IL DECADENTISMO ORIGINE

IL DECADENTISMO ORIGINE


Origine e senso del termine

Nel 1883 Paul Verlaine sul periodico”Le chat noir” pubblicava un sonetto dal titolo Languere in cui affermava di identificarsi con l’atmosfera di stanchezza e di estenuazione spirituale dell’Impero romano alla fine della decadenza, ormai incapace di forti passioni e di azioni energiche. Il sonetto interpretava uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo, il senso di disfacimento e di fine di tutta una civiltà, di un prossimo crollo. Queste idee erano proprie di circoli d’avanguardia che si contrapponevano alla mentalità borghese e benpensante e ostentavano atteggiamenti bohémien e idee deliberatamente provocatorie, ispirandosi al modello “maledetto” di Baudelaire. La critica ufficiale tardo –ottocentesca, in riferimento a questa nuova generazione di poeti che si ponevano al di fuori della norma sia nella produzione artistica che nella pratica di vita, usò il termine “decadentismo” in accezione negativa e spregiativa. Ma quei gruppi intellettuali lo vollero assumere polemicamente, rovesciandone il senso a indicare un privilegio spirituale e il movimento trovò il suo portavoce nel 1886 in un periodico, appunto Le Décadent. Intanto, già dal 1883, Verlaine presentò su una rivistale personalità più significative del gruppo in una serie intitolata Poètes maudits, comprendente Corbièr, Rimbaud e Mallarmé. Il romanzo di Huysmans A rebours (Controcorrente) rappresentò un vero e proprio manifesto e fissò i codici del gruppo decadente, esercitando forti suggestioni anche su autori stranieri, come D’Annunzio nel Piacere e Wilde nel Ritratto di Dorian Gray.

Senso ristretto e senso generale del termine

Il termine decadentismo, quindi, originariamente indicava un determinato movimento letterario, sorto in un dato ambiente, quello parigino degli anni Ottanta, con un preciso programma culturale espresso esplicitamente in manifesti o altri organi di stampa. Ma poiché in quel movimento erano in germe tendenze che poi sarebbero state riprese o si sarebbero autonomamente sviluppate in altri contesti più vasti, la storiografia letteraria italiana, nel corso del Novecento, ha assunto il termine per designare un’intera corrente culturale, di dimensioni europee, che si colloca negli ultimi due decenni dell’Ottocento, con propaggini nel primo Novecento; taluni anzi hanno proposto di usare la formula per definire un intero periodo storico che ingloba lo stesso Novecento. Cioè, in Italia viene assunto per indicare tutta la letteratura e la civiltà del ‘900, in quanto tutto il secolo è caratterizzato dall’angoscia esistenziale (tema caro ai decadenti). Ecco che qui il Decadentismo diventa termine generico con cui si designano varie poetiche: Simbolismo, Impressionismo, Estetismo, Surrealismo, Crepuscolarismo, Futurismo, Ermetismo. In realtà, tutte queste correnti rientrano in un’epoca diversa; meglio sarebbe considerare il Decadentismo come una manifestazione della fine dell’Ottocento (con Pascoli, D’Annunzio, Fogazzaro).

