Il monachesimo dalle origini all’XI secolo

Il monachesimo dalle origini all’XI secolo

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Monachesimo = scelta di vita religiosa basata sull’abbandono della società per dedicarsi alla preghiera e
alla meditazione.
Nascita del monachesimo: Oriente e Occidente
Il monachesimo cristiano nasce in Oriente (soprattutto in Egitto). I primi monaci – i cosidetti padri del
deserto – vivevano in solitudine, dedicandosi alla penitenza e alla preghiera. Erano detti eremiti (greco
eremos = “solitario”) o anacoreti (greco anachoretès, “che si ritira in disparte”). Il più noto dei padri del
deserto fu Sant’Antonio (251-357).
Attorno agli eremiti a volte si riunivano gruppi di monaci che ne volevano imitare lo stile di vita e ascoltare
gli insegnamenti. Nascevano così delle comunità monastiche, cioè dei gruppi di monaci che vivevano
assieme sotto la guida di un abate (aramaico abba, “padre”). I monaci che vivevano in comunità erano detti
cenobiti (greco koinòs, “comune”; bios, “vita”).
In Occidente il monachesimo si sviluppa con caratteristiche in parte differenti:
oltre alla preghiera, viene data grande importanza allo studio, al lavoro e all’aiuto delle popolazioni
locali, secondo la massima benedettina Ora et labora (“Prega e lavora”; vedi Documento p. 47);
rispetto al modello del monaco eremita prevale quello del cenobita: i monaci occidentali vivono
quasi sempre in comunità più o meno grandi e organizzate.
Benedetto da Norcia e la Regola
Figura centrale per il monachesimo occidentale è quella di San Benedetto da Norcia (480-543 circa),
fondatore del monastero di Montecassino in Lazio. Benedetto scrisse una Regola in cui organizza la vita del
suo monastero scandendone con precisione gli orari per la preghiera, per lo studio dei testi sacri e per il
lavoro manuale (attività agricole e copiatura dei codici manoscritti in particolare).
Il monachesimo benedettino si diffonderà in tutta Europa e Carlo Magno imporrà l’adozione della Regola di
Benedetto in tutti i monasteri, che diventarono fondamentali punti di riferimento religiosi, culturali ed
economici nell’Europa feudale (vedi pp. 105-109).
La riforma di Cluny
Nel 909 il duca di Aquitania e Alvernia (Francia centrale) Guglielmo I dona un grande possesso fondiario in
Borgogna all’abate Bernone, perché vi fondi un’abbazia. La nuova abbazia si distingue da tutte le altre per
almeno tre ragioni:
(1) adotta una forma rinnovata della Regola di Benedetto;
(2) si riconosce dipendente unicamente del papa, sottraendosi dall’influenza dei poteri feudali;
(3) crea una congregazione, cioè una federazione di monasteri che rimangono legati a Cluny e
sottoposti all’autorità del suo abate. I responsabili dei monasteri cluniacensi, essendo sotto la
diretta supervisione dell’abate della “casa madre”, non erano chiamati abati ma priori.
La congregazione di Cluny conosce un grande successo: nel giro di due secoli, tra fine XI e inizio XII secolo, la
congregazione cluniacense conta oltre mille monasteri, tutti dipendenti da Cluny, sparsi tra Francia, Spagna,
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Inghilterra, Germania e Italia settentrionale (nella sola Lombardia, tra il 1068 e il 1107 sorsero un’ottantina
di fondazioni cluniacensi).
Monaco cluniacense fu, tra l’altro, il papa Gregorio VII, grande protagonista della riforma della Chiesa e
della lotta (con l’imperatore Enrico IV) per le investiture dei vescovi (vedi pp. 171-173).
Sul modello di Cluny e dell’ordine cluniacense nascono nell’XI secolo altre congregazioni che si propongono
di rinnovare la Regola benedettina. Le più importanti sono quella dei Certosini (nata nel 1084 con la
fondazione della Grande Chartreuse in Savoia, Francia, da parte di San Bruno) e dei Cistercensi (fondata nel
1098 da San Roberto di Molesme a Cîteaux, latino Cistercium, in Borgogna, Francia).

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