ILIADE LIBRO II VV 198-295
ILIADE LIBRO II VV 198-295
Se Ulisse vedeva qualcuno del volgo agitarsi
levando schiamazzi, gli dava colpi di scettro
200 e gridava: “Tu sciagurato, sta’ quieto;
ascolta il comando degli altri
più forti di te; tu sei debole, vile,
trascurabile in guerra e in consiglio. O vorremo
metterci adesso tutti a regnare
205 Achei3 quanti siamo? Non è buono il comando di molti:
il capo sia uno, uno il sovrano, cui il figlio
di Crono4 dai torti pensieri
ha dato lo scettro e le leggi,
perché saggiamente regga le genti”.
210 Così per l’esercito andava Ulisse autorevole
calmando gli animi accesi. E corsero quelli al raduno
di nuovo, chi dalle navi, chi dalle tende,
gridando: come l’onda marina
quando sorge in tumulto e s’avventa
215 alla spiaggia profonda ed alto strepita il mare.
Sedeva dunque ciascuno al suo posto;
Tersite soltanto ciarlava insolente. Costui
molte sconnesse parole serbava nel cuore,
vane7, a dir male dei re; col dileggio
220 egli credeva di far ridere gli Achei:
il più brutto di quanti vennero uomini a Troia;
sbilenco e zoppo d’un piede, attorto e curvo
era di spalle verso il petto piegate; la testa
era puntuta, di rari peli fiorita.
225 In odio lo avevano Achille ed Ulisse,
ché lor due sopra tutti soleva egli
insultare. E adesso infieriva
contro il grande Agamennone
movendo con aspre grida all’assalto,
230 tra l’ira frenata e il dispregio di tutti;
forte sbraitando accusava Agamennone:
“Atride, che cosa ti affligge? A che cosa agogni
ancora? Di bronzi, di donne hai le tue tende
riempito; e le donne le diamo da scegliere
235 a te per primo noi Achei espugnata che abbiamo
una terra abitata. O sei forse affamato
ancora di oro, tu ingordo, e vorresti
che a te ne portasse qualcuno dei Teucri
a riscatto del figlio che in ceppi ho tratto
240 io stesso o qualcun altro dei Dànai? O pretendi
qualche giovane donna soltanto per te
e giacere con lei per godertela tutta in disparte?
Ma giusto non è, non è lecito a un prìncipe
tenere gli Achei sommersi nei mali.
245 Oh molli che siete, o vili: Achee non Achei.
Si riprenda sùbito il mare, a casa si torni:
lasciamolo solo, qui a Troia, a smaltire gli onori,
così che s’avveda se l’abbiamo aiutato anche noi
un pochino, o se no. Poco fa
250 ha offeso anche Achille, uomo di lui
molto più grande: gli ha strappato la schiava.
Ma fiele Achille non ha nel suo corpo,
è neghittoso; altrimenti, o Atride,
la tua ultima offesa certo era questa”.
Subito lo investe Ulisse divino, guardandolo torvo
255 In tal modo insultava all’Atride capo di genti
Tersite; sùbito a lui si fa incontro
Ulisse divino guardandolo torvo
e con dure severe parole lo investe:
“Tersite, lingua insensata, fiato sonoro,
260 taci; non osare tu solo offendere i prìncipi!
Io dico che un uomo più abietto
di te non esiste fra quanti vennero ad Ilio
insieme agli Atridi; e tu non cianciare
col nome dei re su la bocca ingiuriando:
265 né tu del ritorno devi darti la briga.
Queste son cose non chiare per noi
ancora; se un bene o un male è per gli Achei
il ritorno noi non sappiamo. A te piace
offender l’Atride Agamennone, capo di genti,
270 perché molti doni gli fanno i guerrieri
Dànai: perciò lo schernisci tagliente.
Ma una cosa ti dico che avrà compimento:
se ancora ti prendo a dar nel farnetico
come adesso tu fai, la testa di Ulisse
275 non stia più su le spalle e non possa nessuno
più di Telemaco padre chiamarmi,
se io non ti afferro e ti strappo violento
le vesti di dosso, il manto e la tunica
e quant’altro di sotto ti copre il pudore,
280 e così ti rimando alle navi piangente
fuori da questo consesso, battuto e infamato”.
E detto così, gli dà con lo scettro alle spalle
e al petto; quello si torce e gli cadono lacrime.
La pelle del dorso si gonfia, sanguina all’urto
285 dell’aureo scettro. Pauroso e affranto
Tersite sedette, e intorno volgendo
stupido e mesto lo sguardo, il pianto si terse.
E risero tutti di lui, pure se tristi.
E ci fu chi diceva rivolto al vicino:
290 “Mille cose bellissime ha fatto di certo
Ulisse, e buoni ha dato consigli e sempre
in guerra nobili imprese ha osato; ma questa
è di gran lunga la cosa più bella
che ha fatto fra i Dànai: ha spento
295 la voce oltraggiosa di questo insolente.