La visione del mondo

La base dei decadenti è un irrazionalismo misticheggiante. Viene completamente rifiutata la visione positivistica, che costituisce il sostrato della visione corrente borghese: la convinzione che la realtà sia un complesso di fenomeni materiali regolati da leggi ferree, che la scienza possa garantire una conoscenza oggettiva e totale della realtà e che possa portare a un progresso indefinito. Il decadente ritiene, al contrario, che la ragione e la scienza non possano dare la vera conoscenza del reale, perché l’essenza di esso è al di là delle cose, misteriosa ed enigmatica, per cui solo rinunciando al razionale si può tentare di attingere all’ignoto. L’anima decadente è, perciò, sempre protesa verso il mistero, che è dietro la realtà visibile. Se per la visione comune le cose possiedono una loro oggettiva individualità, per questa visione mistica tutti gli aspetti dell’essere sono legati tra loro da arcane analogie e corrispondenze, che sfuggono alla ragione. Ogni forma visibile non è che un simbolo di qualcosa di più profondo che sta al di là di essa e si collega con infinite altre realtà che solo la percezione dell’iniziato può individuare (visione già formulata in Corrispondenze nei Fiori del Male di Baudelaire). Non c’è più rottura tra l’io e il mondo, tra soggetto e oggetto; i due piani si fondono e l’unione avviene a livello dell’inconscio, che viene veramente scoperto per la prima volta dai decadenti. Se il mistero non può essere colto attraverso la ragione e la scienza, altri sono i mezzi utilizzati dal poeta decadente. Innanzitutto, come strumenti privilegiati del conoscere vengono indicati tutti gli stati abnormi e irrazionali dell’esistere. La malattia, la follia, la nevrosi, il delirio, il sogno e l’incubo, l’allucinazione. Gli stati di alterazione possono anche essere provocati artificialmente, attraverso l’uso dell’alcol, dell’assenzio o delle droghe, l’hashish, l’oppio o la morfina [questo non avviene in Italia]. Vi sono poi altre forme di estasi che consentono questa esperienza dell’ignoto e dell’assoluto. Per esempio l’atteggiamento definito Panismo (la natura è in tutto), per cui l’io può annullarsi nel Tutto e confondersi con la materia, farsi nuvola o corso d’acqua, e potenziare la propria vita, renderla come divina [vedi D’Annunzio]. Un altro tipo di stato di grazia è costituito dalle Epifanie, come le definisce il giovane James Joyce: un particolare qualunque della realtà si carica all’improvviso di una misteriosa intensità di significato, come rivelazione di un assoluto [ad es. i filari di una vigna che sale su un colle appaiono all’improvviso come una porta magica (Cesare Pavese)].

La poetica decadente

I principi della poetica decadente possono essere così riassunti:

  • L’artista è un veggente, capace di spingere lo sguardo là dove l’uomo comune non vede nulla, di rivelare l’assoluto; l’arte è la voce del mistero.
  • L’artista è un esteta, cioè è colui che assume come principio regolatore della sua vita non i valori morali, il bene o il male, il giusto o l’ingiusto, ma solo il bello, ed esclusivamente in base ad esso agisce e giudica la realtà. Egli si pone al di là della morale comune, in una sfera di assoluta eccezionalità rispetto agli uomini mediocri; arte e vita si confondono, tendendo a fare della propria vita un’opera d’arte [vedi D’Annunzio].
  • La tecnica espressiva è quella della poesia pura: il poeta rifiuta di farsi banditore di idealità morali e civili, l’arte rifugge dalla rappresentazione della realtà storica e sociale e si chiude nella celebrazione di se stessa, depurandosi di tutti gli intenti pratici e utilitaristici. La poesia diventa spesso oscura, rivolta a pochi iniziati e rivela il carattere estremamente aristocratico dell’arte decadente.
  • Il linguaggio poetico si rivoluziona, non è né logico né descrittivo, ma allusivo. Il significato della parola si fa labile, evanescente; alle immagini nitide e distinte si sostituisce l’evanescente, l’impreciso, il vago, l’indefinito [vedi Arte poetica di Verlaine]. Acquista importanza la musicalità: la parola non vale tanto come significato logico, ma come pura fonicità, che si carica di valori evocativi (fonosimbolismo). [Nella visione decadente la musica è l’arte suprema perché la più idefinita e svincolata da ogni significato logico]. Abbondano, inoltre, metafore, analogie, simboli, sinestesie.
  • Si afferma il verso libero, cioè senza legami con la rima o strofe precostituite. La metrica tradizionale si disintegra, si rifiutano le forme metriche chiuse, le strofe e i versi tradizionali proprio perché la poesia è illuminazione e rivelazione e non può avere interferenze esterne e razionali.

