IL GATTOPARDO RIASSUNTO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
RIASSUNTO
La vicenda narrata nel libro “Il Gattopardo”, scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel 1956, si svolge nella seconda metà dell’Ottocento e più precisamente dal Maggio 1860 al Maggio 1910 e narra la vicenda di una famiglia aristocratica siciliana in decadenza all’avvento di Garibaldi e dell’unione dell’Italia. Il libro è maggiormente narrativo, ricco di piccoli avvenimenti, e lascia poco spazio alla descrizione; descrive soprattutto le persone e la natura, che è quella siciliana: a parte le strade malandate, tutto il resto è stupendo: gli alberi, i paesini di case bianche colorate dal sole, lo stesso sole che asciuga i fiumi a ricordo delle quali restano solo i ponti sospesi. L’autore si esprime in terza persona ed è esterno alla vicenda, anzi postumo perché spesso fa confronti fra la realtà sua contemporanea e quella del romanzo; nonostante ciò conosce il pensiero del protagonista: il principe Fabrizio Salina, ovvero il Gattopardo (che in realtà è soltanto il simbolo del casato ma potrebbe anche essere l’espressione della personalità del principe). Grande proprietario terriero siciliano, era un uomo all’apparenza molto autoritario, ma in realtà molto comprensivo ed intelligente. Fisicamente imponente, con occhi azzurri e capelli biondi a causa dell’origine tedesca della madre, era un grande appassionato di astronomia e matematica, le uniche cose in grado di tranquillizzarlo forse perché lo isolavano dal mondo esterno. Era sposato con Maria Stella, donna molto legata alla religione e spesso colpita da crisi isteriche. Da lei aveva avuto sette figli: quattro maschi e tre femmine. Il primogenito, Paolo, era un inetto, pronto a far capricci se gli mancavano le sue galoppate con i cavalli e geloso delle attenzioni che il padre rivolgeva al cugino Tancredi, a causa del quale decide di lasciare la casa ed andare a vivere da solo a Palermo. Prima di lui, già un altro figlio aveva lasciato la casa: Giovanni, il secondogenito, il più amato, il più scontroso, che all’inizio del libro già da due anni era scomparso e da una sua lettera si avevano notizie che era andato a lavorare come operaio a Londra. La figlia più amata era Concetta, in cui il principe vedeva l’impronta fisica e caratteriale dei Salina e perciò anche sua: l’acutezza e la testardaggine, la raffinatezza e la classe aristocratica.
La vicenda comincia a Villa Salina presso Palermo, pochi giorni prima dello sbarco di Garibaldi in Sicilia. Il giorno narrato si apre e si conclude con la scena della recitazione del rosario, momento molto importante in cui tutta la famiglia si riuniva e per mezz’ora recitava le preghiere in una stanza in cui era impedito l’accesso a Bendicò, che è il cane di casa e a cui sono molto affezionati il principe, perché riusciva a infondergli buonumore, e Concetta, che alla sua morte lo imbalsamerà. Altro solenne momento era la cena, dove, nelle posate d’argento personalmente donate dal re Ferdinando e nei piatti, provenienti da vari servizi e perciò di diverse forme e colore, si può notare un antico sfarzo. Il principe dopo cena tradisce la moglie: scende a Palermo e va con una prostituta. Padre Pirrone, che era il prete di casa Salina, sapeva di queste scappatelle del principe e lo rimprovera di questa. Il prete, di origini rustiche perché proveniente da un paese della campagna palermitana, aveva due sorelle, ed era molto colto ed acuto, tanto che ritornando una volta al suo paese era riuscito a risolvere un lite causata da un possedimento tra famiglie sue parenti che durava da anni.
La mattina fece la sua comparsa all’abitazione del Gattopardo, il suo tanto amato nipote Tancredi Falconieri. Egli era un bel giovane, noto soprattutto per le sue frequentazioni poco raccomandabili, ma era in ogni modo il pupillo di Don Fabrizio, che lo adorava forse anche più dei suoi figli. Era venuto a salutare la famiglia e a comunicare allo zione, così affettuosamente lo chiamava, che sarebbe andato a lottare, insieme a numerosi contadini, per la liberazione della Sicilia dai Borboni. Questa cosa inizialmente al principe non faceva certamente piacere, in quanto era sempre stato un leale feudatario e servitore dei Borboni, ma poi ripensandoci ritenne che non era una cosa malvagia che il nipote si impegnasse politicamente e chiese solamente che nella guerra non venissero toccate le sue proprietà. Il principe riteneva che l’unico modo per non cambiare le cose fosse quello di modificarle e quindi pensava che tutto sarebbe rimasto uguale: ognuno avrebbe continuato a fare il suo mestiere alla stessa maniera, solo sarebbe nata una nuova classe sociale che sarebbe diventata sempre più ricca e influente.
