IL MITO DI BELLEROFONTE

IL MITO DI BELLEROFONTE

Traduzione poetica (di Rosa Calzecchi Onesti, Giulio Einaudi editore 1950)


Ma Glauco figliolo d’Ippòloco e il figlio di Tidéo S’incontrarono entrambi nel mezzo, avidi di combattere; e quando già eran vicini, marciando l’un contro l’altro, Diomede potente nel grido parlò all’altro per primo: “Chi sei tu, nobilissimo, fra gli uomini mortali? Mai t’ho veduto nella battaglia gloria dei forti Prima d’ora; ed ecco tu molto ti sei fatto avanti fra tutti Col tuo coraggio, sfidi la mia asta ombra lunga . Figli di miseri padri affrontano il mio furore!… Ma se un immortale tu sei e qui venisti dal cielo, io non voglio combattere con i numi celesti. Ah no, il figlio di Driante, il forte Licurgo Non visse a lungo, che egli combatté contro i numi celesti; egli che le nutrici di Bacco deliro un giorno su per il sacro Niseo rincorse; e quelle tutte a terra gettarono i tirsi, dal sanguinario Licurgo sospinte a furia di pungolo; e spaventato Diònido nei flutti del mare s’immerse, Teti l’accolse in seno, atterrito; violento tremore lo prese alle grida dell’uomo . Ma s’adirarono contro di lui gli dei che vivon giocondi, e cieco il figlio di Crono lo rese; né a lungo visse, poi ch’era in odio a tutti i numi immortali. E dunque coi numi beati io non voglio combattere. Se però sei mortale, di quelli che mangiano il frutto del campo, avvicinati subito, che presto al confine di morte tu giunga!” E parlò pure il figlio luminoso di Ippòloco: “Tidìde magnanimo, perché mi domandi la stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini ; le foglie, alcune le getta il vento a terra, altre la selva fiorente le nutre al tempo di primavera; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra dilegua. Se anche questo però vuoi sapere, per conoscerla bene La stirpe mia, molti la sanno tra gli uomini . V’è una città, Efira , nella vallata di Argo che nutre cavalli Qui visse Sìsifo, che era il più astuto degli uomini, Sìsifo figlio d’Eolo; e un figlio generò, Glauco; e Glauco generò Bellerofonte perfetto , a cui bellezza gli dèi e ardore invidiabile diedero; ma Prieto contro di lui meditò mali in cuore; e lo cacciò – che era molto potente – dal paese degli Argivi; l’aveva posto sotto il suo scettro Zeus. Con lui bramava la donna di Preto, Antea gloriosa, unirsi furtiva d’amore; né quello davvero persuase, poiché era saggio Bellerofonte magnanimo.


PARAFRASI

Il figlio di Ippoloco e il figlio di Tidéo, si incontrarono entrambi nel mezzo del campo di combattimento, avidi di combattere; e quando furono vicini, marciando l’uno verso l’altro, Diomede, dopo aver gridato, si rivolse per primo a Glauco: “Chi sei tu, o nobilissimo, tra gli uomini mortali? Non ti ho mai visto nella battaglia, che è la gloria dei forti, prima d’ora; tu tra tutti gli altri ti sei fatto avanti con il tuo coraggio e mi sfidi a duello. Tanti figli di miseri padri mortali sfidano il mio furore! Ma se tu sei figlio di un dio immortale e sei sceso qui dal cielo, non voglio combatterti. Infatti Licurgo, figlio di Driante, che combatté contro i numi celesti non visse a lungo: egli che perseguitò le Baccanti lungo il sacro Niseo; e tutte loro gettarono a terra i tirsi, sospinte e pungolate dal sanguinario Licurgo. Addirittura Dioniso spaventato si gettò in mare, dove Teti lo accolse, e fu preso da un violento tremore al sentire l’uomo gridare. Ma gli dei che vivono contenti si adirarono contro di lui e Zeus lo rese cieco; Licurgo non visse a lungo poiché non era amato da nessuno degli dei immortali. Quindi non voglio combattere contro gli dei beati. Ma se sei mortale, un uomo che mangia il frutto del campo, avvicinati subito e che tu possa morire presto!” “Figlio di Tidéo, perché mi chiedi da chi discendo? Come le foglie, così sono le stirpi degli uomini: alcune foglie vengono gettate a terra dal vento, altre vengono nutrite in primavera. La stessa cosa vale per le stirpi degli uomini: alcune nascono e altre si dissolvono nel tempo. Ma se desideri conoscere la mia stirpe, a molti già ben conosciuta, ti farò contento. Vi è una città, Efira, nella valle vicino ad Argo, famosa per la sua presenza di cavalli: lì visse Sisifo, il più astuto tra gli uomini. Sisifo figlio di Eolo, che generò un figlio, Glauco. E Glauco generò il perfetto Bellerofonte, a cui gli dei diedero bellezza e ardore invidiabili; ma Preto, a cui Giove aveva concesso il dominio su Argo cospirò contro di lui e lo cacciò dal paese degli Argivi (dalla Grecia per estensione) per colpa della moglie Antea. Ella furiosa desiderava segretamente un amplesso con lui. Disse così, gioì Diomede potente nel grido, piantò la dentro la terra nutrice di molti , e parlò con parole di miele al pastore d’eserciti: “Ma dunque tu sei ospite ereditario e antico per me ! Oineo glorioso, una volta, Bellerofonte senza macchia Ospitò nel palazzo, lo tenne co sé venti giorni; essi si fecero splendidi doni ospitali: Oineo gli diede una fascia splendente di porpora, Bellerofonte una coppa d’oro a due manici, che io partendo nella mia casa ho lasciato. Non rammento Tidèo perché tuttora in fasce M’abbandonò, quando perì a Tebe l’esercito acheo . Ed ecco che un ospite grato ora per te, laggiù nell’Argolide, io sono e tu nella Licia, quand’io giungessi a quel popolo; dunque evitiamo l’asta l’un dell’altro anche in battaglia , ché vi sono per me molti Teucri, molti alleati gloriosi da uccidere, quelli che manda un dio o che raggiungo correndo. E anche per te molti Achei ci sono da uccidere, quelli che puoi. E scambiamoci l’armi l’un l’altro; anche costoro Sappiano che ci vantiamo d’essere ospiti antichi.” Parlando così, balzarono giù dai cavalli, e presero l’uno la mano dell’altro, si dettero fede.

Si rallegrò Diomede alle parole di Glauco, e dopo aver piantato l’asta in terra, gli rispose dolcemente: “Riconosco dunque in te un antico ospite paterno. Una volta Oineo accolse ed ospitò nel palazzo il valoroso Bellerofonte per venti giorni ed entrambi si scambiarono dei doni: Oineo gli diede una fascia splendente di porpora, Bellerofonte una coppa d’oro a due manici, che io partendo ho lasciato a casa mia . Non mi ricordo invece di Tidéo perché ero ancora un bambino quando partì per seguire gli Achei che morirono a Tebe. Ed ecco dunque che io sarò per te un ospite e un amico gradito ad Argo, e tu in Licia, se mai ci verrò; ora dunque evitiamo di combattere l’uno contro l’altro, che vi sono per me molti altri Teucri e molti alleati da uccidere, quelli che manda un dio o che raggiungo correndo. Tu anche troverai molti Achei da uccidere, quelli che puoi. E scambiamoci le armi l’un l’altro; anche costoro sappiano che siamo ospiti antichi” Detto ciò, balzarono giù dai carri e presero l’uno la mano dell’altro e fecero giuramento solenne di amicizia reciproca.


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