Il medioplatonismo

Il medioplatonismo


Silla nell’86 a.C conquistò Atene e fece distruggere sia l’Accademia che il Liceo. Finisce, in tal modo, il platonismo che, oltre a vedere distrutta la propria sede, aveva visto un progressivo impoverimento delle proprie dottrine, innestate da Antioco con tematiche proprie dello stoicismo.
Il platonismo rinacque poco dopo ad opera di Eudoro (I secolo a.C.) in Alessandria e si espanse in altri centri. Si contraddistinse per delle concezioni nuove, che culmineranno nella grande sintesi operata da Plotino. È da dire che il platonismo che va da Eudoro sino al II secolo d.C. perde molte delle caratteristiche antiche e sviluppa delle nuove speculazioni, che, ancora non ben definite e delineate, entrano spesso in contraddizione tra loro. Il platonismo di questi secoli prende il nome di “medioplatonismo”.
Vi sono alcune tematiche comuni a tutto quanto il movimento filosofico del medioplatonismo. In primis, si ha il recupero del sovrasensibile, dell’immateriale e del trascendente e il conseguente abbandono del materialismo dominante ormai da tanto tempo nel platonismo. Venne, pertanto, ripresa la concezione delle Idee, che si cerco di innestare con la posizione aristotelica.
Il medioplatonico Albino considerò le Idee come pensieri di Dio. Questi, situati nel mondo intellegibile, costituivano l’attività dell’Intelligenza Suprema, che si rendeva immanente nelle forme.
Con la trasformazione del mondo delle Idee si ebbe una conseguente trasformazione dell’intera struttura del mondo incorporeo, con esisti che culmineranno nel neoplatonismo.
Il testo centrale del medioplatonismo divenne il Timeo, che fu il fulcro di tutto quanto lo sviluppo filosofico del movimento. Venne ripresa la dottrina della Monade e della Diade predicata da Platone nelle lezioni non scritte. Essa comunque non ebbe quell’importanza che assunse presso i neopitagorici.
L’etica venne rifondata e venne abbandonato il principio morale ellenistico di seguire la propria natura; cioè di conformarsi alla physis e al logos. Ed infatti, perdendo vigore la dottrina materialistico – immanentistica del cosmo, ne decade anche il dettame etico. Nasce, quindi, un nuovo motto, e cioè quello di imitare la divinità, di seguirla, di avvicinarsi sino a farsi un tutt’uno con essa.
Sono da ricordare i medioplatonici Trasillo, Onadandro, Plutarco di Cheronea, discepolo di Ammonio. Quest’ultimo aveva costituito un nucleo di platonici ad Atene. Nel II secolo d.C. si ha Gaio, alla cui scuola appartengono Albino e Apuleio. Da menzionare sono anche Attico, Nicostrato, Celso, Arpocrazione, Severo e il retore Massimo Tiro.
Di questi autori ci sono rimasti per la maggior parte solo frammenti. Le uniche eccezioni sono costituite da Albino (di cui ci è pervenuto il Didascalico) e da alcuni trattati di Plutarco.
Il medioplatonismo riveste una rilevante importanza all’interno dello sviluppo del pensiero successivo. Ed infatti, lo stesso neoplatonismo rimarrebbe inspiegabile nella sua genesi, senza prendere in considerazione questo movimento. Lo stesso Plotino, durante le sue lezioni, commentò testi fondamentalmente neoplatonici e peripatetici. Inoltre, le soluzioni che avanzò erano fondamentalmente di ispirazione medioplatonica.
Il primo pensiero cristiano ha origine dal medioplatonismo. Ed infatti, da esso desunse, oltre il modo di procedere razionalmente, le categorie speculative.
Il medioplatonismo, quindi, rappresenta un ponte di unione tra il vecchio mondo pagano e il nuovo mondo cristiano. Rimase comunque un movimento di intermezzo perché al suo interno non si ebbero personalità di rilievo e non vi fu nessun autore che seppe interpretare egregiamente il pensiero del movimento o che ne seppe compiere una sintesi definitiva.
Numenio di Apamea, la mente più brillante del neopitagorismo, fuse i due movimenti. Egli, nel rispondere alla domanda metafisica per eccellenza, e cioè “che cos’è l’essere?”, affermò non solo la natura immateriale dell’essere, ma addirittura la sua valenza significativa sulla materialità. L’essere, infatti, non può essere corporeo. Se così fosse, sarebbe sottoposto ad un continuo mutamento. Al contrario, l’essere è un qualcosa di stabile. Si dovrebbe, pertanto, porre un qualcosa che renda il corporeo stabile ed immutabile. Quel qualcosa non potrebbe essere un corpo, perché questo sarebbe sempre suscettibile di cambiamento. Inoltre, la materia è un qualcosa di indefinito, di irrazionale, di inconoscibile, di indeterminato e di disordinato. Bisogna, quindi, postulare che l’essere sia incorporeo, una realtà intellegibile immutabile ed eterna.
L’essere di Apamea coincide con il dettame di Mosè, e cioè “Colui che è”. Numenio, infatti, riteneva che l’essere platonico non sarebbe altro che l’essere biblico del vecchio testamento, di cui Platone aveva avuto conoscenza e che aveva interpretato in maniera allegorica, alla stessa maniera di Filone l’Ebreo o d’Alessandria nell’interpretazione della Bibbia.
Numenio, inoltre, cercò di spiegare la struttura dell’essere. Nel fare ciò, elabora una dottrina gerarchica – ipostatica in senso triadico. Il primo Dio pensa le Idee, ossia le pure essenze. Il secondo Dio li pone in essere, e cioè, mediante le pure essenze o idee, costruisce e costituisce il mondo. Numenio interpreta l’idea del Bene, di cui parla Platone nella Repubblica, come l’idea principale, da cui derivano tutte le altre. Tale idea sarebbe Dio. Il Demiurgo, invece, è il secondo dio, dipendente dal Dio Supremo. Solo quest’ultimo è Sommo Bene, mentre il demiurgo è detto buono, ma non è Bene egli stesso. Mentre il Sommo Bene è superiore nell’essenza; il secondo è superiore nell’intelletto, e, coincidente con esso, pone in attività l’universo pur rimanendo stabile. Egli infatti si caratterizza per un movimento connaturato e coincide, in qualche maniera, con l’Atto Puro di Aristotele.
Il primo Dio produce senza mutare e ordina il cosmo. Il secondo Dio da una parte contempla il primo Dio, e cioè gli intellegibili; dall’altra, invece, agisce sulla materia, costruisce il mondo e lo ordina. Il terzo Dio è detto da Numenio “anima del mondo” o “anima buona”, per contraddistinguerla con quella cattiva, intrinseca nella materia.

Molti sono gli elementi in comune con Plotino. Ed infatti, con Apamea si è già giunti al periodo del neoplatonismo.