il periodo dell’esilio di Dante Alighieri

il periodo dell’esilio di Dante Alighieri

Il 27 gennaio 1302 Dante (probabilmente in quel momento a Siena), fu con altri cittadini, non  per prova alcuna, ma per pubblica fama, condannato per baratteria (ma in verità per l’opposizione al pontefice e a Carlo di Valois), con decreto del Podestà Cante de’ Gabrielli da Gubbio (un’ammenda di 5.000 fiorini; la pena del confino per due anni; l’interdizione perpetua dagli uffici pubblici); e poiché egli non si presentò nello spazio di tre giorni, la pena venne, con una seconda sentenza del 10 marzo, commutata nella confisca dei beni, nell’esilio perpetuo, e, nel caso fosse preso, nell’essere bruciato vivo («igne comburatur sic guod moriatur «).

 Nei primi tempi, tra il 1302 e il 1304, Dante partecipò, con altri fuorusciti di parte bianca, ad alcuni vani tentativi di rientrare in Firenze. I Bianchi organizzarono le seguenti imprese:

a) iltentativo di Godenzo nel Mugello, con l’aiuto dei ghibellini Ubaldin.

Il tentativo fallì sia per la pessima organizzazione degli esuli Bianchi, sia per opera di Moroello Malaspina, che a capo dei Neri di Firenze riuscì a togliere ai Bianchi esuli, alleati dei Bianchi di Pistoia, il castello di Serravalle nel Pistoiese.

b)iltentativo di Scarpetta degli Ordelaffi, signore di Forlì.

Anche questo tentativo falli, per quanto meglio organizzato del precedente, per opera del podestà Fulcieri da Calboli, che a capo dei Neri di Firenze inflisse ai Bianchi esuli una grave sconfitta.

c) iltentativo della Ltstra,in val di  A quest’ultimo tentativo, anch’ esso fallito, Dante non partecipò, perché venuto adissidio coi compagni d’esilio, si era staccato da essi e aveva fatto parte per sé stesso.

Dante fu cosi costretto a peregrinare per vari luoghi. I principali luoghi dell’esilio dantesco nei primi anni furono i seguenti:

    

a) Verona (1304-1306), dapprima presso Bartolomeo, e poi pressoAlboino della Scala.

b)la Lunigiana (1306-1307), presso i marchesi Malaspina, dove, per mandato di Moroello Malaspina, Dante strinse pace a Sarzana col Vescovo di Luni.

c) il Casentino (1307-1308), presso i conti Guidi di Battifolle (un ramo ghibellino della famosa famiglia di Firenze).

Taluni, tra cui il Boccaccio, pongono in questo tempo anche un presunto viaggio di Dante a Parigi, per attendere a studi di teologia e filosofia in quella Università.

In realtà non tutte le notizie sull’esilio possono essere sicure e precise.

Nel 1310 l’imperatore Arrigo Vll di Lussemburgo, dopo una vacanza imperiale di più di mezzo secolo (dalla morte di Federico II in poi), discese in Italia per comporre le guerre civili di Lombardia e di Toscana, e in genere per restaurare l’autorità imperiale nella penisola.

Dante, ritornato nel Casentino presso i conti Guidi, scrisse in questa occasione tre lettere; una ai re, ai principi e ai popoli italiani, esaltando la pace sicura per la venuta dell’imperatore; una contro gli «scelleratissimi » fiorentini, «novelli babilonesi »; una all’imperatore, perché muovesse senza indugi contro Firenze .

L’impresa — com’è noto — terminò infelicemente per l’ostilità del papa Clemente V, che temeva una egemonia imperiale in Italia; e per la morte di Arrigo VII a Buonconvento, mentre si apprestava ad assalire Firenze (1313).

 

Negli ultimi anni (tra il 1313 e il 1321) Dante continuò a peregrinare, ormai sfiduciato, per vari luoghi della Toscana e dell’Italia settentrionale:

a) a Lucca, pressoUguccione della Faggiola, signore di Pisa e di Lucca, capo dei ghibellini di Toscana contro Firenze, sgominatore dei guelfi fiorentini a Montecatini (1315).

Durante il soggiorno lucchese il vicario di re Roberto d’Angiò in Firenze, Messer Ranieri di Zaccaria d’Orvieto, emanò un decreto di amnistia per i fuorusciti, purché dessero una garanzia in denaro e patissero di essere ricevuti dal vescovo in S. Giovanni; ma Dante rifiutò sdegnosamente tanta umiliazione in una lettera diretta A un amico fiorentino, che era un religioso, e suo parente

b)a Verona, pressoCan Grande della Scala, vicario imperiale nella Lombardia e ospite generoso di profughi italiani  e stranieri (1316-1318).

c) a Ravenna, presso Guido Nocella da Polenta (1318-1321).

Dante chiamò a sé anche i figli e i nipoti, ciò che contribuì a rendergli sereno e confortevole il soggiorno di Ravenna.

Gli giunse anche l’invito di Giovanni del Virgilio, maestro di retorica a Bologna, di recarsi nella dotta città per ricevere l’incoronazione poetica; ma egli rifiutò con due egloghe latine, perché intendeva, se mai, essere incoronato a Firenze. Non desiderava, inoltre, allontanarsi da Ravenna, – in Bologna temeva alcuni nemici guelfi.

Nel 1321 Guido gli affidò un’ambasceria a Venezia, che insidiava le terre dei Da Polenta; ma, colpito forse nel ritorno da febbri malariche, mori fra il 13 e il 14 settembre di quello stesso anno.

Fu sepolto in una cappella presso la Chiesa di San Pier Maggiore (ora San Francesco) a Ravenna.