Temi e miti della letteratura decadente

All’interno del Decadentismo si riscontra un’estrema varietà di tendenze, tuttavia si possono fornire alcuni filoni particolarmente significativi:

-Il rifiuto aristocratico della normalità: l’atteggiamento antiborghese e il conflitto con la società si esasperano, l’artista si isola ed è orgoglioso della propria diversità; – l’ammirazione per le epoche di decadenza, come la grecità alessandrina, la tarda latinità imperiale, l’età bizantina; -il vagheggiamento del lusso e della lussuria, complicata dalla perversione e dalla crudeltà; -la nevrosi; -la malattia, che da un lato si pone come metafora di una condizione storica di crisi profonda, dall’altro lato diviene condizione privilegiata e appare come uno stato di grazia; -la morte, la volontà di annientamento e l’attrazione irresistibile verso il nulla.

Sempre all’interno della stessa cultura si contrappongono tendenze opposte a quelle appena citate:

-Il vitalismo, cioè l’esaltazione della pienezza della vita senza limiti e senza freni al di là di ogni norma morale; -la ricerca del godimento dionisiaco; – la celebrazione della forza barbarica che impone il suo dominio sui deboli.

Le due componenti opposte (che si richiamano la prima a Schopenhauer e la seconda a Nietzsche) si delineano chiaramente nell’arco della produzione dannunziana.

Gli eroi decadenti

  • L’artista maledetto, che profana tutti i valori e le convenzioni della società, che sceglie il male e l’abiezione e si compiace di una vita misera, errabonda, sregolata.
  • L’esteta (Andrea Sperelli di D’Annunzio e Dorian Gray di Wilde), cioè l’uomo che vuole trasformare la sua vita in opera d’arte, sostituendo alle leggi morali le leggi del bello. L’esteta ha orrore della vita comune, della mentalità borghese, dell’egualitarismo democratico.
  • L’inetto, cioè colui che è incapace a vivere; egli non sa partecipare alla vita che pulsa attorno a lui per mancanza di energie vitali, non ha volontà. Può solo rifugiarsi nelle sue fantasie; più che vivere , si osserva vivere.
  • La donna fatale, dominatrice del maschio fragile e sottomesso, lussuriosa e perversa, crudele e torturatrice, maga ammaliatrice al cui fascino non si può sfuggire; porta l’uomo alla follia, alla perdizione, alla distruzione.
  • Il fanciullino pascoliano: il rifiuto della condizione adulta, della vita di relazione al di fuori del protettivo “nido” familiare, il regredire a una sensibilità infantile che si traduce in uno strumento di indagine del mistero del mondo.
  • Il superuomo dannunziano, antitesi degli eroi deboli e inetti, sicuro e forte, che si muove verso la sua meta eroica senza dubbi né debolezze.
Coordinate storiche

Decadentismo e Romanticismo. Il Decadentismo rappresenta una continuità col Romanticismo per molti aspetti (per esempio l’irrazionalismo, il soggettivismo), che vengono, però, esasperati. In realtà, varie sono anche le differenze. L’individualismo romantico è una reazione all’appiattimento dell’Illuminismo, quello decadente si fonda sull’analisi compiaciuta delle proprie sensazioni (infatti reagisce all’impersonalità dell’arte del Naturalismo). Il Romanticismo contrappone il sentimento alla ragione, il Decadentismo vi contrappone l’inconscio, cioè qualcosa di più misterioso e oscuro; non parla di sentimento che è banale, ma di sensazione.

Il Romanticismo si accompagna sempre ad un senso di solidarietà e a forme di impegno, il Decadentismo è asociale e rifiuta l’impegno. L’uno è di natura democratica, l’altro aristocratica ed elitaria.

Decadentismo e Naturalismo. L’antitesi tra le concezioni di fondo tra le due correnti è evidente ed è già stata evidenziata: rifiuto del Positivismo e della mentalità borghese, del canone dell’impersonalità dell’arte, dell’impegno sociale eccetera, ma non bisogna dimenticare che entrambi i fenomeni sono paralleli e compresenti durante l’ultimo trentennio dell’Ottocento, tanto che spesso appaiono mescolati. Aspetti decadenti sono ravvisabili in scrittori naturalisti e viceversa (es. Zola, Huysmans, D’Annunzio).