IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI PARAFRASI

IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI PARAFRASI

PARAFRASI METRICA FIGURE RETORICHE


Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentili anni caduto. 
La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e se da lunge i miei tetti saluto. 
Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch’io nel tuo porto quïete. 
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, le ossa mie rendete
allora al petto della madre mesta.


METRICA

Forma metrica e rima: sonetto di endecasillabi a rime alternate (nelle
quartine ABAB, nelle terzine CDC DCD).


PARAFRASI

Un giorno, se non fuggirò sempre di popolo in popolo fratello, mio, mi vedrai
seduto sulla tua tomba, a piangere la tua fiorente giovinezza stroncata dalla
morte.
Solo la madre ora, alla quale non resta ormai che trascinare la sua stanca
vecchiaia, parla di me lontano con te ormai cenere muta (muta perché ormai
non può più dare nessuna risposta): ma io tendo inutilmente le mani verso di
voi e solo da lontano (il poeta è a Milano) posso salutare la mia casa familiare
(di Venezia).
Mi rendo conto che il destino, gli dei (i numi) mi sono ostili, vivo anche io quei
tormenti interiori che tormentarono il tuo animo e aspiro, chiedo di trovare la
quiete là dove l’hai trovata tu, cioè nella morte.
Oggi, di tante speranze, mi resta soltanto questa! Popoli stranieri, restituite le
mie spoglie alle braccia della madre infelice.


FIGURE RETORICHE (1)

• Allitterazioni: dominio delle consonanti “t”, “r” (“tardo traendo”, v. 5;
“tetti saluto”, v. 8; secrete / cure che al viver tuo furon tempesta”, vv.
10-11…) e “d” (“fuggendo / vedrai seduto”, vv. 1-2) e allitterazione
assonantica con il dominio delle vocali “o” ed “e” (“s’io non andrò
sempre fuggendo”, v. 1; “e se da lunge i miei tetti saluto”, v. 8…).
• Apostrofi: “o fratel mio” (v. 3); “straniere genti” (v. 13)
• Sineddochi: “i miei tetti” (v. 8); “petto” (cuore) (v. 14)
• Metonimie: “su la tua pietra” (v. 3); “ossa mie” (v. 13).
(consiste nella sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo una relazione
di vicinanza. La metonimia è una figura retorica del tutto paragonabile alla sineddoche, risulta
perciò molto spesso arduo distinguerle.
Nella metonimia la relazione è di tipo qualitativo, nella sineddoche di tipo quantitativo.
Esistono numerosi tipi di modalità di sostituzione, per esempio:
• l’autore per l’opera (“mi piace leggere Dante” / le opere di Dante,ascolto Mozart/le opere di
Mozart.)
• la causa per l’effetto (“ha una buona penna” /”scrive bene”);
• il contenente per il contenuto (“bere un bicchiere” / ” l’acqua nel bicchiere”);
• l’astratto per il concreto (confidare nell’amicizia / negli amici);
• il concreto per l’astratto (ascoltare il proprio cuore / i sentimenti, ha gli strumenti / ha le
capacità);
• la materia per l’oggetto (“ammiro i marmi del Partenone”, “marmi sta per statua”);
• la sede per l’istituzione (“notizie da Montecitorio/”notizie provenienti dalla camera dei deputati”).
• Metafore (Si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne
sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario
creando, così, immagini di forte carica espressiva): “il fior dei tuoi gentili
anni” (giovinezza) (v. 4); “che al viver tuo furon tempesta” (tormento)
(v. 10); “nel tuo porto” (morte) (v. 11).
• Iperbato (prevede un allontanamento di una parola da un’altra alla quale dovrebbe
essere vicina): “il fior dei tuoi gentili anni caduto” (v. 4).
• Ipallage (consiste nel riferire grammaticalmente una parte della frase a una parte diversa da
quella a cui dovrebbe riferirsi semanticamente. In genere la parte del discorso su cui avviene lo
spostamento è l’aggettivo, che viene attribuito a un sostantivo diverso da quello a cui il suo
significato lo dovrebbe legare): “deluse…palme” (le mani non possono essere
deluse, è il poeta a esserlo (v. 7).
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• Sinestesia (prevede l’accostamento di due termini appartenenti a due piani
sensoriali diversi): “cenere muto” (v. 6).
• Enjambements: fuggendo/di gente in gente (vv. 1-2); ”seduto/su la tua
pietra” (vv. 2-3); “gemendo/il fior” (vv. 3-4); “secrete/cure” (vv. 9-10):
rendete/allora (vv. 13-14).


Commento:

Il sonetto riguarda un episodio autobiografico della vita dell’autore: il fratello Giovanni, anche lui militare e dotato di un carattere simile a quello di Ugo, si suicidò per una questione d’onore legata ad un debito di gioco.

Ugo, in esilio dalla sua patria Venezia, non potendo riabbracciare la madre e visitare la tomba del fratello, spera almeno di trovare come lui la pace nella morte e di tornare almeno da morto vicino a loro.


Figure retoriche: (2)

Allitterazioni:

Diverse allitterazioni della T (“tardo traendo”), (“tetti saluto”).

Allitterazione della R (“Sento gli avversi numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta”): esse suggeriscono la durezza della vecchiaia della madre, dell’esilio e della vita del fratello.

Apostrofi:

“o fratel mio”, “straniere genti”.

Metafore:

“il fior dei tuoi gentil anni”, “che al viver tuo furon tempesta”, “nel tuo porto”.

Enjambements:
“fuggendo//di gente”, “seduto//su la tua pietra”, “gemendo//il fior”, “secrete//cure”, “rendete//allora”.

Sinestesia (figura retorica che consiste nell’associare due parole che si riferiscono a sfere sensoriali diverse):
“cenere muto”.

Iperbato (fig. ret. che consiste nel separare e porre distanti due parole che dovrebbero essere vicine):

“il fior de’ tuoi gentil anni caduto”.

Ipallage (fig. ret. che consiste nel riferire un aggettivo non al sostantivo cui dovrebbe riferirsi, ma a un altro):

“palme deluse”: non sono i palmi delle mani di Foscolo ad essere delusi, ma è Foscolo stesso.

Metonimia e sineddoche:

(Figure retoriche che consistono nel sostituire una parola con un’altra strettamente legata alla prima, ad esempio legata da un rapporto di causa/effetto, contenente/contenuto, materia/oggetto, tutto/parte;

Quando il rapporto è di qualità si parla di metonimia, mentre quando il rapporto è di quantità si parla di sineddoche).

Metonimie:

“su la tua pietra”: materia (“pietra”), al posto dell’oggetto (“tomba”).

Sineddoche:

“ossa mie”: la parte (“ossa”), al posto del tutto (“corpo”).


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