Il Corbaccio o Labirinto d’amore Riassunto

Il Corbaccio o Labirinto d’amore Riassunto


Quest’opera, composta forse intorno al 1355, e quindi quattro anni dopo aver ultimato con il Decameròn il proprio lavoro maggiore, apre una breve stagione artistica di passaggio tra la fase della maturità, felice, inventiva e narrativa, e quella della vecchiaia, dedicata non ad opere originali ma a studi umanistici e severi.

Il significato del titolo principale è stato molto discusso: alcuni ritengono derivi dalla parola spagnola “corbacho”, ovvero nerbo di bue, con il quale l’autore vorrebbe idealmente colpire senza pietà, a sferzate, l’oggetto del livoroso racconto in questione; altri pensano, forse più fondatamente, che l’immagine del “corvo” sia ripresa dai bestiari medioevali che ritraevano il volatile come simbolo rapace della passione amorosa che acceca.

Il destinatario di questo libello risentito è una vedova della quale il Boccaccio è probabilmente stato innamorato; respinto, si vendica con questo scritto misogino e piuttosto insolito per un autore come lui che aveva sempre avuto un occhio di riguardo per le donne, una lode speciale per la loro intelligenza ed un sorriso particolare per le loro furberie, soprattutto in campo erotico. Qui invece è tutto ribaltato: se in molte opere del Decameròn il Boccaccio si è spesso compiaciuto di descrivere con divertimento, quasi complice nel tono, i tradimenti delle donne ai danni di mariti babbei, ora che è lui ad essere toccato in prima persona, con buone probabilità anche nella realtà della propria biografia, si scatena in un’invettiva antifemminile, rifacendosi addirittura agli illustri modelli del genere: Giovenale, San Gerolamo e Cecco Angiolieri, tutta la poesia “comico-realistica” del tempo e l’esperimento delle “rime petrose” di Dante.

Nel racconto immagina che il defunto marito della donna gli appaia in sogno per svelargli tutti i difetti della moglie, passando poi ad enumerare e descrivere senza pietà quelli comuni a tutte le donne che appaiono in genere come creature infernali assetate di lussuria e ingrate.

La narrazione manca di serenità: l’ira da cui si sente che è dettata ne fa un vero e proprio sfogo di malumore che non può certo reggere il confronto con le stupende pagine della sua raccolta di novelle, più varie e di ampio respiro.