Il sacrificio di Ifigenia e l’empietà della religio (I, 80-101)

Il sacrificio di Ifigenia e l’empietà della religio (I 80-101)

Brani tradotti ed analizzati dal De rerum natura


TESTO ORIGINALE
Illud in his rebus vereor, ne forte rearis
impia te rationis inire elementa viamque
indugredi sceleris. Quod contra saepius illa
religio peperit scelerosa atque impia facta.
Aulide quo pacto Triviai virginis aram
Iphianassai turparunt sanguine foede
ductores Danaum delecti, prima virorum.
Cui simul infula virgineos circum data comptus
ex utraque pari malarum parte profusast,
et maestum simul ante aras adstare parentem
sensit et hunc propter ferrum celare ministros
aspectuque suo lacrimas effundere civis,
muta metu terram genibus summissa petebat.
Nec miserae prodesse in tali tempore quibat,
quod patrio princeps donarat nomine regem.
Nam sublata virum manibus tremibundaque ad aras
deductast, non ut sollemni more sacrorum
perfecto posset claro comitari Hymenaeo,
sed casta inceste nubendi tempore in ipso
hostia concideret mactatu maesta parentis,
exitus ut classi felix faustusque daretur.
Tantum religio potuit suadere malorum

TRADUZIONE

In queste situazioni temo quello, che tu per caso pensi di introdurti nei principi empi di una dottrina e di intraprendere la strada del delitto. Al contrario troppo spesso quella superstizione ha dato luogo ad azioni scellerate ed empie. In questo modo in Aulide i capi scelti dei Danai, fior fiore degli eroi, macchiarono orribilmente l’altare della vergine Trivia con il sangue di Ifigenia. E non appena a costei la benda posta intorno alle chiome verginali scese da una parte e dall’altra delle guance allo stesso modo e non appena si accorse che il padre triste stava davanti agli altari e che presso costui i sacerdoti nascondevano la spada e che i cittadini alla sua vista piangevano, muta per la paura caduta sulle ginocchia cercava la terra. E non poteva giovare a lei infelice in una situazione del genere il fatto di aver donato per prima il nome di padre al re; infatti, fu sollevata dalle mani degli uomini e fu condotta tremante verso gli altari, non perché potesse essere accompagnata in un luminoso imeneo, dopo aver compiuto il rito solenne secondo le tradizioni, ma pura impuramente nel momento stesso delle nozze cadesse a terra come triste vittima, per il colpo del padre, affinché fosse data una partenza fortunata e favorevole alla flotta. A così grandi mali la superstizione poté indurre.

