Introduzione alle Operette Morali

Introduzione alle Operette Morali


Le Operette morali sono una raccolta di brevi opere in prosa (di qui il titolo operette), di forma dialogico-narrativa, che contengono riflessioni di carattere morale, cioè di riflessione sul comportamento dell’uomo, sul suo agire pratico e sui problemi classici della filosofia morale. Possiamo notare come di fatto Leopardi abbia dedicato alla riflessione e alla meditazione sui problemi esistenziali dell’uomo (felicità, suicidio ecc.) e sulle cause dei comportamenti umani, nonché all’osservazione dell’agire umano nella società, gran parte della sua esistenza, a testimonianza del fatto che egli è anche un filosofo oltre che poeta.

Le Operette morali sono prose filosofiche, dunque un’opera di filosofia, il che farebbe pensare a una prosa di tipo dottrinale alla maniera dei trattati filosofici del Seicento-Settecento (Discorso sul metodo di Cartesio, opere di Leibniz, Newton). È veramente così? Prova a ricavarlo dalle due riflessioni di Leopardi sul rapporto tra la filosofia e la poesia.

Ovviamente no, perché Leopardi, pur ammettendo le diverse finalità di poesia e filosofia, l’una finalizzata al bello, l’altra alla ricerca e all’indagine del vero, di fatto, anche a ridosso della crisi poetica del 1823 (quella che i critici definiscono la conversione all’arido vero), matura l’idea che anche la prosa sia adatta ad esprimere «pensieri poetici, veramente propri e moderni» e possa consentirgli di farsi filosofo senza rinunciare alla potenza evocatrice dell’immaginazione e della fantasia. Se scorriamo l’indice dell’opera ci accorgiamo infatti come Le Operette morali sono prose filosofiche in cui Leopardi espone il suo pensiero attingendo al vasto materiale dello Zibaldone, rinunciando alla pretesa di sistematicità e organicità propria del trattato filosofico e privilegiando la fantasia, l’immaginazione e la varietà.

Esaminiamo il contenuto dell’opera soffermandoci sui generi e sui personaggi: a) quale genere prevale e a quali tradizioni si rifà Leopardi con questa scelta? B) E gli altri generi? C) Consideriamo i personaggi che vi compaiono: a quali categorie appartengono?

1) Molte delle operette sono dialoghi che si rifanno a una duplice tradizione: da una parte I Dialoghi dello scrittore e sofista greco Luciano di Samosata (II sec. d.C.), scritti brevi, spesso in forma dialogica, in cui l’autore con stile elegante, lucido e satirico, prende di mira i difetti degli uomini, della società, degli dei. Le 24 operette riprendono dal modello greco diversi elementi: a) la varietà delle forme (dialoghi, brevi trattati, narrazioni, elogi); b) la capacità di invenzione fantastica: entrano in scena gnomi, folletti, un surreale gallo silvestre, la Moda e la Morte, personaggi storici (Torquato Tasso, G. Parini, Cristoforo Colombo) e mitologici (Ercole e Atlante). B) Al genere dialogico si affianca la narrazione come nel caso della prima operetta (Storia del genere umano, un racconto in forma di mito e di allegoria della storia dell’uomo e della sua perenne ricerca di felicità; La scommessa di Prometeo, una specie di conte philosophique, racconto filosofico settecentesco alla Voltaire: Prometeo scommette con Momo che l’uomo è l’essere più perfetto dell’universo: poche verifiche lo inducono però ad ammettere che si sbaglia; Proposta di premi fatta all’Accademia dei Sillografi: un racconto di fantascienza ante litteram, dove si propone l’invenzione di robot dotati di virtù che gli uomini non praticano più da tempo), la prosa lirica (Elogio degli uccelli: esaltazione della condizione di vita degli uccelli, le creature più liete al mondo, a differenza dell’uomo condannato all’infelicità; Cantico del gallo silvestre, una sorta di monologo profetico incentrato sul tema dell’infelicità della vita, a cui è preferibile la morte stessa, fine ultimo dell’intero ordine naturale), le raccolte di aforismi (frasi brevi) paradossali (Detti memorabili di Filippo Ottonieri, in realtà un autoritratto di Leopardi stesso, di un intellettuale chiuso nella provincia che non lo capisce e che lo odia: è una sintesi in forma narrativa del pensiero leopardiano), discorsi che si rifanno alla trattastica classica (Il Parini, ovvero della Gloria, un trattato in dodici capitoli sul tema della gloria: vi si immagina che il Parini parli a un giovane aspirante scrittore, per renderlo consapevole delle difficoltà che si frappongono al conseguimento della gloria cui egli aspira e del frutto che essa produce qualora la si consegua). C) I personaggi sono creature immaginarie, personificazioni, personaggi mitici o favolosi (Ercole e Atlante, un folletto e uno gnomo, il mago Malambruno e il diavolo Farfarello, la Natura e un’anima, la Terra e la Luna, la Moda e la Morte, la Natura e un Islandese); in altri casi si trastta di personaggi storici (Colombo e Gutierrez, Plotino e Porfirio) oppure di personaggi mescolati con esseri bizzarri o fantastici (Torquato Tasso e il suo Genio familiare, Federico Ruysch e le sue mummie).

Leggeremo l’incipit di alcune operette da cui è possibile ricavare il tema centrale dell’opera nel suo complesso, tema attorno al quale ruotano tutte le altre riflessioni dell’autore. 

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1) Dialogo della Natura e di un’anima. L’anima che sta per recarsi sulla Terra ed è destinata a compiere grandi cose, e la Natura che le spiega che è nata all’infelicità, ma non per colpa sua, che esegue i piani del fato. 3) L’Anima rimprovera alla Natura di mettere al mondo uomini destinati all’infelicità, quando il desiderio massimo, l’aspirazione ultima dell’uomo è la felicità. 4) Il tema è quello dell’infelicità inevitabile dell’uomo, tema centrale di tutta la meditazione filosofica sull’esistenza umana alla base delle Operette.

