ISOLA DI PASQUA

ISOLA DI PASQUA

L’Isola di Pasqua, Rapa Nui, nella lingua degli isolani, celebre al grande pubblico per l’omonimo film di Kevin Costner che ne racconta l’aspetto tribale, è ancora avvolta dal mistero dei moai, le gigantesche statue di pietra erette in prossimità della costa con le spalle al mare. Per la sua particolare cultura autoctona, è l’anello di congiunzione fra il Cile e la Polinesia. È stata definita anche l’Ombelico del Mondo.

L’Isola di Pasqua è il luogo al mondo più lontano da altri punti abitati: infatti la costa cilena si trova a 3.700 km (5 ore di volo) e la Polinesia (punto più vicino verso ovest) a oltre 4.000. Si tratta di un’isola di origine vulcanica con una superficie di 171 km², con la tipica forma di un triangolo con i lati di 16, 17 e 24 km; dai suoi vulcani più alti (500 m ca.) se ne può vedere tutto il perimetro, circondato dall’oceano. La sua popolazione, di origine fondamentalmente polinesiana, ma con importanti infiltrazioni dal Cile continentale, è inferiore ai 3.000 abitanti, quasi tutti concentrati nella cittadina di Hanga Roa. Il moderno aeroporto Mataveri vanta la più lunga pista del Sud America (è stato recentemente rimodernato come punto di atterraggio di emergenza per lo Space Shuttle. La storia dell’Isola è misteriosa ed affascinante: i primi abitanti (la cui origine è controversa, tra la Polinesia ed il Sud America) sembrano risalire al IV secolo d.C.: rimasti isolati, svilupparono una cultura particolare e complessa; la composita società Rapa Nui era formata da diversi gruppi legati da relazioni di parentela più o meno ravvicinate; su tutti regnava un re, diretto discendente del primo monarca Hotu Matu’a e prima ancora degli dei creatori. Ogni unità sociale, detta “mata”, occupava un settore dell’isola con un tratto di costa sul quale si trovava il centro religioso, politico e sociale della famiglia; sull’altare cerimoniale (“ahu”) si veneravano i simboli ancestrali deificati, rappresentati da statue di pietra dette “moai”. Queste rappresentano tuttora il simbolo più caratteristico di Pasqua. Attraverso una serie di evoluzioni, l’isola dovette sopportare tra l’altro un’eccessiva crescita della popolazione, che superò le 10.000 unità (addirittura 15.000 secondo alcune teorie), portandola a sempre più gravi difficoltà di tipo ambientale (eccessivo sfruttamento e conseguente scarsità di risorse) e sociale, sfociate in pesanti e sanguinosi conflitti fra i diversi clan. Questa situazione causò molte distruzioni ed una sensibile riduzione della popolazione, tanto che, quando il navigatore olandese Jacob Roggeveen “scoprì” l’isola la domenica di Pasqua del 1722 (di qui il nome), vi trovò una società povera e indebolita. Di qui in avanti, diverse spedizioni attraccarono a Pasqua e fin dal 1805 iniziarono a deportarne gli abitanti per venderli come schiavi; solo nel 1862, oltre 2.000 Rapa Nui vennero portati con la forza in Perù. Nel 1877 solo 111 abitanti originali erano rimasti sull’isola. Finalmente, nel 1888, il capitano Policarpo Toro annesse Pasqua al Cile, ma la stessa fu “affittata” dal 1895 al 1953 ad una società inglese, che la utilizzò come allevamento di pecore. Dichiarata nel 1935 Parco Nazionale e Monumento Storico, e recuperato nel ’53 il totale possesso della terra, la popolazione pasquense si è dedicata ad una sistematica ricerca archeologica ed alla restaurazione del vasto patrimonio storico ed artistico, attualmente completo ed affascinante.

I punti importanti dell’isola sono molti: fra i principali ricordiamo, oltre al capoluogo Hanga Roa, la città cerimoniale di Orongo, i vulcani Rano Kau e Rano Raraku (da quest’ultimo venivano estratti tutti i moai); gli “ahu” (piattaforme con moai) Vinapu, Akahanga, Tongariki, Te Pito Kura e Akivi, la “cava” di Puna Pau, da cui si ricavavano i tipici “cappelli” di roccia rossa, la spiaggia di Anakena, dove si può fare il bagno praticamente tutto l’anno