IO M’AGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE PARAFRASI

IO M’AGGIO POSTO IN CORE A DIO SERVIRE PARAFRASI

di Jacopo da Lentini (parafrasi)


TESTO
Io m’aggio posto in core a Dio servire,
com’io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch’aggio audito dire,
u’ si manten sollazzo, gioco e riso.Sanza mia donna non vi voria gire,
quella c’ha blonda testa e claro viso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io peccato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamentoe lo bel viso e ’l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento,
veggendo la mia donna in ghiora stare.


PARAFRASI (vers 1)

Io mi sono ripromesso di servire Dio 

in modo da poter giungere in Paradiso,
a quel luogo santo di cui ho sentito parlare,

dove durano in eterno piacere, divertimento e allegria.
Ma non vorrei andarci senza la mia donna
quella che ha i capelli biondi e il viso luminoso,
perché  senza di lei non potrei gioire, 
rimanendo separato dalla mia donna.
Ma non lo dico con l’intenzione 
di voler commettere peccato con lei, se non quello
 di vedere il suo contegno virtuoso 
e il bel viso e il soave sguardo: 
perché sarebbe per me una grande consolazione 
vedere stare la mia donna nella gloria di Dio.

PARAFRASI (vers 2)

Io ho fatto proponimento, promessa, di servire Dio,
affinché io possa andare in Paradiso.
A quel santo luogo di cui ho sentito parlare,
dove dura ininterrottamente divertimento, gioco e riso.

Non vorrei andarvi senza la mia donna,
quella dalla chioma bionda ed il volto luminoso, la carnagione chiara
poiché senza di lei non potrei aver gioia,
essendo diviso dalla mia donna.

Ma non lo dico (non sto dicendo tutto questo)
allo scopo di voler peccare con lei,
bensì soltanto perché vorrei vedere il suo comportarsi bene, la sua dignitosa condotta,

e il suo bel viso e il dolce sguardo;
considererei ciò una grande consolazione,
vedere la mia donna nella gloria del paradiso.


COMMENTO

La poesia “Io m’aggio posto in core a Dio servire” di Giacomo da Lentini è un sonetto; si apre con il tema di fondo di questo componimento è la forte contraddizione fra amore fisico e concezione cristiana del paradiso. Il poeta non volendo commettere peccato utilizza l’immagine del paradiso come metafora per esaltare la bellezza e l’ incomparabile valore della donna, della cui presenza vuole compiacersi in eterno.Nella seconda strofa parla della sua donna amata e di come non potrebbe vivere senza di lei neanche in paradiso, nelle due terzine finali l’autore spiega le sue affermazioni dicendo che non vorrebbe fare nulla di peccaminoso con l’amata, ma solo contemplarne la bellezza. Molto forte è l’influenza della poesia provenzale, non soltanto nell’affrontare il tema dell’amore ma soprattutto a livello stilistico. Tipica provenzale e la descrizione della donna, caratterizzata da una carnagione chiara e da capelli biondi, ma anche molti termini del testo come sollazzo, riso e gioco. L’attenzione cade in particolare sulla ripetizione dell’aggettivo bel che mette in risalto la contemplazione della donna nelle sue migliori qualità. Infine la rima utilizzata ABAB, ABAB, CDC, DCD è tipica della scuola siciliana. Inoltre a livello lessicale si usano delle parole dialettali quali “m’aggio”, invece di “mi sono posto”, “gire” invece di “andare” affiancata da alcuni latinismi.Come nella seconda strofa: “audito”, “gaudere”, “claro.

 

 

 


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