INCENDIO DI TROIA IL CAVALLO DI LEGNO 1-57

INCENDIO DI TROIA IL CAVALLO DI LEGNO 1-57


Tacquero tutti ed attenti tenevano i visi;
quindi il padre Enea così cominciò dall’alta letto:
Indicibile dolore, regina, inviti a rinnovare,
come i Danai distrussero i beni troiani ed il regno
degno di pianto, e le cose tristissime che io vidi
e di cui fui gran parte. Quale soldatodei Mirmidoni o dei Dolopi o del crudele Ulisseraccontando tali cose
si tratterrebbe dalle lacrime? E già la notte umida dal cielo
precipita e le stelle cadendo consigliano i sonni.
Ma se sì grande (è) l’amore di conoscere i nostri casi
ed ascoltare brevemente la massima angoscia di Troia,
anche se il cuore inorridisce e rifugge dal lutto,
inizierò. Stroncati dalla guerra e respinti dai fati
i capi dei Danai, scorrendo ormai tanti anni,
innalzano un cavallo, come un monte con l’arte divina
di Pallade, e tagliato l’abete ne intrecciano i fianchi;
simulano il voto per il ritorno; quella fama si sparge.
Qui furtivamente, estratti a sorte, chiudono scelti corpi scelti
di eroi nel cieco fianco e riempiono interamente le enormi
caverne ed il ventre di presidio armato.
C’è di fronte Tenedo, isola notissima per fama, ricca di beni,
finchè duravan i regni di Priamo,
ora solo insenatura e posto mal sicuro per le carene:
qui giunti si nascondono nel lido deserto;
pensando noi esser partiti e diretti col vento a Micene.
Perciò tutta la Teucria si scioglie dal lungo lutto;
si apron le porte, piace andare e vedere il campo dorico
ed i luoghi deserti e il lido abbandonato:
qui la schiera dei Dolopi, qui s’accampava il crudele Achille;
qui il posto per le flotte, qui solevan combattere in schiera.
Parte stupisce ed ammirano il micidiale dono della vergine
Minerva e la mole del cavallo; e Timete per primo consiglia
che si guidato entro le mura e collocato sulla rocca,
o per frode o già così dicevano i fati di Troia.
Ma Capi, e queli cui (era) migliore il parere nella mente,
consiglian o di precipitare in mare le insidie dei Danai ed i doni
sospetti e bruciare con fiamme accostate,
o trapassare ed esplorare i cavi nascondigli del ventre.
Il volgo si spacca incerto in decisioni contrarie.
Qui oer primo, accompagnandolo gran folla,
Laocoonte ardente corse giù dalla sommità della rocca,
e da lontano “O miseri cittadini, quale sì grande pazzia?
Credete partiti i nemici? o pensate che nessun dono dei Danai
manchi di inganni? Così v’è noto Ulisse?
o chiusi da questo legno si nascondono gli Achivi,
o questa macchina fu fabbricata contro le nostre mura,
per controllare le case e per venire sopra la città,
o qualche inganno si cela; non credete al cavallo, Troiani.
Qualunque ciò sia, temo i Danai anche portando doni”.
Così detto scagliò un’enorme lancia con potenti energie
nel fianco della bestia e nel ventre ricurvo per le strutture.
Ella ristette tremando, e percosso il ventre,
risuonaron le cave caverne e diedero un gemito.
E se i fati degli dei, se la mente non fosse stata funesta,
aveva spinto col ferro a violare i segreti argolici,
ed ora Troia esisterebbe, e tu, alta rocca di Priamo resteresti.

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