Il visconte dimezzato

Il visconte dimezzato

L’opera narra le vicende del visconte Medardo di Terralba che, insieme al suo scudiero Curzio, decide di partire alla volta dell’accampamento cristiano in Boemia per partecipare alla guerra contro i Turchi. Durante il conflitto, però, lo sfortunato Visconte viene colpito da una palla di cannone, che lo divide così in due parti. Del suo corpo, si salva solo la parte destra, quella malvagia, che il dottor Trelawney, medico del campo, riesce a fasciare e ricucire salvandogli la vita; mentre quella sinistra, quella buona, non si riesce più a trovare, forse completamente distrutta dall’esplosione.

A questo punto, Medardo torna a Terralba, ma purtroppo predomina in lui solo la parte malvagia, insita nella destra del suo corpo. L’uomo inizia a compiere numerosi atti malvagi tra cui: taglia a metà un uccello inviatogli come regalo dal suo amato padre che, rimanendo colpito dalla cattiveria del figlio, si lascia morire; tenta perfino di uccidere il nipote, cercando di avvelenarlo con dei funghi e opprimendo con tutta la sua rabbia gli ugonotti a causa della loro religione protestante, fonte di forti dissidi con i cattolici. La situazione non cambia neanche quando Medardo si invaghisce di una contadinella che si chiama Pamela, che però non contraccambia il suo amore, allorché si vendica danneggiando e osteggiando in modo grave la famiglia della ragazza.

La svolta del romanzo avviene quando al nipote di Medardo, recatosi a Pratofungo mentre si trova a pescare, appare lo zio nelle sembianze della parte sinistra “quella buona” che, visto lo scarso risultato della pesca, offre un dono al nipote. Questo atto lascia il giovane stupito e, cerca di capire la bontà del gesto, lo zio viene morso da un ragno velenoso sulla mano. La mano lesa è quella sinistra e lì, il giovane si rende conto d’aver dinnanzi un altro zio, perché quello che lui conosce ha solo la mano destra. Al contrario della “destra”, la “sinistra” compie sempre atti buoni e predica dottrine per i poveri e i lebbrosi. Ma per la gente la troppa bontà assilla e opprime, esattamente come la troppa cattiveria.

Anche la parte sinistra si invaghisce, come era accaduto alla parte destra, della bella contadina Pamela, ma anch’esso viene respinto ed allontanato. A questo punto, il Visconte destro architetta, mettendosi d’accordo con la madre della ragazza, di organizzare il matrimonio con la sua parte sinistra, così che di fronte alla legge avrebbe comunque sposato il visconte Medardo di Terralba. Il Buono, invece, non ci sta, visto l’inganno e decide di allontanarsi dalla giovane. Il Visconte destro a questo punto decide di sfidare la sua parte sinistra a duello ma dopo una lunga serie di fendenti e colpi, nessuno dei due riesce a uccidere l’altra parte ed alla fine entrambe le metà restano con le bende e le cuciture lacerate dai rispettivi colpi di spada.

Le due metà, a questo punto, rimangono tutte e due sanguinanti nelle rispettive parti monche e, a quel punto, non resta che l’intervento del dottor Trelawney per riunire le due metà riformando interamente il visconte Medardo di Terralba.

Ora, tutto intero e pregno sia della sua bontà che della sua cattiveria, può finalmente recarsi dall’amata Pamela per chiederla in moglie. Medardo raggiunge finalmente la sua completezza, non essendo né troppo cattivo né troppo buono ma semplicemente se stesso, e a Terralba ritorna finalmente il sereno.

In quest’opera, Italo Calvino mette al centro come tema quello dell’uomo dimezzato, cioè incompleto e, proprio a tal fine, il protagonista viene dimezzato secondo la linea di frattura tra bene e male. Le due metà cercano ognuno l’altra, ma solo l’unione dei due mezzi uomini, porta alla rinascita dell’uomo intero e completo anche nell’animo. L’autore utilizza una metafora su tutta la storia, che porta a simboleggiare nelle due parti dimezzate, il bene e il male, l’incompletezza dell’uomo e i possibili suoi stati d’animo.

Lo stesso autore aveva pensato che tutti ci sentiamo in qualche modo e spesso incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra. L’uomo, per essere veramente felice, deve riuscire a convivere con il suo lato buono e quello cattivo al tempo stesso.