ILIADE LIBRO VIII LA SERA NEL CAMPO TROIANO
Giù nell’Oceano discese la luce splendente del Sole,
portando la nera notte sui campi ricchi di frutti.
Sgradita ai Troiani scomparve la luce, invece agli Achei
tre volte benvenuta giunse la notte scura.
Allora Ettore illustre convocò l’assemblea dei Troiani,
conducendoli via dalle navi, presso il fiume turbinoso,
in un luogo intatto, dove la terra era libera dai cadaveri.
Smontati dai cavalli a terra ascoltarono il discorso
che fece Ettore caro agli dèi in assemblea: nella mano
aveva la lancia di undici cubiti: lontano splendeva la punta
bronzea dell’arma, intorno correva una ghiera d’oro;
poggiandosi a questa egli parlò tra i Troiani:
“Ascoltatemi, Troiani e Dardani e nostri alleati.
Oggi pensavo, distrutte le navi e tutti gli Achei,
di tornare indietro a Ilio ventosa.
Ma prima è giunto il buio, che ora più di tutto
ha salvato gli Argivi e le navi sulla riva del mare.
Ma dunque ora noi obbediamo alla notte nera
e prepariamo il pasto: i cavalli dalle belle criniere
staccate dunque dai carri, gettate loro il foraggio;
dalla città portate buoi e pecore grasse
rapidi, e spillate il vino dal cuore di miele
e il cibo dalle case, e raccogliete molta legna,
perché per tutta la notte, fino all’aurora che sorge al mattino
accendiamo molti fuochi, salga al cielo il bagliore,
perché durante la notte gli Achei dai lunghi capelli
non tentino di sfuggire sul dorso ampio del mare.
Non senza sforzo, tranquilli, devono salire sulle navi,
ma così che ciascuno anche a casa digerisca un colpo,
colpito di freccia o da una lama affilata
balzando sulla nave, perché anche un altro abbia timore
di portare Ares lacrimoso ai Troiani domatori di cavalli.
Gli araldi cari a Zeus annuncino per la città
ai figli nel fiore degli anni e ai vecchi dai bianchi capelli
di raccogliersi intorno alla città sulle mura divine;
le mogli, le donne, ciascuna nella sua casa
accendano un grande fuoco: stia pronta una guardia,
che non giunga un agguato mentre l’esercito è fuori città.
Così sia, Troiani valorosi, come io vi dico:
sia detto per ora il discorso che più ci giova,
domani lo ripeterò tra i Troiani domatori di cavalli.
Spero, pregando Zeus e gli altri dèi,
di cacciare da qui quei cani portati dal destino,
che destino di morte ha portato sulle navi nere.
Ma dunque per la notte manteniamo la guardia,
domani all’alba, rivestite le armi,
presso le concave navi risveglieremo Ares acuto:
e io saprò se il Tidide, il forte Diomede,
via dalle navi alle mura mi respingerà, oppure se io
colpendolo col bronzo porterò le spoglie insanguinate.
Domani si deciderà il valore, se alla mia lancia
resisterà quando andrò all’assalto: ma tra i primi, io credo,
giacerà ferito, e molti compagni all’intorno,
domani al levar del sole. E così anch’io
fossi immortale e senza vecchiaia per sempre,
fossi onorato come lo sono Atena ed Apollo,
come ora questo giorno porterà la rovina agli Argivi.”
Così Ettore parlò, e intorno i Troiani acclamarono.