ANALISI

v. 80
ILLUD = con vereor, è prolettico di ne rearis. Vereor è un verbum timendi, regge ne + congiuntivo.
v. 81
IMPIA = Lucrezio è contro la religio, ma non contro la pietas.
v. 82
INDUGREDI = arcaismo in funzione metrica: ingredi non sarebbe entrato nell’esametro.
vv. 82- 83
ILLA / RELIGIO = enjambement.
Dal v. 84 inizia la descrizione del sacrifico di Ifigenia: quando l’esercito greco si raccolse in Aulide, sulla costa della Beozia, per salpare verso Troia, il vento non soffiava e le navi quindi non potevano prendere il largo; l’indovino Calcante dichiarò che Diana era risentita nei confronti di Agamennone e pretendeva che questi gli sacrificasse la figlia se voleva che la flotta greca potesse partire per Troia. Lucrezio illustra questo episodio mitico come esempio dei delitti contro natura suggeriti dalla superstizione. Ifigenia era stata fatta venire in Aulide con il pretesto che Achille la voleva come sposa; non appena invece si accorse di essere stata acconciata non come sposa, ma come vittima sacrificale, e si rese conto dell’imbarazzo del padre e di tutti i presenti, capì con terrore che stava per essere sacrificata e si inginocchiò a terra in atteggiamento supplichevole. Tutto è descritto con abbondanza di particolari, per rendere la scena realistica e drammatica.
TRIVIAI = Trivia è appellativo di Diana: gli antichi adoravano immagini della dea collocate nei trivi, negli incroci.
vv. 84- 85
TRIVIAI / IPHIANASSAI = genitivi arcaici.
v. 85
IPHIANASSAI = Ifigenia viene chiamata con il suo nome greco, Ifianassa. Questo termine occupa metricamente metà verso e vuole indicare che l’assoluta protagonista dell’episodio è la ragazza.
TURPARUNT = forma sincopata per turpaverunt.
v. 86
DANAUM = genitivo plurale arcaico del nome omerico dei Greci.
DUCTORES DANAUM DELECTI = allitterazione della d-.
PRIMA VIRORUM = clausola di stampo omerico per indicare “le primizie degli uomini”.
v. 87
CUI = nesso relativo.
INFULA = la benda di lana che si poneva sul capo degli animali portati al sacrificio.
v. 88
Notevole l’elaborazione formale del verso, con l’allitterazione e la collocazione dei termini pari e parte disposti iconicamente ai lati del sostantivo malarum, come le bende che scendono dall’una e dall’altra parte delle guance.
v. 89
ANTE ARAS ADSTARE = allitterazione della a che dà staticità all’azione; anche adstare significa rimanere in piedi ed immobile.
MAESTUM… PARENTEM = iperbato che incornicia il verso. Prima di tutto c’è la tristezza del genitore.
PARENTEM = il termine parens è più forte di pater: quest’ultimo indica la funzione sociale e giuridica del padre, il primo invece sottolinea il legame di sangue e affettivo. Qui Lucrezio ci vuole dire che la religio rompe il legame più forte.
v. 90
SENSIT = è avere chiara una cosa con il cuore e non con l’intelletto.
HUNC PROPTER = anastrofe. L’uso di propter per prope è arcaico.
MINISTROS = minister (da minus), letteralmente “colui che è da meno”, cioè gli assistenti al sacrificio, cui spettava il compito di sollevare la vittima sull’altare e di abbatterla, in opposizione al magister (da magis), il sacerdote che sovrintendeva all’esecuzione del rito.
v. 91
CIVIS = cives. Sono i soldati semplici, contrapposti ai ductores del v. 86. Piangono non perché siano più sensibili ma perché, essendo di rango inferiore, possono non rispettare rigorosamente la dignitas.
v. 92
MUTA METU = allitterazione e paronomasia. L’allitterazione continua all’interno di summissa. Muta è molto forte, perché chi è mutus non ha la prerogativa che caratterizza l’uomo, la parola; qui Ifigenia non è quasi più umana, essendo diventata la vittima, quasi animalesca, di un sacrificio.
vv. 93 e seguenti
Ifigenia era la figlia maggiore di Agamennone e in quanto tale colei che si doveva sposare per prima, secondo il costume, e Diana aveva scelto proprio lei per il sacrificio.
v. 93
QUIBAT = arcaismo.
v. 94
PATRIO PRINCEPS = allitterazione della p.
DONARAT = forma sincopata per donaverat. Il verbo dono è qui costruito con l’accusativo della persona e l’ablativo della cosa.
v. 95
VIRUM = genitivo arcaico per virorum.
TREMIBUNDA = aggettivo fortemente visivo.
v. 96
DEDUCTAST = aferesi e crasi (da deducta est). È il verbo dell’accompagnamento rituale (deductio) della sposa alla casa coniugale.
SACRORUM = il sacrificio propiziatorio per le nozze.
v. 97
PERFECTO POSSET CLARO COMITARI = doppia allitterazione.
CLARO HYMENAEO = Hymenaeus è al tempo stesso il canto eseguito durante il corteo nuziale della deductio e il dio propiziatore invocato.
CLARO = il corteo nuziale era accompagnato da fiaccole, visto che si svolgeva la sera.
v. 98
CASTA INCESTE = ossimoro con figura etimologica. Il fatto che Ifigenia rimanesse vergine (casta) avveniva inceste, empiamente, perché era conseguenza di un sacrificio / omicidio consumato a tradimento.
INCESTE = da in-, prefisso negativo, + castus.
v. 99
MACTATU MAESTA = allitterazione; il primo termine esprime l’uccisione sacrificale.
HOSTIA = al’inizio di verso, in posizione molto significativa.
v. 100
EXITUS… FELIX FAUSTUSQUE = l’augurio rituale per il buon esito di una decisione era quod bonum faustum felix fortunatumque sit, “che ciò sia bene, di buon augurio, lieto e fortunato”, e qui l’eco della formula suona sarcastico e amaro. Allitterazione della f.
v. 101
TANTUM… MALORUM = malorum è genitivo partitivo retto da tantum: sono enfaticamente messi in rilievo, a cornice del verso.