Il tholos di Atreo

Il tholos di Atreo

Il tholos di Atreo


Il tesoro di Atreo, una tomba a tholos, avente cioe’ pianta circolare e volta ad andamento conico, e’ una costruzione di grandi dimensioni situata appena fuori le mura della zona archeologica della cittadella fortificata di Micene, nel Peloponneso. Manufatto imponente, il complesso sepolcrale e’ interamente ipogeo, nascosto sotto una collina artificiale: solo il dromos di accesso lungo circa trentacinque metri apre un’ampia fenditura nel lato del monte. Il complesso e’ costituito, oltre che dal dromos stesso, da una vasta camera di ingresso e dal locale di sepoltura vero e proprio, piu’ piccolo, e scavato direttamente nel terreno. La camera principale, il tholos vero e proprio, a cui si accede da un breve corridoio che la collega al portale e poi al dromos, ha le pareti costituite da una serie di blocchi di pietra calcarea posti in cerchio che si stringono via via che si sale verso l’alto, sporgenti e trattenuti dalla pressione del terriccio sovrastante: la lastra di chiusura della falsa cupola e’ posta a circa tredici metri dal suolo, un’altezza pari all’incirca al diametro del locale alla base. Tholos e dromos sono posti in asse e non vi sono sensibili differenze di elevazione tra i due ambienti.

Lo spazio per la sepoltura e’ invece accessibile da un ulteriore corridoio, sensibilmente piu’ basso del primo, a circa dieci gradi sopra la normale all’asse dromos/portale/tholos, nella parte Est della prima camera. Questa seconda camera, come detto, e’ stata scavata interamente nel terreno ed e’ uno spazio cubico cieco e buio di circa quattro metri di lato, abbastanza regolare, con una depressione al centro, in cui venivano depositate le offerte rituali. La sequenza di eventi delineata dal paradigma indiziario strutturato sul sito di Stonehenge viene ulteriormente modificata: dall’esterno all’interno gli spazi si succedono ordinatamente come percorso/soglia/percorso/soglia/luogo/percorso/luogo. La prima constatazione e’ la negazione della fisicita’ del recinto come sua percettibilita’ dall’esterno: la collina non consente di afferrare con lo sguardo i limiti dello spazio interno, e nel contempo segnala fortemente, con un deciso passaggio dalla luce alla penombra e al buio, il senso di ingresso e di passaggio.
Il dromos funziona come un imbuto che conduce verso il basso: pur non essendoci, come detto, alcun dislivello, la struttura delle interfacce tra gli eventi principali e la stessa concretizzazione di questi come spazi a scalare, quasi una frattalizzazione, induce un forte senso di discesa. Se Stonehenge e’ leggibile come una sequenza rettilinea a cui viene addotta un nuovo elemento di circolarita’, per il tholos e’ difficile ignorare l’impressione di due singoli spazi comunicanti tra loro come oggetti separati, uniti dalle interfacce di percorso, poste fuori asse tra loro, e quindi asimmetriche, ed omotetici nel loro rapporto. Il tholos non ha un centro, ed e’ assente l’elemento totemico appena introdotto a Stonehenge: alla forte connotazione delle interfacce di accesso corrisponde un quasi totale svuotamento degli spazi/evento interni.

Fonte: http://www.artegens.com/tesi/008/tholos.htm