 

2 1) Di quale operetta si tratta? Chi sono i personaggi? 2) 3) Cosa chiede Malambruno a Farfarello? Qual è la sua risposta? 4) Qual è il tema centrale del passo (e dell’intero dialogo)?

Il primo personaggio è un mago dal nome di fantasia, che evoca spiriti infernali i cui nomi sono tratti dalla Commedia, dal Morgante e da un poema eoricomico del Seicento. 2) Il mago Malambruno desidera dal demonio, se non l’eterno piacere, almeno un attimo di felicità e questo non è possibile neppure al re dei diavoli. Così Farfarello gli spiega che non si può neppure liberare dall’infelicità, perché l’uomo è infelice di necessità (desiderando il proprio bene, cioè la felicità, e non riuscendo a dare soddisfazione seppur minima a questo desiderio, l’uomo è infelice di necessità). Dunque, Farfarello non può nulla per Malambruno, se non prendersi la sua anima prima del tempo, visto che «il non vivere è sempre meglio del vivere». Il tema è ancora quello dell’infelicità: negli uomini già la privazione della felicità, quantunque senza dolore e senza sciagura alcuna, determina infelicità; nel contrasto con l’aspirazione, insopprimibile, a essere felici. E l’infelicità riempie la vita, senza pause e senza interruzioni, se non per brevissimi tratti, durante il sonno senza sogni e durante i mancamenti di sensi.

 

3 Dialogo di un fisico e di un metafisico. Il fisico è lo scienziato, il metafisico è il filosofo. Il fisico ha scoperto l’arte di vivere lungamente, ma il Metafisico gli obietta che, nella condizione di infelicità permanente in cui si trva, più meritoria sarebbe la scoperta dell’arte di vivere brevemente. Al centro dell’operetta c’è di nuovo il tema dell’infelicità umana, ma con una variante significativa: la vita umana, indipendemente dalla sua durata, è tanto meno infelice quanto più piena, intensa e ricca di forti sensazioni e grandi azioni. Non la vita lunga ma la vita piena è soddisfacente per l’uomo
4 Dialogo di un folletto e di uno gnomo. 2) I deu sono personaggi tratti dalle credenze popolari. 3) Lo gnomo risale dalle profondità delle caverne, per vedere che ne è stato degli uomini, e apprende dal Folletto che sono tutti morti e che l’intera razza è scomparsa dalla terra per le infinite pratiche messe in atto contro di sé, affrettando la fine nell’autodistruzione. Ma tutto sulla terra continua cme se niente fosse stato. Del resto, tutte le specie, dice il Folletto più avanti, credono fermamemente che il modno sia fatto per loro; e invece il mondo funziona per conto suo. Anche senza gli uomini tutto continua  come prima, anzi meglio di prima.

Tema centrale: non solo la Natura è indifferente di fronte alla sorte dell’uomo, ma dopo la scomparsa dell’uomo, sulla terra continua ogni altra forma di vita, indipendnetemente dall’uomo. La ragione è che la natura persegue in modo necessario e sufficiente i suoi fini di conservazione dell’universo. Leopardi elabora qui la sua visione materialistica del mondo secondo le teorie meccanicistiche per cui tutti i fenomeni sono connessi in una catena di causa ed effetti, escludendo qualsiasi finalità. Leopardi contesta e insieme fa a pezzi il falso mito della concezione antropocentrica dell’universo, cioè l’idea che tutto ciò che esiste sia stato creato avendo come scopo il maggiore benessere degli uomini.

4) Il ricorso all’ironia è uno dei tratti caratterizzanti delle Operette. Essa è presente a tutti i livelli, non solo nelle singole frasi ma anche a livello della stessa costruzione del testo. In questo caso la presunzione degli uomini che il mondo sia fatto per loro diventa ironica se vista attraverso gli occhi di un folletto o di uno gnomo. Sempre qui possiamo notare un’altra caratteristica che si sposa ottimamente con l’ironia, lo straniamento: in molte operette la vita degli uomini è esaminata da osservatori estranei, da uno sguardo altro e distaccato: uno gnomo e un folletto in questo caso specifico. Ne deriva che le vicende umane si mostrano in tutta loro relatività e inconsistenza, in tutta la loro fragilità illusoria, in tutta la loro presuntuosa superbia: tutto ciò senza che l’autore abbia bisogno di esprimere un giudizio, semplicemente mostrandole attraverso occhi estranei.

 

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Dialogo della Terra e della Luna. Terra e Luna dialogano tra di loro, dopo millenni di silenzio. Entrambe sono vive e popolate da esseri vivi e intelligenti, ma gli abitatori dei due mondi non hanno nulla in comune se non i vizi, i misfatti, i mali, i dolori. Il male, spiega la luna, che è più vicina della terra agli altri corpi celesti e la sa più lunga, è cosa comune a tutti i pianeti del sistema solare e dell’universo. La condizione dell’infelicità non riguarda solo il singolo individuo, ma il cosmo nella sua interezza. In questo passo il tema è di nuovo la critica dell’antropocentrismo, dell’idea che tutto l’universo sia stato creato a misura d’uomo e che sia conformato sulla sua natura, cioè che tutto rispecchi l’ordine terrestre e umano.

Bastioni…cannocchiali: l’astronomo inglese Herschel avrebbe visto con il cannocchiale dal Capo di Buona Speranza, secondo un testo apocrifo, una fortezza lunare e lo svolgimento di una battaglia.