Dopo questo momento la vicenda si sposta nella residenza stiva dei Salina, presso il feudo di Donnafugata, il preferito dal principe per il bellissimo palazzo e per la riverenza che gli riservavano gli abitanti del posto. Dopo uno spossante viaggio in carrozza di tre giorni, il principe con la famiglia e Tancredi, tornato dalla vittoriosa lotta per la liberazione d’Italia, ricevono una calorosa accoglienza. Il principe riceve però due scioccanti notizie: la prima che un borghese del posto aveva accumulato ricchezze pari alle sue: Don Calogero Sedàra, un esponente della nuova classe emergente; la seconda che Concetta era innamorata di Tancredi. Il padre non si rivelò assolutamente entusiasta, convinto che la figlia fosse troppo timida e riservata per diventare la compagna di un uomo così impegnato politicamente, come lo era suo nipote. Durante una cena che si tenne la sera fece la sua comparsa la figlia di Don Calogero, che stupì tutti non solo per la bellezza ma anche per la cultura e la raffinatezza. Di questa si invaghì Tancredi che iniziò a corteggiarla. Concetta da quel momento divenne molto più scortese nei confronti del cugino.
La Sicilia dopo un plebiscito viene annessa al regno di Sardegna, cosa accettata dal principe anche se non di tutto cuore. Tancredi, che nel frattempo è entrato a servizio dell’esercito sabaudo, manda una lettera in cui dichiara il suo amore per Angelica che vorrebbe sposare e chiede allo zione di andare da Don Calogero a parlare di questo. Durante l’incontro, il Principe fu nuovamente disgustato dalla volgarità e dall’ignoranza del suo ospite, che accettò felicemente al proposta. La sua opinione su Sedàra si modificò parzialmente, in quanto, vedendolo molto di frequente, si era ormai abituato a tutti i suoi difetti. Col tempo finì col chiedere all’uomo consigli nel campo degli affari, che spesso si rivelavano utili. Intanto Angelica aveva fatto anche la sua visita a casa Salina come fidanzata di Tancredi. Probabilmente lei non lo amava, le piaceva fisicamente e vedeva in lui la possibilità di entrare a far parte della nobiltà siciliana, non le importava troppo della sua cultura o del suo impegno politico. Qualche tempo dopo fece il suo rientro a casa anche il suo promesso sposo, accompagnato da due amici conosciuti nell’esercito del Regno di Sardegna. Durante questo periodo Angelica e Tancredi passavano molto tempo insieme nelle stanze più sconosciute del palazzo di Donnafugata, mentre uno degli amici del ragazzo tentava di sedurre Concetta, che però non ricambiava i sentimenti dell’innamorato.
Passa del tempo e Tancredi e Angelica si sposano. La famiglia viene invitata da una nobile famiglia ad un ballo e qui Angelica fa la sua prima comparsa nell’alta società siciliana figurando non solo per la sua bellezza ma anche per la sua conoscenza artistica. Mentre tutti si divertivano, ognuno a suo modo, il principe si annoiava: errava per i saloni denigrando il fastoso mobilio della casa, vedeva le vecchie amiche invecchiate, vede le giovani donne brutte al confronto di Angelica. Passò poi tra gli uomini che lo ritenevano uno stravagante per la sua dedizione all’astronomia ma lo rispettavano per il suo portamento e l’austerità che aveva. Andò quindi a sedersi in biblioteca perché era stanco. Qui pensò per la prima volta alla sua morte, che dopotutto era la morte di tutto il mondo, il suo mondo, e iniziò a pensare ai preparativi per la tomba, ma d’improvviso sovvennero Angelica e Tancredi. Quest’ultimo, comprendendo lo stato d’animo del principe, fece una battuta sulla morte che lo rasserenò e così Angelica invitò il principe a ballare.
Passano venti anni e quello che il principe aveva pensato nella biblioteca diventa realtà: la volontà di continuare a vivere iniziava a uscire da lui già da molto tempo e quella mattina, dopo un lungo viaggio, svenne. Fu subito portato in un albergo e, come un malato che non vuole riconoscere la sua malattia, rassicurò i familiari che tutto andava bene, ma poi vide la sua faccia allo specchio e si chiese perché gli uomini non possano morire con la faccia che hanno sempre avuto. Dopo poco vede arrivare la raffigurazione della morte che viene a prenderlo: una giovane e bella signora vestita da viaggio con il cappello di paglia. Con lui muore il casato del Gattopardo reduce di una storia secolare di nobiltà.
Si arriva all’ultima vicenda: diciassette anni dopo la morte del principe. Vengono ritratte le tre figlie di Don Fabrizio: Concetta, Carolina e Caterina, rimaste zitelle. I loro fratelli sono morti, anche Tancredi è morto e le tre sorelle ormai settantenni sono e alla prese con alcuni problemi con la chiesa, fatta costruire nel palazzo dopo la morte del principe. La meglio descritta è Concetta, alle prese con i suoi turbamenti dovuti sia al presente che ai ricordi del passato. A peggiorare ulteriormente il suo stato psicologico fu la notizia che probabilmente Tancredi non l’aveva mai odiata, anzi, provava qualcosa per lei. Capì che la sua vita era stata uno sbaglio, e la causa di ciò era solo lei e non gli altri, come le faceva comodo pensare.