciò che essa stessa produce secondo il proprio disegno, e compresero che essa deve procedere innanzi con i principi dei suoi giudizi secondo leggi stabili, costringendo la Natura a rispondere alle proprie domande, senza lasciarsi guidare da essa, per così dire con le redini.

1) Che cosa hanno in comune, dal punto di vista metodologico, i tre esperimenti a cui accenna Kant?

2) quale relazione Kant pone tra Ragione e leggi di Natura?

In caso diverso le nostre osservazioni casuali, fatte senza un piano preciso, non trovano connessione in alcuna delle leggi necessarie di cui invece la Ragione va alla ricerca ed ha impellente bisogno. È pertanto indispensabile che la Ragione si presenti alla Natura tenendo, in una mano, i principi in virtù dei quali soltanto è possibile che i fenomeni concordati possono valere come leggi e, nell’altra mano, l’esperimento che essa ha escogitato in base a questi principi; e ciò al fine di essere sì istruita dalla Natura, ma non in veste di scolaro che stia a sentire tutto ciò che piace al maestro, bensì in veste di giudice che nell’esercizio delle sue funzioni costringe i testimoni a rispondere alle domande che egli rivolge loro.

1) perché le osservazioni casuali non possono diventare legge di Natura?

2) Kant utilizza due diverse metafore: quella della Natura come maestro, e quella della Natura come testimone. Spiega il diverso ruolo che la Ragione assume nelle due metafore. 3) individua nel testo i riferimenti polemici verso l’empirismo.

Pertanto la fisica è debitrice della rivoluzione del modo di pensare che le ha arrecato tanti vantaggi solo all’idea che la Ragione deve (senza indulgere in fantasticherie) cercare nella Natura, in conformità a quanto essa stessa vi pone, ciò che vuole sapere intorno ad essa, e che in nessun modo potrebbe trovare in se stessa. In tal modo la fisica è stata posta per la prima volta sulla via sicura della scienza, mentre per tanti secoli non aveva fatto altro che procedere brancolando nel buio.(…..)

1) che cosa ha permesso alla fisica di diventare una scienza?

2) perché la Ragione deve guardare fuori di sé e non in se stessa?

Alla Metafisica non è ancora toccata la sorte benigna di intraprendere il sicuro cammino della scienza; e ciò benché essa sia la più antica di tutte le scienze, non che tale da sussistere anche qualora le altre dovessero venire del tutto meno. Infatti la Ragione si trova nella Metafisica in continue difficoltà, anche quando si propone di scoprire a priori (tale è la sua pretesa) quelle stesse leggi che sono confermate dalla più comune esperienza. Essa è così lontana dall’aver raggiunto l’accordo tra i suoi cultori da presentare invece l’aspetto di un campo di battaglia; non vi è dunque dubbio alcuno che il suo modo di procedere abbia appunto finora i caratteri di un brancolamento inconcludente, e per di più tra semplici concetti. Qual è la causa di questa incapacità della Metafisica a trovare il sicuro cammino della scienza? Si tratta forse di una impresa impossibile?

Finora si è creduto che ogni nostra conoscenza debba regolarsi sugli oggetti; ma tutti i tentativi, condotti a partire da questo presupposto, di stabilire tramite concetto di qualcosa priori intorno agli oggetti , per poi allargare in tale modo la nostra conoscenza, sono andati a vuoto. È venuto il momento di tentare una buona volta, anche nella Metafisica, il cammino contrario, movendo dall’ ipotesi che siano gli oggetti a regolarsi sulla nostra conoscenza; ciò si accorda meglio con la auspicata possibilità di una conoscenza priori degli oggetti, che affermi qualcosa nei loro riguardi prima che ci siano dati all’ intuizione. Le cose stanno qui come per i primi pensieri di Copernico: il quale, incontrando difficoltà insormontabili nello spiegare i movimenti celesti a partire dall’ipotesi che l’insieme ordinato degli astri ruotasse intorno allo spettatore, si propose di indagare se le cose non procedessero meglio facendo stare fermi gli astri e ruotare lo spettatore. Nella Metafisica un tentativo del genere può essere messo in atto per quanto riguarda la intuizione degli oggetti. Se l’intuizione si deve a regolare sulla costituzione degli oggetti, non vedo come sia possibile saperne qualcosa a  priori; se invece è l’oggetto in quanto oggetto sensibile a conformarsi alla nostra facoltà intuitiva, posso immaginare benissimo questa possibilità.

1) qual è la pretesa della metafisica, la quale finora non è stata raggiunta?

2) qual è secondo Kant la causa di questo fallimento? 3) costruisci una tabella a due colonne in cui inserisci a sinistra tutti i termini astronomici della metafora su Copernico, e a destra i relativi significati fuori dalla metafora.

3) spiega il significato dei seguenti termini: intuizione degli oggetti, a priori, conformarsi.

Ma poiché non posso fermarmi a intuizioni di questo genere se esse debbono divenire conoscenza, ma debbono riferirle quali rappresentazioni a qualche oggetto da determinare per loro mezzo, non mi resta che questa alternativa: o ritenere che i concetti mediante i quali io attuo questa determinazione si regolino sull’oggetto, nel qual caso ricado nella stessa difficoltà circa il modo in cui mi sia possibile conoscere qualcosa  a priori; oppure, al contrario, ritenere che gli oggetti, ovvero l’intera esperienza, si regolino su questi concetti. In quest’ultimo caso mi pare che la via di uscita sia più facile poiché l’esperienza é di per sé una specie di conoscenza tale da richiedere l’Intelletto, la cui regola debbo presupporre in me stesso, ancora prima che mi siano dati gli oggetti, e cioè a priori: e questa regola si concretizza in concetti a priori, rispetto ai quali tutti gli oggetti dell’esperienza debbono regolarsi e con i  quali debbono accordarsi.

Qui Kant, dopo avere esaminato l’esperienza sensibile, passa alla conoscenza vera e propria, la quale per definizione è universale ed oggettiva.

1) Kant pone una alternativa; spiega perché la prima delle due scelte è impossibile.

2) spiega la somiglianza tra la seconda alternativa ed il metodo scientifico illustrato nelle prime righe di questo testo.

3) spiega la sede è la funzione dei concetti a priori.

4) sulla base dell’intero testo, abbina  due a due i seguenti elementi seguendo il criterio della sinonimia: Natura, soggetto,  a priori,  oggetto, innato, Ragione.

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